Leggi & Norme

Pensioni e legge 104, è questo il vero problema?

Maria Simona Bellini, Presidente del Coordinamento Famiglie di Disabili Gravi e Gravissimi, interviene nel dibattito sulla attuale penalizzazione al momento della pensione per chi ha usufruito dei congedi della legge 104

di Sara De Carli

A Maria Simona Bellini non piace la penalizzazione che la riforma Fornero prevede per chi, nel fare domanda di “pensione anticipata”, abbia usufruito dei congedi della legge 104. Non le piace non tanto per la decurtazione prevista («l’1 o il 2% della pensione equivale, su una pensione di 1.000 euro, al massimo a 20 euro») ma perché la norma «fa passare un principio inaccettabile e cioè che il lavoro di cura anziché essere valorizzato viene penalizzato. Questo aspetto però non lo approfondisce nessuno», sospira. Tutto sommato però questa ennesima beffa non le sembra nemmeno il punto più basso del trattamento riservato alle persone con disabilità e alle loro famiglie e anzi, il clamore mediatico che si è sollevato attorno alla norma «potrebbe persino essere controproducente, un modo per distogliere l’attenzione dalla imminente riforma dell'Isee, che ci riporta indietro di decenni e che ci massacrerà tutti», spiega. Con le provvidenze economiche che entrano nel computo del reddito ci ritroveremo improvvisamente “ricchi”, anche quando quei soldi nemmeno entrano nelle nostre case, perché immediatamente destinati a coprire i costi aggiuntivi che l’assistenza a una persona disabile impone. Preoccupante è anche la discrezionalità lasciata ai Comuni di fissare le soglie Isee a cui dare i servizi, ci sarà grande disparità nei territori».
Maria Simona è l’anima del movimento che da quasi vent’anni combatte per dare ai caregiver famigliari il riconoscimento del diritto al prepensionamento: chi assiste un figlio disabile grave – si chiedeva – dovrebbe maturare dei contributi figurativi aggiuntivi, alla stregua di quel che accade per i lavori usuranti. La proposta è stata più e più volte esaminata in Parlamento, il 4 giugno del 2010 la Camera aveva anche approvato all’unanimità un prepensionamento di cinque anni per chi per 18 anni continuativi si era preso cura a casa propria di un familiare disabile e invalido al 100%, poi più nulla. «Dopo vent’anni abbiamo deciso di cambiare approccio. Grazie anche ai social network tanti genitori come me si sono incontrati e confrontati. Ora siamo pronti per presentare un ricorso collettivo che chieda il riconoscimento della figura del family caregiver, con tutte le tutele e i diritti collegati», racconta. E cioè tre cose fondamentali: riconoscimento della copertura figurativa al lavoro di cura (che significa prepensionamento per chi è riuscito a conciliare lavoro e cura e accesso a una pensione più dignitosa per chi invece non è riuscito a lavorare); tutela sanitaria (oggi il lavoro di cura non viene riconosciuto come malattia professionale); tutela assicurativa. Sono circa 400 le famiglie che faranno ricorso, in un’azione collettiva che verrà depositata a metà novembre nei tribunali di Milano, Roma e Palermo: altre 2.500 persone però sostengono l’iniziativa e proprio in questi giorni stanno inviando raccomandate all’Inps per chiedere le medesime tutele. «È un’evoluzione importante. E sono ottimista», dice Maria Simona: «tutti gli altri Paesi europei hanno legiferato in questo senso. Contiamo di arrivare alla sentenza di primo grado nel giro di un anno e mezzo».
 


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