Cooperazione & Relazioni internazionali

Settanta giorni a Kinshasa

Sono passati più di due mesi da quando le 24 famiglie italiane sono rientrate, lasciando in Congo i loro figli. Novità imminenti sul fronte diplomatico non se ne vedono. Elisa e Mara raccontano come si vive questa lunga attesa, a Kinshasa come in Italia. Cercando la serenità.

di Sara De Carli

«Sono passati ormai più di 70 giorni dal mio arrivo a Kinshasa, l’affascinante, caotica e polverosa capitale del Congo. Il mio compito è quello di occuparmi di sette bambini italo-congolesi, presto soprannominati “i 7 nani”, che aspettano il nulla osta delle Autorità per ricongiungersi con le loro famiglie adottive italiane». Inizia così la testimonianza di Elisa, l’operatrice di Enzo B che da inizio gennaio – da quando cioè le famiglie italiane sono rientrate – vive insieme ai sette bambini rimasti a Kinshasa e si prende cura di loro.
«I bimbi sono splendidi! Simpatici, intelligenti e vivacissimi…così pieni di energia che per tenerli bravi devo inventarmene una diversa ogni giorno. Disegniamo, giochiamo, sono giornate piene, tra il bucato a mano, i cambi pannolini e le chiamate via Skype con i genitori adottivi con cui hanno vissuto durante i primi mesi del blocco. Il mio è un compito bellissimo e difficile allo stesso tempo».

Mara invece è una delle mamme dei bambini. Vive in provincia di Varese con il marito Matteo e i due figli di 7 e 10 anni, anch’essi adottati. Aspettano la piccola Sifa, di 3 anni, che già parla italiano. «Quando ci vediamo via Skype addirittura a volte mi corregge!», ride Mara. «Siamo sereni», dice Mara oggi e dal tono della voce si capisce che è vero. «Ci dà serenità il fatto che i bambini siano in una struttura di accoglienza, non in orfanotrofio, e soprattutto la presenza di Elisa. Faccio fatica a definirla un’operatrice, lei è un’amica: l’abbiamo conosciuta, l’abbiamo presentata ai bambini, abbiamo potuto fare una sorta di “passaggio di consegne” e questo per i bambini è stato importantissimo. Siamo certi inoltre del grande lavoro che sta facendo il nostro ente, sappiamo che le diplomazie dei due Paesi continuano a lavorare, non si sono dimenticati di noi…». Con Sifa si vedono via Skype un paio di volte alla settimana: «Abbiamo scelto così, non di più, perché l’impatto emotivo è pesante sia per Sifa sia per i fratelli, ci è sembrato che sentirsi tutti i giorni fosse troppo», racconta Mara. «Sifa vuole vedere tutta la famiglia riunita e ogni volta chiede di vedere le foto dei suoi fratelli quando avevano la sua età, mi colpisce molto, mi sembra un modo per essere rassicurata sul fatto che anche lei è amata come loro, che anche lei arriverà a casa come hanno fatto loro, che ci sarà presto un futuro, tutti insieme». 

Sul fronte politico e diplomatico, novità non ce ne sono. Il Congo sta lavorando per un governo di unità nazionale e verosimilmente per questo motivo si sono dilatati i tempi della annunciata visita in Italia di una delegazione congolese, per verificare i percorsi di post-adozione. L’attesa certo è faticosa e dolorosa, ma il problema più concreto e urgente ora è quello economico. «I bambini non possono uscire dalla struttura che li accoglie, lo spazio esterno è limitato e poi ci sono le zanzare, quindi i bambini passano molto tempo all’interno», dice Mara. «Ma naturalmente questa soluzione ponte è sempre meglio dell’orfanotrofio: non potevamo riportare i bimbi lì, per loro sarebbe stato un secondo abbandono, avremmo rischiato di intaccare quel nucleo di famiglia che in due mesi era stato costruito. A parte che i due maggiori – che ci sono passati – non sarebbero mai ripartiti da Kinshasa lasciando Sifa in un orfanotrofio». 

Vitto e alloggio dei sette bambini costa mediamente 250 dollari al giorno, tutte spese a carico dei genitori che hanno già sostenuto i costi della permanenza e dei viaggi degli scorsi mesi. Alcuni di loro hanno avuto seri problemi con il lavoro, visto che la permanenza a Kinshasa era durata più del previsto. Le disponibilità economiche delle famiglie coinvolte incontrano quindi forti difficoltà, anche perché nessuno può prevedere quanto durerà questa situazione. Enzo B., che si fa carico della presenza in loco di Elisa, ha avviato fin dalla fine di gennaio una raccolta fondi per contribuire ad alleviare, almeno dal punto di vista economico, le difficoltà delle sei famiglie coinvolte: «Abbiamo già raccolto 8.544 euro, che abbiamo in parte già girato alla struttura locale» – spiega Luana Garofalo, di Enzo B. – «ma ogni ulteriore aiuto è importante». Per contribuire alla raccolta fondi: www.enzob.org
 


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