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ActionAid: il Ruanda si ricostruisce partendo dalle donne

Venti anni dopo il genocidio che ha sterminato un milione di ruandesi, a pochi giorni dalla giornata di commemorazione del genocidio contro i tuts, ActionAid ha raccolto alcune testimonianze tra le donne sopravvissute

di Redazione

Sono passati venti anni dal genocidio che in poco più di cento giorni ha visto lo sterminio di un milione di persone. Lunedì 7 aprile è il ventesimo anniversario del genocidio contro i tutsi e in Ruanda le conseguenze sono ancora tangibili. ActionAid ha raccolto alcune testimonianze sul campo che raccontano la vita delle donne ruandesi.
Vent’anni fa tra aprile e luglio del 1994 un milione di cittadini ruandesi sono stati sterminati, migliaia di donne hanno subìto violenza e centinaia di migliaia di bambini sono rimasti orfani. In soli cento giorni il paese delle "mille colline" è stato raso al suolo, infrastrutture pubbliche e case private sono state distrutte, oltre 2 milioni di persone sono fuggite e hanno vissuto per anni nei campi profughi tra grandi disagi e privazioni.

Oggi il Ruanda ha un popolazione con un’età media che sfiora i 19 anni e due terzi della popolazione sotto i 15 anni. «I giovani ruandesi riconoscono che il genocidio ha provocato enormi e difficili ripercussioni sulla vita quotidiana della gente ma sono anche convinti di essere parte di un Ruanda finalmente unito. Non si identificano più nella vecchia società divisa fra tutsi, hutu e twa ed è senza dubbio questa la più grande conquista nella storia del Paese» afferma Josephine Uwamariya, Country Director di ActionAid Ruanda. «Per fare in modo che questo sentimento si trasformi in realtà, le generazioni cresciute all’ombra del genocidio devono avere la possibilità di far valere i propri diritti, lavorando per sconfiggere definitivamente ogni forma di povertà e ingiustizia sociale. Questo significa garantire loro gli strumenti adatti per costruirsi una vita dignitosa, fatta di accesso al cibo, all’istruzione e a un servizio sanitario nazionale ma, soprattutto, libera da ogni sorta di violenza. Il futuro del Ruanda dipende dalle giovani generazioni».

ActionAid Ruanda ha iniziato a lavorare nel Paese nel 1982 ma nel 1986 ha dovuto spostare la sede operativa in Burundi, continuando attività di entità limitata sul territorio ruandese. Il lavoro in Ruanda è ripreso nel 1996 concentrandosi su aiuto ed emergenza post-genocidio. Da allora ActionAid ha continuato il lavoro con ex-profughi che inizialmente sono scappati alle violenze e con i sopravvissuti, con progetti di riabilitazione e rientro dei profughi nel Paese. Un lavoro che ancora oggi è portato avanti attraverso gruppi e comunità locali. In particolare ActionAid sostiene programmi rivolti ad aumentare le capacità economiche delle donne, in modo da assicurare loro una piena partecipazione e inclusione nei processi decisionali e nella vita pubblica del Paese. Più di 30mila donne hanno beneficiato dei progetti di ActionAid dal 1997: attraverso la formazione di cooperative, le comunità di donne più vulnerabili sono state impegnate in attività per accrescere le loro entrare economiche e per aiutarle nel sostegno ai loro figli.

«Molto è stato fatto ma ora è importante rafforzare l’impegno preso con i giovani e le loro famiglie che vivono ancora in un profondo stato di povertà», continua Josephine Uwamariya. «In particolare, è fondamentale garantire i diritti delle donne che, insieme ai sopravvissuti del genocidio, sono le persone più colpite dall’indigenza, dall’estrema povertà e lasciate sole a sopportare il peso di una società completamente devastata».

Il Paese “dalle mille colline” ha sicuramente compiuto grandi passi economici negli ultimi anni: nel 1994 era totalmente a pezzi con un sistema politico-economico distrutto, mentre oggi il Ruanda ha una crescita economica annua del 5% e ha assistito ad una drastica riduzione del numero delle persone che vivono in povertà. Inoltre, la percentuale della spesa pubblica destinata all’aiuto della popolazione è passata dall’85% del 2000 al 40% del 2013.
Sono trascorsi ormai quindici anni, ma ancora oggi migliaia di vedove, donne che hanno perso i loro figli o che hanno contratto il virus dell’Hiv a causa degli stupri subiti, continuano a soffrire per il trauma della guerra e a lottare ogni giorno per sopravvivere; ActionAid ne ha intervistate alcune: Domina, Elisabeth e Esperance stanno tentando di ricostruire le loro vite e quelle dei loro figli, si sono unite in piccole cooperative agricole, grazie al sostegno di ActionAid.
«Il lavoro e l’amicizia che ho trovato nella cooperativa», racconta Elisabeth, che negli anni del genocidio è stata violentata più volte e ha visto due figli brutalmente uccisi davanti ai suoi occhi «mi hanno aiutata ad andare avanti. Ci scambiamo saperi e conoscenze, condividiamo pensieri e preoccupazioni. Per alcune di noi è stato molto difficile accettare quello che è accaduto, perdonare e andare avanti».
Anche Esperance ha aperto una cooperativa di donne nel 2007: «si tratta di un gruppo misto di donne ruandesi, alcune di noi hanno perso il marito durante il genocidio; altre invece sono sole perché i loro mariti sono in carcere per i crimini commessi. Ma i nostri problemi sono gli stessi: siamo sole e dobbiamo guadagnare qualcosa per mandare avanti le nostre famiglie».
 


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