Politica & Istituzioni

Riforma Terzo settore, la pubblica amministrazione cambi passo

L'intervento del direttore generale della Confederazione nazionale: «La PA dovrebbe giustificare i casi in cui assume direttamente la gestione dei servizi oppure li mette sul libero mercato invece di affidarsi alla società civile, sarebbe una rivoluzione»

di Andrea Del Bianco

Tre considerazioni a margine dell'incontro con il presidente del consiglio nella redazione di Vita dello scorso 20 maggio:

  1. Anzitutto complimenti al presidente Renzi, non solo per aver avviato a tempo record un percorso atteso da anni ma soprattutto per aver correttamente interpretato – ci pare – un aspetto per noi fondamentale: si investe nel terzo settore, e nel volontariato in particolare, NON PERCHÉ COSTA MENO MA PERCHÉ VALE DI PIÙ! Non ci si rivolge al volontariato solo per risparmiare, ma perché restituisce in valore sociale ben oltre il valore del “prodotto” o servizio affidato.
     
  2. Seconda considerazione. Le Linee Guida del Governo richiamano con forza il principio di sussidiarietà. Ma vogliamo applicarlo davvero? Vogliamo valorizzare il più possibile la “autonoma iniziativa dei cittadini”? su questo, la vera riforma sarebbe invertire il paradigma usuale: la Pubblica Amministrazione dovrebbe giustificare i casi in cui assume direttamente la gestione dei servizi oppure li mette sul libero mercato, invece di valorizzare capacità e competenze espresse dalla società civile. Semplice, ma sarebbe una rivoluzione. Ovviamente questo richiede un atto di fiducia, che deve essere ripagato con vigilanza e controllo; su questo le reti di secondo livello come le nostre possono e devono essere chiamate ad un ruolo di garanzia, anche con assunzione di responsabilità.
     
  3. Terza considerazione. Le Misericordie, che il presidente Renzi conosce bene, hanno talora sviluppato nei secoli servizi anche complessi che le fanno essere non solo volontariato ma neppure impresa sociale, bensì delle vere e proprie “organizzazioni di comunità”. E non crediamo di essere i soli a unire queste due caratteristiche. Un testo unico del terzo settore deve necessariamente comprendere tutte le sue diverse espressioni ma dovrebbe anche – mi sia consentito – distinguere e diversamente valorizzare la dimensione di impresa dispiegata da quei soggetti del volontariato od anche dell’associazionismo sociale la cui finalità pubblica resta assolutamente prioritaria e prevalente rispetto anche alla dimensione economica o di inserimento lavorativo ed il cui valore aggiunto in termini di coesione sociale, di partecipazione civile, di beni relazionali è certamente maggiore.

 

In queste settimane il Movimento sta promuovendo a vari livelli momenti di approfondimento e di proposta sulle linee di indirizzo, che saranno oggetto di discussione anche all’Assemblea Nazionale del 31 maggio prossimo con l’obbiettivo di presentare un contributo articolato al Governo.

Parallelamente si sta sviluppando un confronto con Anpas Nazionale per definire una piattaforma comune di proposta, anche coinvolgendo altre realtà del Volontariato e dell’Associazionismo.


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