Famiglia & Minori

Se il sindaco è donna “spalma” le rette dei nidi

In Italia c'è una grande disparità fra i Comuni nelle rette degli asili nido, ma all'interno dei singoli Comuni la redistribuzione è bassina. E quando la fanno, la scelta dipende più dal sesso del sindaco che da criteri di giustizia sociale. Lo studio shock di lavoce.info

di Redazione

Gli asili nido costano e costano in maniera molto molto diversa da un Comune all’altro. Stessi componenti, reddito analogo, la cifra da pagare però varia parecchio lungo lo Stivale. L’importo medio della retta massima – dice il Ministero delle Politiche Sociali nel suo report annuale – è pari a 394 euro nei nidi pubblici, mentre ammonta a 487 euro in quelli privati, ma le rette presentano un’elevata differenziazione a livello territoriale.

Da cosa dipende il variare delle rette? Quanto cioè ciascun Comune redistribuisce le tariffe fra gli utenti? Lo hanno analizzato Alessandro Bucciol, Laura Cavalli, Paolo Pertile, Veronica Polin e Alessandro Sommacal per lavoce.info, scoprendo che gli amministratori locali non sono affatto motivati da un criterio di giustizia sociale. La redistribuzione è più alta, infatti, semplicemente quando il sindaco è donna, quando c’è un’alta partecipazione delle donne al mercato del lavoro e al Nord (i Comuni situati nell’Italia centro-meridionale mostrano un comportamento meno redistributivo rispetto a comuni dell’Italia settentrionale). Il partito politico di appartenenza della Giunta, come pure una situazione di distribuzione ex ante più disuguale del reddito fra le famiglie residente, non influenza la decisione delle rette.

Lo studio di lavoce.info ha suddiviso le Regioni italiane in base al loro indice di redistribuzione, identificando tre gruppi: le Regioni con un indice inferiore a 5; quelle con indice incluso tra 6 e 7 e l’ultimo, con indice prossimo a 10. Solamente due regioni, l’Emilia Romagna e il Trentino Alto Adige, rientrano nel gruppo delle più redistributive. Nel gruppo che viaggia fra il 6 e il 7 ci sono Toscana, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta. Bassissimo indice di redistribuzione invece per undici regioni: si va dallo 0,31 della Calabria al 3,81 della Basilicata, passando per Molise, Campania, Sicilia, Puglia, Sardegna, Lazio, Abruzzo, Umbria, Marche.


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