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Politica & Istituzioni

Taglio alle spese militari, qualcuno lassù rema contro?

Il prossimo Consiglio supremo di Difesa, convocato dal presidente Napolitano, discuterà delle "criticità" della legge che ha introdotto controlli parlamentari sulle spese militari. Un modo per stoppare eventuali richieste di tagli? Per le associazioni pro disarmo sì. E le conclusioni dell'inchiesta, favorevoli alla riduzione, sarebbero già sul tavolo di Renzi

di Gabriella Meroni

“Eravamo a conoscenza della cosa, e ci muoveremo”. Così in un tweet Francesco Vignarca di Rete disarmo risponde a chi lo informa delle presunte “manovre” del presidente della Repubblica Napolitano a favore del mantenimento delle spese militari. Nei giorni scorsi infatti erano circolate voci – alimentate dalla stessa associazione – di un possibile taglio alle spese miiltari e anche ai contratti relativi agli F35 da parte del governo Renzi, voci finora smentite dai fatti.
Ma oggi alcuni organi di stampa rilanciano un’altra notizia: il presidente Napolitano ha infatti inserito nell’ordine del giorno del prossimo Consiglio supremo di difesa, convocato per il 19 marzo, la discussione sulle “criticità relative all’attuazione della Legge 244″, norma che ha introdotto la possibilità di avviare un’indagine conoscitiva sulle spese militari in generale e sugli F35 in particolare, indagine che è alle battute finali in Parlamento e che sarebbe già approdata a Palazzo Chigi. Sempre secondo i rumors, nella relazione si chiede il dimezzamento del programma F35 a vantaggio del programma alternativo Eurofighter. 
Illazioni? Cattiverie? I soliti attacchi al presidente? Secondo Vignarca no, anzi. Lo stesso coordinatore di Rete Disarmo aveva infatti messo in guarda già lo scorso novembre sulle tentazioni “militariste” di Napolitano, che in occasione della festa delle Forze Armate disse che non bisogna “indulgere a semplicismi e propagandismi che circolano in materia di spesa militare e di dotazioni indispensabili per le nostre Forze Armate”. 
Uno degli argomenti portati a favore della non-riduzione sarebbe , poi, quello delle penali che l’Italia sarebbe chiamata a versare in caso di cancellazione di impegni già presi, ma anche qui Rete Disarmo precisa: “L’uscita del nostro Paese dal programma non comporterebbe oneri ulteriori rispetto a quelli già stanziati e pagati per la fase di sviluppo e quella di pre-industrializzazione. Un totale, versato a partire dal 2002, che può essere calcolato ad oggi in 2,7 miliardi di euro, ma che non obbliga per nulla ad una successiva fase di acquisto, come prevede l’accordo fra i Paesi compartecipanti (“Memorandum of understanding”) sottoscritto anche dall’Italia il 7 febbraio del 2007 e il cui ultimo aggiornamento ufficiale risale a fine 2009. ll Governo italiano potrebbe decidere senza penali di non procedere all'acquisto dei 131 caccia ipotizzati”.
Non resta dunque che aspettare il Consiglio supremo di Difesa di mercoledì prossimo per capire che cosa succederà, ma forse più ancora che vengano rese note le conclusioni dell’indagine parlamentare sulle spese militari. Tagliare almeno quelle inutili potrebbe far sicuramente far parte della “svolta buona”.
 


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