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“Io sto con la sposa”, crowdfunding di successo

Raccolti 75mila euro in 45 giorni, grazie a 15mila iscritti alle pagine su facebook e soprattutto ai 2.138 produttori dal basso. Parla il regista Gabriele Del Grande

di Daniele Biella

Che passi o meno le selezioni per il prossimo festival di Venezia (il primo obiettivo dei tre registi), "Io sto con la sposa" è già un film di successo: in pochi giorni, con un crowdfunding davvero virale, ha raccolto i fondi necesaari per ripagare la troupe: 75mila euro in 45 giorni, grazie a 15mila iscritti alle pagine su facebook e soprattutto ai 2.138 produttori dal basso, che hanno reso questo film un vero e proprio caso di successo (in Italia più unico che raro) di raccolta fondi dal basso.«L'energia che si è sprigionata intorno al film, è semplicemente straordinaria», dicono i tre autori Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande, Khaled Soliman Al Nassiry, «Anche soltanto scorrere la lista dei paesi dei donatori è emozionante: Arabia Saudita, Argentina, Australia, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Colombia, Danimarca, Egitto, Filippine, Finlandia, Francia, Germania, Hong Kong, Irlanda, Israele, Italia, Libano, Malta, Marocco, Messico, Olanda, Nuova Zelanda, Peru, Portogallo, Regno Unito, Russia, Senegal, Singapore, Spagna, Stati Uniti, Sud Africa, Svezia, Svizzera, Tailandia, Ungheria». E ancora: «Insieme condividiamo un sogno. L'idea che il Mediterraneo torni ad essere il mare che ci unisce e che nessuna legge divida più i viaggiatori in legali e illegali. È la nostra idea di futuro. È il mondo che vogliamo e per il quale ci siamo accollati il rischio di finire in galera. Ma adesso, anziché gongolarsi sugli allori, è tempo di tornare al lavoro pensando al prossimo fondamentale obiettivo: la distribuzione.  Il nostro produttore associato DocLab sta cercando accordi per una distribuzione italiana ed internazionale sia cinematografica che televisiva. Ma noi vogliamo che questo film continui a vivere nelle piazze, nei teatri e nelle scuole. In Italia e all'estero».

Tutto questo ha un costo. «Perché significa fare i sottotitoli in 6 lingue (italiano, arabo, inglese, francese, tedesco, spagnolo), implementare il sito internet, e allestire un ufficio stampa e una segreteria che seguiranno la distribuzione dal basso del film per almeno un anno. Dato che abbiamo ancora a disposizione gli ultimi 15 giorni di crowd-funding, abbiamo deciso di continuare la raccolta fondi, concentrandoci su questi obiettivi. E con la stessa trasparenza vi diciamo che i nostri compensi di noi tre registi e produttori tuttofare, ovvero i nostri ultimi nove mesi di lavoro serrato, ce li ripagheremo con le vendite televisive del film e non con il crowd-funding».
 
Ma questa pellicola è un caso anche per l'increbibile scenggiatura che ha permesso a un gruppo di profughi di sfondare clamorosamente la Fortezza Europa, penetrandovi grazie a un’idea assurda ma con tutti gli onori dei vincitori: i cinque protagonisti in fuga dalla Siria sono riusciti ad arrivare in Svezia, dove chiedere asilo politico. Come? Vestiti da matrimonio. Loro e tutti gli altri invitati, 23 ‘lucidi pazzi’ che hanno sfidato le leggi in vigore (per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina si rischia fino a 15 anni di reclusione) con un finto corteo nuziale lungo 3mila chilometri composto da 17 protagonisti e sei uomini della troupe cinematografica che nel novembre 2013 è partito da Milano e passato da Marsiglia, Bochum e Copenhagen prima di approdare a Stoccolma.

«La stazione Centrale di Milano è lo snodo dei migranti sopravissuti ai viaggi della disperazione nel Mar Mediterraneo: è da lì che, pagando mille euro a persona al contrabbando, tentano di raggiungere la Svezia. Noi volevamo dare loro un alternativa», spiega Gabriele Del Grande, reporter che nell’ultimo anno è stato cinque volte in Siria sotto il fuoco incrociato della guerra civile e fondatore di Fortress Europe, Osservatorio sulle morti nel Mediterraneo. L’idea del matrimonio è tutta sua, «nata come scherzo ma subito condivisa come possibilità reale con Khaled (Soliman Al Nassiry, poeta palestinese-siriano da cinque anni in Italia, ndr), con cui mi trovavo in quei giorni in Centrale per rendermi utile all’accoglienza dei profughi», specifica Gabriele. Pochi giorni dopo, l’adesione del regista Antonio Augugliaro ha completato la visione: «Ci siamo messi a caccia dei protagonisti, lo sposo ci ha incrociati, mentre eravamo al bar». È Abdallah, 30 anni, sopravvissuto alla terribile strage dell’11 ottobre 2013 con 250 tra morti e dispersi. Così come hanno raggiunto le nostre coste Manar, 13 anni, e suo padre Alaa, più Abdallah e Mona, coppia arrivata da Lampedusa la notte prima della partenza del corteo che Del Grande aveva conosciuto in Siria: in tutto cinque profughi, altri amici italiani e siriani che si sono uniti al progetto (sposa compresa: Tasneem, attivista siriana con passaporto tedesco che aveva scelto di rimanere nel suo paese in guerra), i tre registi e sei uomini della troupe, stipati in un   urgone e quattro auto. «Siamo passati dalla Francia, superando a piedi il passo della Morte, sopra Ventimiglia, per evitare i controlli svizzeri, e non abbiamo avuto intoppi nelle varie frontiere anche perché aiutati da decine di persone che si sono innamorate dell’idea». All’arrivo in terra svedese, un pianto liberatorio e collettivo: «su quel momento ci sono poche immagini, anche la troupe si è commossa», ricorda Del Grande. Il film, ora in fase di post produzione, dura sui 90 minuti, e una cosa è certa: farà molto parlare di sé. O meglio: di chi fugge da una guerra assurda e vuole solo trovare accoglienza.


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