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Presidenza Arci, la doppia intervista che non t’aspetti

Francesca Chiavacci e Filippo Miraglia rispondono alle nostre serrate domande a 360 gradi. Ne esce un faccia a faccia divertente e importante per capire chi sarà il prossimo presidente dell'associazione di promozione sociale più grande d'Italia

di Daniele Biella

Senza filtri. Ecco Francesca Chiavacci e Filippo Miraglia, i due contendenti per la presidenza nazionale dell’Arci (il vincitore, successore dell’uscente Paolo Beni, sarà eletto questo fine settimana nel Congresso associativo di Bologna, diretta streaming su arci.it) che per Vita.it si sfidano in un genuino faccia a faccia rispondendo alle stesse domande, e soprattutto aprendo le porte del proprio mondo ai lettori. Vinca il migliore.

Quanti anni ha?

Francesca Chiavacci: 52

Filippo Miraglia: 49

Titolo di studio?

C: Diploma di maturità classica. Mi sono poi iscritta a Giurisprudenza,  prima di interrompere ho dato dieci esami.

M: Laurea in fisica, poi ho ottenuto l'abilitazione a insegnare elettronica alle superiori

Città di origine e luogo attuale?

C: Sempre Firenze.

M: Originario di Serradifalco (Caltanissetta), oggi vivo a Sant’Agata Feltria (Rimini).

La sua famiglia oggi da chi è composta?

C: Vivo con i miei due figli di 17 e 14 anni, Leonardo e Marco. Sono separata.

M: Io, mia moglie e tre figli maschi, Leonardo, 12 anni, Tancredi, 11, e Pietro, 5.

Cosa ne pensano i figli della corsa alla presidenza dell’Arci?

C: Mi aiutano e mi supportano, soprattutto il minore, uno dei primi a mettere i ‘mi piace’ su facebook quando si parla della mia candidatura. Comunque in generale preferisco non assillarli, è giusto che seguano il proprio cammino e si facciano le proprie idee.

M: La vivono come una gara, mettono i ‘mi piace’ al papà e sono assolutamente schierati…hanno capito comunque di cosa si tratta, e questo è importante.

Sport preferito?

C: Rugby, mi piace andare a vedere i miei figli giocare.

M: Nuoto, che pratico.

Piatto preferito?

C: La pastasciutta, ogni tipo.

M: La pasta alla norma.

Un luogo dove le piacerebbe vivere fuori dall’Italia?

C: Londra.

M: In Sudafrica.

Esistono i bamboccioni?

C: Non credo, perché non esistono concrete possibilità per molti giovani per uscire di casa, quindi rimangono in famiglia…

M: Direi proprio di sì. Il nome, la categoria lascia il tempo che trova, però centra un aspetto della società che esiste.

La sua prima volta nell’Arci?

C: Nel 1988 ero presidente del Cam, associazione che ha una scuola di musica, e la sede era in una casa del popolo di Firenze. Sono legata all’Arci da allora, ovvero 30 anni fa.

M: Sono entrato nel mondo Arci a Pistoia nel 1993, frequentando il circolo. In quel periodo ero attivista in un associazione dedicata all’immigrazione, Nero e non solo, che entrò a far parte dell’Arci in quel periodo.

Ha avuto esperienze politiche?

C: Sì, a livello locale e nazionale. Ho iniziato nei movimenti pacifisti e nella Fgci, Federazione giovanile comunista italiana, poi sono stata deputata dal 1994 al 2001, eletta nelle file dei Progressisti. Dal 1999 al 2003 sono stata assessore a Pubblica istruzione e cultura del Comune di sesto Fiorentino, poi nel 2004 è arrivata l'elezione come presidente dell’Arci Firenze in sostituzione di Paolo Beni che diventava presidente nazionale.

M: Ho iniziato a impegnarmi in politica da studente, e ho militato nei movimenti per la pace. Poi tutto il mio impegno politico si è riversato nel volontariato per l’Arci in Toscana, che frequentavo appena potevo (mentre insegnavo elettronica donavo il sangue una volta al mese per avere il giorno libero per andare in associazione) e che poi è diventato il mio lavoro.

Gli iscritti Arci sono in calo, cosa manca per riportare il segno più?

C: Bisogna ridare significato alla tessera, come impegno politico che però si distingue nettamente dalla ‘politica che non piace’. Dobbiamo far capire cosa significhi veramente aderire all’Arci attraverso la tessera, la sua importanza in ogni situazione, dal frequentare un singolo circolo allo spendersi in una delle tante associazioni.

M: Dobbiamo arrivare nei luoghi in cui oggi l’Arci non è presente, dove c’è voglia della giusta politica ma c’è anche tanta sfiducia. Manca la consapevolezza di potere rappresentare un soggetto sociale che, se mette in campo il proprio collettivo, è motore di una parte consistente del cambiamento sociale.

Quali priorità ha il suo programma (Per un rinnovamento vero – Con i circoli in testa di Francesca Chiavacci e L’arci attore sociale del cambiamento di Filippo Miraglia)?

C: Innanzitutto recuperare il senso del riunirsi, nei circoli come altrove, per promuovere meglio la relazione tra cittadini e contrastare l’individualismo che si è diffuso nella società. Siamo l’unica realtà laica che vanta un peso sociale molto forte operando con modalità eterogenee, dobbiamo essere in grado di incidere di più sull’agenda politica. In particolare, nella difesa dell’associazionismo, anche a costo di conflitti con il mondo politico, senza complessi di inferiorità, poi promuovendo buone pratiche a livello culturale, sociale e di diritti civili.

M: Un tema fondamentale è l’arrivo a una leadership collettiva, attraverso un rinnovamento del gruppo dirigente, verso un’orizzontalità che oggi non si ritrova. Ciò significa l’allargamento della partecipazione alle decisioni ai tanti organismi del mondo Arci che oggi, tramite il sistema delle deleghe, non hanno molta voce. Si tratta di un cambiamento radicale, mi rendo conto, ma è il momento giusto.

Quanto tempo passa sui social network?

C: Ultimamente molto in vista del Congresso, comunque da quando ho l’Ipad direi abbastanza, almeno due ore al giorno…comunque meno dei miei figli!

M: Li uso sempre con parsimonia, non sono sempre attaccato. Ma da quando sono candidato ho aumentato l’utilizzo, perché per tempi e modalità di comunicazione sono i più opportuni.

Le piacciono le slot machine?

C: No, per niente. Come Arci Firenze siamo stati capofila del No alle slot. Detto questo, non si risolve il problema togliendole tutte, c’è il tema della prevenzione, e quello che lo stato è esattore. Va fatta una battaglia mirata, anche nei circoli, che vanno accompagnati a sorreggersi in altri modi che non siano guadagnando sull’azzardo.

M: Chiaramente no. Ma sono antiproibizionista, troviamo il modo giusto di combattere la dipendenza delle persone dal gioco d’azzardo, e soprattutto sono contrario al fatto che lo Stato faccia soldi con la ludopatia.

I Cie, Centri di identificazione ed espulsione, sono da chiudere?

C: Sì. Negli anni abbiamo aderito a tante campagne in merito…con questa sigla si maschera una vera e propria detenzione, e pensare che erano nati come un primo filtro avente come fine l’accoglienza delle persone.

M: Certo, lo diciamo da ancora prima che nascessero: nel 1997, dopo manifestazioni e battaglie, siamo almeno riusciti a non far aprire quello che allora si chiamava Cpt, Centro di permanenza temporanea. L’uso strumentale dell’immigrazione in campagna elettorale deve finire.

Un consiglio a Matteo Renzi

C: Ci conosciamo da tempo, essendo entrambi fiorentini, ed essendo stato portaborse di Lapo Pistelli quando io ero in Parlamento. Premesso questo, gli consiglio di fare un passo alla volta, senza esagerare: sia realista quando promette di raggiungere degli obiettivi, e tenga in conto le rappresentanze associative, senza voler fare il ‘capo’ che comunica solo con la moltitudine.

M: Non credo che accetti consigli, tantomeno da noi…

Un paio di richieste a Matteo Renzi

C: Renzi sa bene il valore dell’associazionismo date le sue esperienze, per questo gli chiedo di valorizzarlo e riconoscerlo una volta per tutte, interrompendo l emodalità che negli ultimi anni ci hanno penalizzato molto. Non dico l’essere finanziati, ma agevolati in quanto a normativa, a esenzioni. Inoltre, in tema di immigrazione vorremmo un impegno concreto sullo ius soli, e sulla parità di genere: non é sufficiente la nomina di ministri donne, la bocciatura degli emendamenti alla legge elettorale in parlamento é stata una cosa brutta.

M: Torni indietro sulla legge elettorale, come scritta ora restringe gli spazi di democrazia, in particolare per lo sbarramento e le regole per le coalizioni. Non ci si può permettere di ridurre questi spazi. E rimetta l’economia al servizio delle persone, non viceversa come accaduto negli ultimi anni: in questo senso, a livello di rapporti con L’Unione europea, dica No al fiscal compact e all’imposizione del pareggio di bilancio, c’è uno squilibrio tra poteri forti e cittadini che va eliminato.

Una cosa in comune tra Papa Francesco e l’Arci

C: La difesa dei più deboli, e il mutuo soccorso, aspetto fondamentale per l’Arci che ritrovo anche nel Papa, più attento alla solidarietà che alla carità.

M: Il ruolo sociale della Chiesa sotto l’attuale papa ha la stessa idea di mutuo soccorso dell’Arci, così come è una caratteristica comune lo stare accanto agli ultimi.

Il punto forte del suo sfidante?

C: Filippo conosce molto bene la realtà dell’Arci a livello nazionale, essendo nella presidenza e responsabile immigrazione da tanti anni.

M: Francesca è una donna, e sul piano antropologico le donne hanno una marcia in più, senza ombra di dubbio.

Il punto debole del suo sfidante?

C: Il lato opposto dello stesso punto forte: la sua conoscenza dei territori non la vedo tanto forte quanto quella a livello nazionale.

M: L’essere troppo legata all’Arci del passato, quando era un po’ troppo istituzionalizzato e basato su una frequentazione delle case del popolo ‘neutrale’ e non ‘consapevole’ come dovrebbe essere oggi, ovvero che si colloca in una parte politica ben precisa.

Quanto costa un litro di latte?

C: Alla coop vicino casa 1,08 euro al litro. Anzi, in questi giorni c’è lo sconto del 30% anti crisi, viene venduto a 0,89.

M: Quello che compro nel negozio di alimentari fuori dalla sede Arci lo pago 1,50 euro al litro.

Pensa di vincere?

C: Non lo so, siamo portatori di due anime diverse dell’Arci e l’importante è che il Congresso risulti più che positivo, e si riparta con slancio qualunque sia l’anima prevalente.

M: Non lo so, di solito sono ottimista, in questo caso la situazione è piuttosto incerta.

Un saluto non scontato al presidente uscente Beni…

C: Quando dieci anni fa, alla morte improvvisa di Tom Benetollo, ha preso le redini dell’Arci nazionale e mi ha proposto come presidente di Arci Firenze, nessuno dei due si aspettava quello che sta accadendo ora, lui deputato io che corro per la presidenza nazionale. Beni è stato bravo in questi anni a tenere insieme due anime diverse, ora è il nostro parlamentare di riferimento, gli faremo fare i compiti…  

M: Gli direi semplicemente arrivederci. Ho lavorato molto con lui in questi anni, in autonomia e anche a volte vedendo le cose in modo diverso. E’ stato il presidente di una fase piuttosto difficile per l’Arci, di questo gli va dato atto. Ma ora si è in una nuova fase, non bisogna solo resistere ma guardare avanti.


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