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Il fondatore di Calabria Solidale: «Io non mi arrendo»

Michele Luccisano: «In tutti questi anni, nemmeno una telefonata di solidarietà dal sindaco e dal Consiglio comunale, ma io non mollo». L'intervista

di Francesco Mattana

Un altro atto intimidatorio contro chi, con coraggio, ha deciso di dire no allo strapotere degli estorsori nel Meridione d’Italia. La vittima questa volta è Michele Luccisano, proprietario dell’azienda Verdiana, che produce olio d’oliva a Cittanova, in provincia di Reggio Calabria. Non è la prima volta che viene preso di mira: è il settimo “raid” che è costretto a subire. Nel 2010 ha denunciato i suoi usurai, che nel frattempo sono stati condannati al terzo grado di giudizio. Era convinto che, una volta arrivati alla conclusione del processo, il luogo di lavoro e la sua incolumità personale fossero ormai al sicuro. Purtroppo, invece, l’incubo continua: nella notte tra il 15 e il 16 gennaio alcuni individui si sono introdotti nel capannone e hanno caricato su un camion nel parcheggio circa 100 quintali di olio d’oliva. Prima di scappare, hanno messo a ferro e fuoco l’ufficio del titolare, colpendo con la loro furia non solo i documenti di lavoro ma anche i ricordi affettivi di una vita. Abbiamo sentito Luccisano –tra i fondatori di Calabria solidale, rete di produttori calabresi che rinuncia con forza alle connivenze mafiose, che ha come partner commerciale Chico Mendes– per capire come mai è stato preso di mira, e perché la politica continua a tacere di fronte all’entità del suo dramma. Per parte nostra, come redazione, gli mandiamo con affetto un forte abbraccio. Siamo convinti che uomini così onesti rappresentino l’Italia migliore.

Cosa è accaduto nella notte tra il 15 e il 16 gennaio?
«È la settima volta che subisco atti intimidatori di questo tipo. Le modalità operative di questa gente sono sempre uguali: un film già visto e il regista è sempre lo stesso. Entrano dallo stesso lato, non si limitano a rubare ma fanno anche razzie, danneggiamenti. Rivoltano completamente la mia stanza –dove ci sono le carte, i computer- le altre due le lasciano intatte. Nel 2008 il danno è stato anche di maggiore entità, perché hanno rubato il computer dove lavoravo -e con esso dieci anni di lavoro, tutta la memoria storica dell’azienda. Questa volta cosa è successo? Andando via con un camion che stava nel parcheggio hanno perso parte dell’olio d’oliva rubato per strada. Con la conseguenza che ieri mattina ci sono stati nove incidenti: le macchine scivolavano sull’olio e hanno sbandato, c’è gente che è finita all’ospedale. Quindi hanno messo pure a rischio l’incolumità pubblica. I carabinieri hanno seguito le tracce dell’olio e hanno rintracciato il camion che loro avevano abbandonato a circa 30 km. Il furto mi ha addolorato, ma vedere il modo in cui hanno rivoltato la mia stanza –dove c’erano anche ricordi strettamente personali- mi ha messo addosso davvero l’angoscia addosso».

Chi sono queste persone? Perché colpiscono proprio lei?
«Io per il momento ho dovuto fare una denuncia contro ignoti, perché non ho la certezza assoluta che siano quelli che penso. Nel 2010 ho denunciato i miei usurai, con due sentenze della Cassazione queste persone sono state condannate in via definitiva. Quindi si può ipotizzare con assoluta verosimiglianza che siano loro i responsabili di questo atto intimidatorio. Il loro obiettivo precipuo è danneggiarmi dal punto di vista economico, e lo possono fare rubandomi il frutto di mesi di lavoro».

Di cosa si occupa la sua azienda?
«La mia famiglia tradizionalmente da quasi due secoli si occupa di produzione di olio d’oliva. Nel ’99 abbiamo avviato un grosso centro aziendale, un capannone industriale. Da circa due anni abbiamo cominciato a commercializzare prodotti tipici –marmellate di un certo tipo, patè e altri prodotti di qualità».

In risposta ai soprusi che lei è costretto a subire, la politica che fa?
«La politica non fa niente, proprio nulla. Non ho mai ricevuto la telefonata del mio sindaco. Nemmeno il Consiglio comunale si è preoccupato di esprimere solidarietà a un proprio concittadino. Semplicemente non vogliono prendere atto della battaglia che sto portando avanti. Con altri, invece, l’hanno fatto»

Come mai proprio lei viene ignorato?
«Ritengo di essere molto scomodo: ne ho passate talmente tante che le cose non me le tengo più, dico tutto quello che penso. Se venissi invitato in occasioni pubbliche lo direi chiaro e tondo: di quale Antimafia stiamo parlando? Di quella che va a finire sui giornali o di quella che lavora dietro le quinte in silenzio, ogni santo giorno? Io non devo dire grazie a nessuno se non alla magistratura, agli organi giudiziari. Lo stesso, purtroppo, non posso dire degli organi amministrativi, della prefettura. Ho fatto richiesta per il fondo di solidarietà: non ho ricevuto alcuna comunicazione».

I suoi concittadini come reagiscono?
«In molti hanno espresso solidarietà, altri invece fanno finta di nulla. Ma è una cosa normale, non mi scandalizza un certo atteggiamento indifferente. Mi preoccupa molto di più la scarsa risposta che arriva dalla politica: questa assenza delle istituzioni non è un buon incentivo alla denuncia. Quando qualcuno mi chiede se conviene denunciare, io suggerisco di farlo per la propria coscienza, lo Stato bisogna proprio dimenticarselo».

Parliamo dell’esperienza di Calabria solidale.
«Un certo numero di produttori , che si pone come punto di partenza del proprio lavoro la legalità, ha deciso di collaborare. Legalità per noi significa dire no alla ‘ndrangheta, rispettare il concorrente, le regole sul lavoro, la natura. Grazie a Tonino Perna -uno dei massimi esperti di mercato equo e solidale- abbiamo trovato come partner commerciale su Milano Chico Mendes, con cui abbiamo fatto delle belle manifestazioni. Solidale è la parola chiave: come calabresi spesso abbiamo il difetto di essere individualisti, coltiviamo il nostro orticello e non condividiamo informazioni con nessuno. Invece per noi di Calabria solidale è fondamentale la collaborazione, tra di noi ci diamo una mano a vicenda».

C’era un vecchio programma di Paolo Rossi, Su la testa. Quand’è che i calabresi alzeranno per davvero la testa?
«Non siamo all’anno zero, ma nemmeno all’anno mille. Il percorso è lungo, molto dipende anche dal lavoro che facciamo nelle scuole. Personalmente, assieme a Microdanisma -che si occupa di microcredito e soprattutto del prestito d’emergenza- organizzo conferenze nei licei. Vogliamo dare ai ragazzi la possibilità di vedere la realtà da un altro punto di vista. Non dare precetti, semplicemente dei suggerimenti che col tempo portino a una svolta culturale».


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