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Riforma Ong, cosa si perde per strada

Agevolazioni fiscali, acquisti, stipendi dei cooperanti: tutti i punti deboli del testo presentato dal Governo analizzati da un esperto: "si rischia di complicare l'operatività delle attuali Ong"

di Redazione

Il disegno di legge di riforma del settore delle Ong perde per strada alcune agevolazioni fiscali che rischiano di stravolgere alcuni punti fermi. Vediamo quali

Credo che la novità più dirompente del disegno di legge riguardante la “Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo” è che sarà integralmente abrogata la legge n. 49 del 1987. 
L’altra novità è che le agevolazioni fiscali contenute nell’attuale legge non sono riproposte nel testo legislativo di riforma della cooperazione.
Carlo Mazzini ha già lanciato un primo preoccupante allarme: le Ong non saranno più Onlus di diritto. Mancherà loro “l’ombrello” legislativo-regolamentare della vecchia legge, mancherà quindi la loro identità (cfr. art. 28 legge n. 49/87) e che rimandava alla disciplina delle associazioni e dei comitati contenuta nel codice civile.
Nel nuovo testo non vi è più tale definizione, anzi, si introducono, quali soggetti della cooperazione internazionale, oltre alle organizzazioni non governative (che, ripeto, nessuno ci dice come “siano fatte”), altri soggetti quali:
•    le Onlus  statutariamente finalizzate alla solidarietà internazionale
•    le organizzazioni di commercio equo e solidale, della finanza etica e del microcredito che nel proprio statuto prevedano come finalità prioritaria la cooperazione internazionale allo sviluppo;
•    le organizzazioni e comunità di cittadini immigrati che dimostrino di mantenere con le comunità dei Paesi di origine rapporti di cooperazione e sostegno allo sviluppo o che collaborino con soggetti provvisti dei requisiti di cui al presente articolo e attivi nei Paesi coinvolti;
•    le imprese cooperative e sociali, le organizzazioni sindacali dei lavoratori, le fondazioni e, in generale, gli enti legalmente riconosciuti o altri soggetti del terzo settore che non perseguano finalità di lucro, qualora i loro statuti prevedano la cooperazione allo sviluppo tra i fini istituzionali.
Vi sarà quindi una eterogeneità di soggetti che parteciperanno alla cooperazione internazionale ma, ripeto, non vi è una chiara definizione del soggetto “organizzazione non governativa” che perciò non troverà più collocazione ex-lege nell’ambito delle Onlus.

La conseguenza è che le attuali organizzazioni non governative saranno escluse
•    dai riparti del 5 per mille
•    dal novero dei soggetti indicati nell’art. 14, d.l. 35/2005 (“+ dai – versi”)
a meno che non acquisiscano la qualifica di Onlus mediante l’apposito iter procedimentale previsto per le altre Onlus.
E questa è la conseguenza diretta dell’abolizione della legge n. 49/87: tacitamente cadono quei provvedimenti ad essa collegati tra i quali, appunto, vi sono quelli testé citati.

Vi sono poi altre due importanti provvidenze di cui non si trova più traccia nel nuovo articolato né sono previsti provvedimenti ponte che ne prevedano il ripristino.

Il primo riguarda gli acquisti domestici, intracomunitari e le importazioni di beni effettuati dalle attuali Ong e destinati ad essere esportati fuori del territorio comunitario per essere impiegati nell’ambito dei programmi di cooperazione. Attualmente tali operazioni godono della non applicazione dell’I.V.A. ai sensi dell’art. 14, legge 49/87 (norma spesso erroneamente confusa con le disposizioni di cui all’art. 8 d.P.R. 633/72) e del d.m. 10/03/1988 n. 379.
Si tratta non tanto di un’agevolazione bensì del corretto riconoscimento di ciò che non dovrebbe soggiacere all’I.V.A. in quanto destinato ad essere trasportato ed utilizzato fuori del territorio comunitario e quindi mancante del requisito della territorialità.

Il secondo riguarda gli emolumenti pagati ai cooperanti così definiti ex art. 32, legge n. 49/87 per le prestazioni rese nell’ambito di progetti di cooperazione internazionale cofinanziati dal M.a.e. o per i quali, lo stesso M.a.e. ha riconosciuto la conformità.
La norma si rinviene nell’art. 54, comma 8-bis, TUIR ed è stata introdotta con il fine di attenuare gli effetti delle doppie imposizioni sui redditi prodotti in missione in paesi con i quali l’Italia non ha stabilito trattati bilaterali. Per effetto di tale norma i redditi sono convenzionalmente determinati (cfr. decreto M.a.e. 17/09/2002) e sono assimilati ai redditi di lavoro autonomo, ancorché i contratti sottostanti siano di lavoro dipendente o di collaborazione a progetto.
L’art. 25 del ddl in rassegna non contiene alcun coordinamento normativo con l’attuale particolare regolamentazione di questi rapporti e l’effetto che si produrrebbe con l’abolizione tout-court della legge n. 49/87 sarebbe, come già ricordato, l’abolizione tacita delle norme agevolative riguardanti i redditi dei cooperanti. Anzi, si segnala che nel testo del ddl non viene mai citata la parola “cooperante” con il che se ne deduce che sparisca questa particolare figura professionale la cui definizione è di personale maggiorenne italiano, europeo o di altri Stati esteri.
Piccola nota a margine: la definizione di personale maggiorenne europeo non è nemmeno corretta. Si sarebbe dovuto utilizzare il termine “comunitario” o “dell’Unione europea”. Usare l’aggettivo “europeo” ingenera infatti confusione in quanto il concetto geografico non coincide con quello dell’Unione europea.

In conclusione si può affermare che la norma enunci principi di ampio respiro che probabilmente sono necessari per riordinare il sistema della cooperazione italiana ma che tagliano di fatto risorse, per lo più private (5 per mille ed erogazioni liberali) ora reperite attraverso la leva fiscale e che complica di gran lunga l’operatività delle attuali Ong con il rischio che tali organizzazioni divengano sempre più “governative” perché legate alle politiche stabilite dal M.a.e.
 


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