Education & Scuola

Università telematiche “bocciate” dal ministero

Gli esperti incaricati dal ministro Carrozza di valutare gli atenei a distanza sono molto critici sulla qualità della loro offerta formativa, giudicando addirittura "meno preparato" chi si laurea online. E mentre le iscrizioni sono in calo, chi ci lavora difende l'e-learning: "Qui lo studente è al centro del processo educativo, abbiamo abbattuto le torri d'avorio"

di Gabriella Meroni

Non è un periodo d’oro per le università telematiche. Dopo il fallimento del progetto di e-learning di colossi statunitensi quali Harvard, Mit e Berkeley, anche i nostri atenei a distanza mostrano la corda quanto a iscrizioni e laureati, e ricevono per giunta la bocciatura del ministero.

Lo scorso autunno è stata infatti consegnata al ministro dell’Istruzione Carrozza la relazione commissionata a un gruppo di esperti (in allegato), incaricati proprio di monitorare la qualità dell’offerta formativa delle università telematiche italiane, in tutto 11. I risultati dei lavori si sono tradotti in una sostanziale bocciatura su più fronti, talmente netta da aver suscitato le immediate proteste e repliche dei diretti interessati.

Ma vediamo che cosa hanno scritto gli esperti incaricati dell’indagine (Stefano Liebman della Bocconi, Marco Mancini dell’Università della Tuscia–Viterbo e Marcella Gargano, Vicecapo di Gabinetto del Ministero). Innanzitutto, hanno fatto parlare i numeri: in Italia nell’anno accademico 2012-2013 gli iscritti totali agli atenei a distanza erano 35.814 contro i 40.284 di due anni prima (record di iscritti dal debutto di queste università, nel 2004); decisamente in calo le nuove immatricolazioni, arrivate nel 2012-2013 a 2420 contro le 6641 di due anni prima. Per quanto riguarda i laureati, lo scorso anno accademico sono stati 1219 contro i 4813 del 2010-2011.

Registrata dunque una tendenza al ribasso sia negli iscritti che nei laureati (ma ovviamente mancano i dati di quest’anno), i commissari passano in rassegna le molte “criticità” rilevate nel sistema delle università telematiche. E qui i rilievi non sono certo pochi: si va dall’assenza di regolamentazioni chiare  sull’attivazione dei corsi di laurea e di istituzione di Scuole di Dottorato, alla “mancanza assoluta di definizione di parametri per la valutazione dell’attività di ricerca”, passando dall’assenza di vincoli per il reclutamento di docenti e ricercatori, in particolare  in merito all’assunzione per chiamata diretta.

Ulteriori criticità riguardano la “disparità di  trattamento fra istituzioni universitarie tradizionali ed università telematiche”, visto che – a detta della commissione ministeriale –  gli atenei tradizionali che vogliono istituire un corso di studi a  distanza devono sottoporre il progetto all’esame di una Commissione regionale, prima richiedere un parere al Consiglio Universitario Nazionale, mentre le telematiche non hanno questo obbligo, e inoltre “possono iniziare  l’anno accademico in ogni periodo dell’anno, a fronte di vincoli temporali ben definiti ai quali sono  soggette le Università che erogano corsi in presenza”.

Non viene trascurato neppure il confronto con le altre realtà europee, e in particolare rispetto alla britannica Open University,  dal quale emerge che le università telematiche italiane offrono “unicamente servizi didattici” senza svolgere “attività di ricerca né tematica, né  metodologica sull’apprendimento a distanza”.  Infine  si criticano “la non idoneità delle modalità di svolgimento degli esami profitto” e della relativa attribuzione dei crediti formativi che attestano il raggiungimento delle previste competenze, “l’inesistenza  o assoluta inadeguatezza delle attività di laboratorio”e – bordata finale – “la rilevata minore preparazione posseduta dai laureati presso  le Università telematiche rispetto a quella conseguita dai laureati delle Università convenzionali”.

“Sono tanti gli studenti che ogni giorno studiano e conseguono risultati importanti grazie alla nuove tecnologie, molti dei quali sarebbero tagliati fuori da qualsiasi percorso formativo se non ci fosse l'università a distanza e online”, è l’opinione (inviata sottoforma di commento all’articolo di Vita sul flop delle università online negli USA) di  Nicola Paravati, direttore di UniNettuno.tv presso l’omonima Università Telematica Internazionale. “Le nuove tecnologie stanno aprendo scenari importantissimi per l'evoluzione dei modelli di insegnamento tradizionali, ormai spesso poco coerenti con le esigenze e le aspettative delle persone in una società globale, mediatica e ultraveloce. Anche il mondo del lavoro”, aggiunge Paravati, “ ha nuove esigenze sintetizzate nei concetti di riqualificazione professionale, flessibilità e rinascita professionale delle persone”.

Criticando le iniziative di stampo americano, che secondo Paravati “hanno cercato di sensazionalizzare il mondo dell'educazione e dell'insegnamento disegnando incauti modelli di business stile Facebook o Twitter”, il direttore di Nettunotv descrive “un mondo virtuoso delle università a distanza, dove i modelli di insegnamento sono il perno delle attività di insegnamento e di apprendimento, una rivoluzione delle università che grazie alle potenzialità delle tecnologie può essere paragonata a quella copernicana, una ridefinizione dei modelli di insegnamento che nell'era della democrazia partecipata e dell'accesso porta lo studente al centro del processo educativo e riposiziona il docente come demiurgo-guida, una rivoluzione che abbatte le torri d'avorio e che permette una costante interazione (mediata dalle tecnologie) tra docente e studente e tra studenti stessi proponendo una costruzione attiva della conoscenza”.


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