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Ragazzini curdi rapiti da islamisti, è ora di #bringbackourboys

Nessuna mobilitazione mondiale per questi bambini, sequestrati il 29 maggio scorso vicino ad Aleppo da guerriglieri islamisti che vogliono addestrarli alla jihad. L'Unicef oggi ha lanciato un appello, che sarebbe ora fosse ascoltato

di Gabriella Meroni

Continua nel silenzio dei media occidentali l'odissea di 140 ragazzini curdi rapiti lo scorso 29 maggio da combattenti dello Stato islamico in Iraq e nel Levante (Isil) nella provincia di Aleppo, nel nord della Siria. Una vicenda che ricorda da vicino quella delle ragazze negriane rapite mesi fa dal gruppo islamista Boko Haram, e per cui è iniziata la campagna di mobilitazione mondiale #bringbackourgirls. Nessuna mobilitazione, invece, per questi giovanissimi, tutti alunni della scuola media, che secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani sono stati rapiti dopo aver sostenuto gli esami di fine anno mentre tornavano a casa, nella città di Ayn al-Arab. Quattro ragazzini, secondo la ricostruzione dell’Osservatorio, sono riusciti a fuggire dopo il sequestro e hanno raccontato alle loro famiglie che l’Isil vuole arruolarli tra i combattenti dopo "corsi di addestramento" al jihad. 

“L’Unicef sta seguendo con grande preoccupazione la situazione degli studenti  kurdi tra i 14 e i 16 anni che sono stati presumibilmente rapiti nel nord della Siria il mese scorso dall’ISIS (Stato Islamico di Iraq e Siria)”, si legge in una nota della organizzazione pubblicata oggi. Tutti loro, ad eccezione di quattro che sono scappati, sono ancora sotto sequestro. Sono passate oltre quattro settimane da quando i bambini sono stati rapiti. Questi bambini non hanno niente in comune con questa guerra violenta in Siria. Volevano solo finire i loro esami e tornare a casa dalle loro famiglie”.

“Il rapimento, l’arruolamento e l’uso di bambini nei conflitti sono gravi violazioni dei diritti dei bambini”, conclude l'Unicef, che esprime anche "grande solidarietà alle famiglie dei bambini rapiti. Tutti coloro che commettono crimini come questo devono essere ritenuti responsabili. È sconcertante e inconcepibile che i bambini debbano sopportare questi brutali atti di violenza ed essere forzatamente coinvolti in questa guerra”. 


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