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Barbieri: «La Riforma del Terzo settore? Una grandissima occasione»

Intervista al portavoce: «Si è aperto un dibattito importante e prezioso, a Renzi dico: va bene l'urgenza, ma una volta scritto il decreto delega, ragioniamo bene sui contenuti. È fondamentale che i cittadini attivi non si sentano scavalcati»

di Redazione


Domani a Roma presenterà il documento del Forum del Terzo settore (vedi in allegato) sulla Linee Guida di Renzi in occasione di un incontro a cui fra gli altri parteciperà anche il ministro Poletti (qui i dettagli). Il portavoce del Forum Pietro Barbieri, ha voluto anticipare in questo dialogo con Vita.it il suo punto di vista. Che parte da una presa d’atto: «Venerdì scade il termine della consultazione pubblica, ma la cosa sorprendente a parte i 750 contributi fatti pervenire al Ministero del Lavoro, e quelli che noi stessi abbiamo ricevuto, è stato l’impressionante numero di eventi che in queste poche settimane su tutto il territorio italiano hanno animato e arricchito il dibattito pur arrivando come naturale da imprinting politici ed ideologici anche molto diversi fra loro, del resto, come sappiamo, il non profit non è un corpo unico. Siamo dentro un passaggio straordinario e di fronte a una grandissima occasione. Ne siamo consapevoli».

Qual è il significato di tanta partecipazione?
Che il nostro mondo è pronto a mettersi in gioco, a partecipare da protagonista a questo percorso. E ci dice anche che questa non è una roba che può passare sopra le teste dei cittadini, almeno non di quelli organizzati.

Una precisazione che suona a monito…
Scandendo anche temporalmente un iter molto rapido Renzi ha avuto il merito di segnalare l’urgenza di questo processo. E noi non possiamo che essere d’accordo con lui. Ci sono almeno 15/20 riforma che aspettiamo da anni. Ma l’urgenza non deve essere confusa con la fretta. Se manca il tempo per l’analisi approfondita e la condivisione dei contenuti, c’è il rischio che questa riforma sia percepita dalle organizzazioni come estranea e di conseguenza sarebbe per largamente inattuata. Per capire dove siamo e dove vogliamo andare occorre tempo. Renzi non deve avere fretta e deve comprendere la fatica e l'importanza del lavoro di sintesi degli organi di rappresentanza, un lavoro che gli potrà essere utilissimo. Il miuo suggerimento è: avanti a spron battuto con la delega, ma poi più calma nel momento di redigere le norme attuative.

Nel frattempo però, solo per fare due esempi, il servizio civile sta morendo e l’impresa sociale rischia di perdere il treno dei finanziamenti europei…
Sul servizio civile universale si sono dette cose molto importanti: noi lo vediamo come difesa non armata della patria, come istituto nazionale, come impegno civico dei ragazzi e sosteniamo che vadano valorizzate le competenze non formali acquisite dai ragazzi. Questo è grosso modo lo schema passato, poi dal cofinanziamento in giù occorrerà confrontarsi per capire quale modello costruire. Noi siamo disponibili. Come siamo disponibili a ragionare su uno strumento come l’impresa sociale e a meccanismi che assicurino al cosiddetto secondo welfare la possibilità di accedere o fare leva su fondi anche privati in un ottica di economia civile e del riconoscimento anche del valore e del ruolo economico del nostro settore. Non dobbiamo però dimenticare la nostra storia.

Questo in concreto cosa significa?
Significa per esempio che non condivido l’obbligo dell’acquisizione della qualifica di impresa sociale. Non vedo perché si debbano affievolire distinzioni che nel nostro mondo hanno ragioni e radici profonde come quelle che ci sono per esempio fra cooperazione sociale e volontariato o associazionismo di promozione sociale. Significa poi tenere fare chiarezza sui settori dove il non profit può giocare un ruolo importante, penso per esempio alla colossale sfida dell’housing sociale e altri che sinceramente vedo distanti da noi.

Ovvero?
Se penso alla gestione dell’acqua di un comune come Roma e penso a una società quotata in borsa come l’Acea penso a una realtà distante anni luce dal nostro mondo. Ecco non vorrei che per troppa fretta cadessimo nella sindrome Benetton, che quando ha capito che il mercato delle magliette era in crisi si è buttato sulle autostrade. Al contrario questa deve essere anche l’occasione che fare luce su alcune opacità che caratterizzano ancora oggi il nostro mondo. Penso per esempio ai contratti di lavoro.

Ieri sul Corriere della Sera, Maurizio Ferrera ha rilanciato il tema dei voucher sociali che potrebbero fungere da volano di sviluppo per il non profit e per l’occupazione in particolare femminile. Cosa ne pensa?
Una notazione preliminare. Il costo per lo Stato previsto da Ferrera è di 3 miliardi di euro. Molto di più degli 1,1 miliardi che è la cifra più alta che noi ci siamo permessi di rivendicare quando chiediamo il ripristino dei fondi sociali al livello del 2008. Questo per dire che il ruolo del pubblico rimane decisivo. Venendo ai voucher. Possono essere uno strumento utile, ma certamente non nella versione implementata dalla Lombardia. Perché funzionino davvero è necessario mettere i fruitori nelle condizione di saper e poter scegliere davvero. La libertà di scelta deve essere quella di non autosufficienti, anziani o dei genitori che scelgono gli asili nido, non certo dei fornitori.
 


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