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Disastro ambientale. Paga l’assessore onesto

Gian Antonio Stella commenta la condanna della Corte dei Conti che ha colpito Walter Ganapini, fondatore ex presidente di Greenpeace e assessore all'Ambiente della Regione Campania

di Redazione

E chi paga? Walter Ganapini. Per carità, mai commentare le sentenze della magistratura. E non vogliamo neppure ipotizzare l'infondatezza di un solo punto, una sola virgola, uri solo apostrofo del verdetto della Corte dei conti che ha condannato l'ex assessore campano all'Ambiente, insieme con due dirigenti, a risarcire un danno erariale di 9.081.087,00 euro per non avere riscosso le multe per le violazioni al codice ambientale. Diamolo per scontato: la sentenza è formalmente perfetta. Detto questo, appare paradossale che, in mezzo a tutti i pasticci e i delitti egli omicidi e le porcherie e le discariche abusive e gli sprechi che hanno segnato in questi anni il Grande Affare dei rifiuti campani venga chiamato a pagare i danni l'ex presidente di Greenpeace, uno dei pochi a essere uscito da questo immondezzaio fetido senza venire colpito, sotto il profilo della moralità personale, da uno schizzo di fango.

Non è riuscito, dopo essere stato chiamato da Bassolino nel 2008 per sostituire l'assessore all'Ambiente Luigi Nocera finito in manette, a imporre il pagamento delle multe? Se lo dicono i giudici contabili, sarà vero senz'altro. Lui, al Corriere del Mezzogiorno, ha spiegato: «La legge Bassanini attribuisce la gestione delle sanzioni amministrative al dirigente pubblico, che opera direttamente. La materia quindi non arriva mai sul tavolo dell'assessore». E ha aggiunto: «Lottai. Sette o otto mesi affinché il dirigente responsabile delle acque si dimettesse, e fui io a sostituirlo con l'ing. Fontana, che secondo la Corte dei Conti stessa ha poi ripristinato la procedura. Si poteva fare di più? Può darsi. Ma io credo di essere stato proprio quello che ha fatto di più …», Ha ragione? Ha torto? Deciderà il Consiglio di Stato.

Tema: cosa dovrebbero fare i giudici, usando lo stesso metro, con l'Agenzia delle entrate ed Equitalia che nell'estate scorsa ammisero di non essere riuscite a incassare 545 miliardi (ripetiamo: 545 miliardi) di euro? È colpa di due o tre dirigenti da condannare o è tutto l'insieme che va rovesciato come un calzino? I fatti comunque sono questi: l'emergenza rifiuti a Napoli e dintorni è costata finora oltre undici miliardi, le ecoballe smaltite sono solo 1'1,5% di quelle accumulate, le quattro (quattro!) sedi del commissariato costavano 875 mila euro l'anno, i cinquanta camion per la raccolta differenziata furono subito rubati, il call-center aveva centralinisti che rispondevano ciascuno a una chiamata alla settimana e discariche perfettamente attrezzate come quella di Santa Maria la Fossa sono state lasciate vuote per anni per motivi «misteriosi» mentre Napoli affondava nella «munnezza»… Questo è il contesto. E in questo contesto Walter Ganapini, che come «tecnico» aveva già risolto il problema della spazzatura a Milano, è uno dei pochi ad aver lasciato un segno diverso. Fu quando, due giorni dopo l'insediamento (due giorni!), rifiutò nuovi finanziamenti per un nuovo piano di raccolta differenziata. Rivelando che il piano c'era già. Da dieci anni. Perfezionato in ogni dettaglio. Condominio per condominio. Pianerottolo per pianerottolo. Solo che nessuno voleva farlo partire per non rovinare l'affarone…

dal Corriere della Sera del 4 Giugno 2014


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