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Profitto o impatto sociale? Il punto di vista degli investitori della Silicon Valley

Le tipologie di attori che fungono da investitori nelle startup tecnologiche sono tanti: dai business angel ai venture capitalist, dai corporate venture capital funds all’equity crowdfunding. Ma in tutti la dimensione sociale va a declinare lo scopo di questi strumenti di investimento

di Francesca Battistoni e Giulia Sateriale

Uno degli elementi distintivi della Silicon Valley è la presenza di un altissimo numero di investitori concentrati geograficamente e di diverse forme di investimento che permettono la crescita esponenziale e continua del sistema. Siamo consapevoli che le imprese sociali hanno caratteristiche intrinseche e finalità molto diverse e non ci aspettiamo che gli strumenti utilizzati possano essere simili. Tuttavia, è utile cercare di fare chiarezza sulle diverse tipologie di attori che investono a diversi stadi nelle startup della Bay Area visto che, come emerge anche dalla terza edizione dell’Osservatorio UBI BANCA sulla Finanza ed il Terzo Settore promosso con il supporto scientifico di AICCON, l’esigenza di diversificare le forme di finanziamento sta emergendo anche nel settore dell’imprenditoria sociale.

Le tipologie di attori che fungono da investitori nelle startup tecnologiche differiscono per livelli di formalizzazione/istituzionalizzazione e per il tipo di rapporto che costruiscono con le startup finanziate: dai business angel ai venture capitalist, dai corporate venture capital funds all’equity crowdfunding. L’aspetto interessante è che abbiamo trovato alcuni casi in cui la dimensione sociale va a declinare lo scopo di questi strumenti di investimento.

Carol Sands è una business angel che abbiamo avuto modo di intervistare: «volevo essere una venture capitalist ma venti anni fa non esistevano venture capitalist donne e quindi ho deciso che potevo fare da sola» ci racconta, «per me l’importante è divertirmi ma soprattutto investire nella mia comunità di riferimento». Alcuni business angel sono infatti più spesso motivati dalla volontà di ottenere profitti generando anche impatto sociale grazie al rapporto personale che si crea con la startup e alla maggiore flessibilità nei tempi di ritorno dell’investimento.

Anche alcune aziende di venture capital (VC) della Valley iniziano ad inserire questi aspetti nelle loro attivita’ di investimento. DBL Investors è una delle poche VC che ci ha citato l’impact investing come trend crescente anche nella Bay Area e che investe in startup che garantiscano alti ritorni dal punto di vista economico e allo stesso tempo promuovono un impatto positivo sulla società. A DBL Investors sono convinti che una positiva performance finanziaria non possa che essere strettamente legata ad attività che che promuovono anche un impatto positivo sulla società.

Revolution Foods, una delle startup in cui hanno investito,  ha come obiettivo quello di è quello di migliorare il servizio di ristorazione nelle scuole ed essere la prima azienda a fornire un programma di educazione alimentare per giovani studenti.  

Un altro modello di finanziamento alle startup tech sono i corporate venture capital funds (CVC), investimenti che le aziende fanno direttamente in startup innovative senza passare da fondi gestiti da terzi. Abbiamo incontrato Jeffrey Yu di Robert Bosch Investments che ha evidenziato come, a differenza delle imprese VC classiche, gli investimenti sono strettamente legati al perseguimento di alcuni obiettivi strategici aziendali in un’ ottica di open innovation. Questo tipo di fondi sta aumentando la propria influenza: basti pensare che nel primo quadrimestre del 2014 gli investimenti dei CVC hanno raggiunto circa il 30% dei 10$ miliardi totali degli investimenti VCs. Sempre nel 2014, 83 aziende hanno partecipato tramite un fondo di VC almeno ad un investimento in startup.

Infine, si sta ampliando la discussione sul cosidetto equity crowdfunding come mezzo per finanziare le startup. In US nel 2014 circa 5.000 nuove aziende sono state finanziate in questo modo. La maggior parte di queste piattaforme permette alla startup di definire una percentuale massima di equity che puo’ essere ceduta in cambio di finanziamenti. L’aspetto interessante è che la piattaforma stessa si fa intermediario con i diversi shareholder. Un ulteriore sviluppo ibrido a cavallo tra iniziative private di investimento, crowdfunding e co-investing è la recente piattaforma Angel list, uno strumento che permette agli angel investors di unirsi in syndicate per finanziare gli imprenditori e per raccogliere una maggiore quantità di denaro da investire.

La possibilità di sistematizzare queste esperienze e comprendere come interagiscono tra di loro a diversi stadi dello sviluppo delle nuove imprese ci ha permesso di interrogarci sul possibile mix che potrebbe potenziare anche lo sviluppo delle startup sociali nel nostro Paese.

Lesson number #2 (questa volta è una domanda) Quali di questi strumenti sono i più adatti a finanziare lo sviluppo dell’ impresa sociale e permetterne la sostenibilità nel tempo?


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