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Istat. Così il non profit crea occupazione

Prosegue il rilascio dei dati del 9° Censimento Generale dell’Industria, dei Servizi e delle Istituzioni Non Profit. Un settore che i numeri identificano come il traino per l’occupazione femminile, 494 mila le dipendenti, il 72% del totale

di Redazione

Prosegue il processo di diffusione di rilascio dei dati del Censimento  industria, istituzioni pubbliche e non profit. Non Profit sempre più forte sul territorio italiano per numero di istituzioni e per occupati: è ciò che energe dal Censimento – al 31 dicembre 2011 – 301.191 unità, il 28% in più rispetto al 2001, con una crescita del personale impiegato pari a 39,4%.

I dati sono disponibili in I.stat, il datawarehouse dell’Istat, al tema “Censimento industria, istituzioni pubbliche e non profit 2011”. Al datawarehouse si accede sia dall’home page di www.istat.it sia dal sito dedicato.  

Il presidente dell’Istat, Antonio Golini, ha spiegato come «i dati del censimento evidenziano la dinamicità del non profit italiano e la sua capacità di creare occupazione e crescita economica. Dalla rilevazione emerge come questo sia un settore di grande valenza sociale per le sue caratteristiche di ascolto dei cittadini e delle imprese, per soddisfare i loro bisogni sociali, ricreativi, sportivi, sanitari e altro ancora. Non va poi sottovalutato il numero rilevante di persone che sostengono attivamente le organizzazioni non profit attraverso il prezioso contributo come volontari».

Mentre il ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha sottolineato che «occorre costruire attorno all'economia sociale e solidale il futuro del Paese, puntando su imprese cooperative, imprese sociali, cooperative di comunità, e ogni altra forma di economia sociale e associativa che metta al centro la persona e non la finanza, i bisogni dei soci e della comunità e non la remunerazione del capitale. E’ essenziale attivare un percorso di radicale cambiamento che dovrebbe partire dalla partecipazione responsabile, dall'impegno comune, dal superamento delle divisioni e dei particolarismi, cercando di massimizzare il coinvolgimento, il protagonismo attivo e la responsabilità di ogni cittadino. All'economia solidale il compito di promuoverli e organizzarli: perché noi vogliamo che nessun cittadino resti a casa senza avere nulla da fare, per questo ad ogni italiano deve essere data una ragione per saltar giù dal letto e mettersi in moto ogni mattina».

Donne e uomini del Non Profit
Il settore conta sul contributo lavorativo di 4,7 milioni di volontari, 681 mila dipendenti, 270 mila lavoratori esterni e 5 mila lavoratori temporanei. Sono inoltre presenti altre tipologie di risorse umane che prestano a vario titolo la loro attività nelle istituzioni rilevate: 19 mila lavoratori comandati/distaccati, 40 mila religiosi e 19 mila giovani del servizio civile.  
La componente femminile è di 1,8 milioni di volontarie, 494 mila dipendenti, 142 mila lavoratrici esterne, 3 mila lavoratrici temporanee, 9 mila comandate/distaccate, 26 mila religiose e 10 mila giovani del servizio civile. Il Non Profit si conferma quindi traino per l’occupazione femminile.
La categoria professionale più rappresentata, con il 27,5% dei lavoratori retribuiti, dipendenti ed esterni, è quella delle professioni tecniche (professioni sanitarie infermieristiche, fisioterapisti, mediatori interculturali etc.). Seguono le professioni nelle attività commerciali e nei servizi con il 24,1% (operatori socio-sanitari,  assistenti socio-assistenziali e assistenti domiciliari etc.), le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione (17,9%), le professioni non qualificate con il 13,8% (collaboratori scolastici, addetti alle pulizie, operatori ecologici, etc.) e le professioni esecutive nel lavoro d’ufficio (11,4%).
I dirigenti e gli imprenditori rappresentano invece una quota pari al 3,5% del totale dei lavoratori retribuiti.
La presenza maschile prevale tra i dirigenti e gli imprenditori (6,8%), nelle professioni tecniche (31,5%), nelle professioni non qualificate (15,5%) e tra gli artigiani, operai specializzati, agricoltori e conducenti di veicoli. La presenza femminile invece è superiore alla quota nazionale solo nelle professioni qualificate delle attività commerciali e dei servizi (29,6%).

I volontari
Età
I volontari sono nel complesso giovani: 950.000 infatti hanno meno di 29 anni (pari al 20%, di cui il 4% con meno di 18 anni) a fronte di 704.000 volontari con più di 64 anni (14,8%). Il 43,2% dei volontari ha tra i 30 e i 54 anni di età. Cultura, sport e ricreazione e Ambiente sono i  settori con una spiccata presenza giovanile. Più anziani i volontari che operano nei settori delle Relazioni sindacali e rappresentanza di interessi (dove si contano 155 volontari con più di 64 anni su 100 giovani), seguito dall’Assistenza sociale e protezione civile (131 su 100), Tutela dei diritti e attività politica (123), Filantropia e promozione del volontariato (110), Istruzione e ricerca (107).

Titolo di studio
Il 50,1% dei volontari italiani possiede un diploma di scuola superiore, il 29,4% un titolo di studio non superiore alla licenza media mentre i laureati sono il 20,5%. La distribuzione per genere evidenzia che tra i volontari donna pesano maggiormente coloro che hanno una laurea (23,4% a fronte del 18,7% fra gli uomini).

Prospetto 1. Volontari per genere e titolo di studio. Valori assoluti e percentuali


Tra coloro che posseggono la licenza media, il 60,3% è impegnato nel settore della Cultura, sport e ricreazione, che è anche il settore in cui trovano spazio la metà dei laureati (52,3%).
Condizione professionale

Più della metà dei volontari che prestano la propria opera nelle istituzioni non profit italiane è occupato (55,4%). Poco più di un quarto è ritirato dal mondo del lavoro (27,8%) e il restante 16,8% è in altra condizione occupazionale (studenti, casalinghe, in cerca di occupazione, inattivi).

                 Prospetto 2. Volontari per genere e condizione occupazionale. Valori assoluti e percentuali

 

I servizi erogati
Le istituzioni non profit rilevate sono nel 62,7% dei casi di pubblica utilità (orientate al benessere della collettività in generale) e nel restante 37,3% mutualistiche (dirette agli interessi e ai bisogni dei soli soci). L’orientamento è legato all’attività svolta: le istituzioni solidaristiche sono presenti in una quota nettamente superiore alla media nazionale nei settori della Cooperazione e solidarietà internazionale (96,3%), della Sanità (91,3%), dell’Assistenza sociale e protezione civile (90,4%), della Filantropia e promozione del volontariato (90,4%), dell’Istruzione e ricerca (83,4%).

Rilevati per la prima volta i servizi erogati dalle Istituzioni non profit. I più diffusi, nell’ambito dei diversi settori, sono relativi a:

  • nella Cultura, sport e ricreazione: organizzazione di eventi sportivi (23,7%), di corsi per la pratica sportiva (20%) e di eventi, feste, sagre e altre manifestazioni (19,7%);
  • nell’Istruzione e ricerca: servizi per le scuole dell’infanzia e la formazione (33,3%) e aggiornamento professionale (28,2%);
  • nella Sanità: donazione di sangue, organi, tessuti e midollo (33,6%) e soccorso e trasporto sanitario (19%);
  • nell’’Assistenza sociale e protezione civile: integrazione sociale dei soggetti deboli o a rischio (27,5%) e sostegno socio-educativo (24,2%);
  • nell’Ambiente: interventi di salvaguardia del territorio (47%) e soccorso e ospitalità degli animali (22,4%).
  • nello Sviluppo economico e coesione sociale: il servizio maggiormente erogato (49,3%) è  l’inserimento lavorativo in impresa o cooperativa.

Le Risorse Economiche
Il totale delle entrate di bilancio delle istituzioni non profit è pari a 64 miliardi di euro, mentre le uscite totali (spese del personale, acquisto di beni e servizi, sussidi contributi ed erogazione a terzi, etc.) ammontano a 57 miliardi di euro. Le regioni con il maggior volume, sia di entrate che di uscite, sono la Lombardia (oltre 17miliardi di euro di entrate e oltre 15miliardi di euro di uscite), e il Lazio (quasi 15miliardi di entrate e quasi 12miliardi di uscite). Nell’insieme i valori delle due regioni rappresentano circa il 50% del totale complessivo.
La principale fonte di finanziamento è di provenienza privata (per l’86,1% delle istituzioni), mentre il 13,9% ha entrate di fonte prevalentemente pubblica. Su base regionale, in Sardegna (26,2%) e provincia autonoma di Trento (26,3%) si registra il maggior numero di istituzioni che fanno più ricorso al finanziamento di natura pubblica; in Veneto (10,9%) ed Emilia-Romagna (9,6%) sono localizzate le istituzioni maggiormente orientate alle fonti di finanziamento privato.
I settori che utilizzano di più fonti di finanziamento pubblico sono Sanità (36,1%), Assistenza sociale e protezione civile (32,8%), Sviluppo economico e coesione sociale (29,9%). Quelli più sostenuti da introiti privati sono Religione (95,5%), Relazioni sindacali e rappresentanza di interessi (95,3%), Cooperazione e solidarietà internazionale e Cultura sport e ricreazione (entrambe 90,1%).

Gli strumenti di comunicazione
Il 9° Censimento Generale dell’Industria, dei Servizi e delle Istituzioni Non Profit coglie anche il livello d’innovazione raggiunto dalle istituzioni non profit nell’adozione di diversi strumenti di comunicazione, che combinano forme comunicative tradizionali con strumenti tecnologicamente avanzati.
Le istituzioni non profit che utilizzano almeno uno strumento di comunicazione sono 205.792 (68,3%). L’uso del web e dei social network assume un ruolo imprescindibile e fondamentale, ma non sostituivo rispetto all’impiego degli strumenti tradizionali. Infatti, il 60,9% delle istituzioni non profit che fanno ricorso ad almeno uno strumento di comunicazione prediligono il sito Internet, mentre il 54,2% adotta comunicati e brochure informative e il 30,6% sceglie i social network come veicolo per condividere idee e creare community sul web, seguito dalla pubblicità (29,8%) e dalla newsletter periodica (15,2%).
Il 43,3% delle istituzioni censite che impiega strumenti di comunicazione opera prevalentemente nel settore Cultura, sport e ricreazione. La scelta di queste istituzioni si caratterizza per l’impiego della pubblicità e dei social network in misura superiore al valore nazionale (16,4% rispetto al 15,8%). Le istituzioni non profit che utilizzano almeno uno strumento di comunicazione e concentrano la propria attività nel settore dell’Assistenza sociale e protezione civile (5,6%) prediligono le Guide e carte dei servizi (9,9%), mentre le istituzioni attive prevalentemente nell’Istruzione e ricerca (3,8%) si contraddistinguono per l’uso del sito Internet (31%). La Newsletter viene impiegata dal 12,4% delle istituzioni attive nel settore delle Relazioni sindacali e rappresentanza d'interessi, mentre una comunicazione più tradizionale caratterizza le istituzioniattive nel settore della Religione, che adottano prodotti editoriali “classici”, come giornali e riviste.
Analizzando infine la diffusione degli strumenti di comunicazione innovativi (quali social network, blog, forum e chat) sono le istituzioni che erogano Servizi di assistenza nelle emergenze (18,2%) e Protezione degli animali (18,3%) a impiegare maggiormente i social network per la loro strategia comunicativa, mentre piattaforme tematiche come blog, forum e chat sono utilizzate nei Servizi di organizzazione dell'attività di partiti politici e nel settore della protezione ambientale.

In allegato il report integrale

 


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