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Cooperazione & Relazioni internazionali

Dall’abbattimento del Boeing malaisiano alla terza guerra mondiale?

Eliseo Bertolasi, ricercatore associato e analista geopolitico all'Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) di Roma, ci propone un’analisi sugli sviluppi della vicenda della catastrofe aerea nei cieli ucraini

di Redazione

L’abbattimento del Boeing della Malaysian airlines sul cielo del Donbass continua ad alimentare il contrasto tra la Russia e l’Occidente.

L’Occidente insiste con le sue accuse verso Putin, e, per “punirlo”, come prevedibile, sulla base di un ormai collaudato copione, inasprisce le sanzioni contro la Russia. Sanzioni motivate solo da una forte ideologizzazione dello scontro. Nonostante gli Stai Uniti sostengano di avere prove inconfutabili dell’abbattimento dell’aereo, da parte di un missile Buk-M1 in mano, secondo loro, ai separatisti filorussi, fino ad ora, però, le “prove” sono solo voci e non si sono ancora concretizzate in dati oggettivi.

Inconcepibile, come una potenza militare, gli Stati Uniti, che ricordiamo riusciva ad intercettare le telefonate della Merkel, dotata di sofisticatissimi congegni di spionaggio, non abbiano ancora prodotto un qualsiasi rilevamento satellitare, tracciato radar, relativamente al luogo del disastro, un territorio che, a causa del conflitto in atto, è senza dubbio sotto il loro costante e accorto monitoraggio.

I russi, al contrario, hanno prontamente reso note le loro rilevazioni satellitari: il Ministero della Difesa russo ha ritenuto opportuno la divulgazione del materiale in suo possesso, materiale che si basa esclusivamente su dati obiettivi e reali prodotti dalle apparecchiature russe.


La notizia, com’era prevedibile, non ha ricevuto nessuna enfasi dai media occidentali, così pronti, invece, già dalle prime ore dell’abbattimento dell’aereo, con una cinica e sfrontata strumentalizzazione del lutto e del dolore per la morte di tante persone, ad indicare, con enfasi, la Russia e Putin come i responsabili della catastrofe.

Nel video il Ministero della Difesa russo mostra con immagini satellitari, la presenza nelle vicinanze di Donetsk di un’unità della difesa contro-aerea dell’esercito ucraino dotata di 3-4 sistemi missilistici Buk-M1, oltre ai relativi sistemi di radiolocalizzazione. Tali missili sono in grado di colpire bersagli a una distanza massima di 35 km, fino a un’altitudine di 22 km.

Un sistema Buk-M1

Perché? Contro chi lo spiegamento, nel Donbass, da parte delle forze armate ucraine, di un tale sistema missilistico, per giunta, posizionato sulla rotta del Boeing malaisiano, esattamente il giorno 17 luglio con il pieno supporto delle relative stazioni di radiolocalizzazione?

Come sappiamo, i separatisti non dispongono di forze aeree; in ultima analisi se tali missili fossero stati schierati per proteggere l’Ucraina da un eventuale attacco aereo russo, Kiev dovrebbe allora spiegare la ragione per la quale ha permesso, su un territorio dove temeva un escalation di combattimenti aerei, il sorvolo di un aereo di linea.

L'Ucraina aveva l’obbligo d’impedire il traffico aereo nelle zone del conflitto. Non solo tale provvedimento non è stato eseguito, il video russo indica la sconcertante presenza di altri due voli di linea sulla zona in quei precisi momenti, ma oltre a ciò, sotto controllo radar  ucraino, il Boeing malaisiano, è stato costretto a modificare la propria rotta, volando più a nord, per transitare proprio su quell’aerea a rischio.
Per ora, da parte di Kiev, nessuna spiegazione, nemmeno le registrazioni delle comunicazioni tra i centri di controllo del traffico aereo ucraino e l’aereo malaisiano, subito sequestrate dai sevizi segreti ucraini.
 
Le rilevazioni radar del Ministero della Difesa russo, visibili dal filmato, hanno inoltre individuato il volo di un aereo militare delle forze armate ucraine, un Sukhoi-25,  mettersi in direzione del Boeing della Malaysia Airlines fino a una distanza di 3-5 km. Il Su-25 per le sue caratteristiche tecniche riesce a volare ad una quota di 10.000 m. solo per un breve periodo, oltre a ciò, di solito è dotato di missili aria-aria R-60 in grado di raggiungere con precisione un obiettivo se in volo a una distanza di soli 5 km. È legittima la domanda: perché quel volo militare in quel preciso momento tanto vicino ad un volo civile? Precedentemente il governo ucraino aveva negato la presenza di suoi aerei militari, quel giorno, e in quell’area.

I russi hanno pure indirizzato precise domande agli americani, che sostengono di possedere immagini prese dallo spazio provanti il lancio del missile Buk-M1 da parte delle forze resistenti del Donbass. Ma, dove sono queste immagini? Perché gli Stati Uniti non le mostrano alla Comunità mondiale? In effetti sui territori dell’Ucraina orientale nei precisi momenti della catastrofe aerea operava anche un satellite americano equipaggiato di sistema di localizzazione e di monitoraggio dei lanci missilistici. Solo una coincidenza?  

Fino ad ora, da parte americana, sono state mostrate le immagini del trasporto dei Buk-M1 su un camion dal territorio ucraino a quello russo: secondo i russi è una falsificazione. La foto è stata scattata nella città di Krasnoarmejsk, come visibile dal cartello pubblicitario incluso nella foto, nelle mani dell’esercito ucraino già dall’11 di maggio. Smascherata la presenza di tale camion su un territorio in mano alle forze di Kiev, i russi vorrebbero dare risposta alle seguenti domande: che tipo di lanciamissili è? Dove lo stavano portando? Dove si trova ora? Perché non era caricato con i missili al completo? Quando ha lanciato l’ultimo missile?   

Alla luce di questi dati oggettivi russi e della contemporanea assenza di altrettante risposte oggettive da parte di chi sta indicando, al contrario, proprio la Russia responsabile dell’abbattimento del Boeing della Malaysian Airlines, è legittimo ipotizzare l’ennesima “false flag”, ormai il copione è noto. In vent’anni di guerre americane lo stile è sempre quello: le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, rivelatesi poi un falso, per le quali gli Stati Uniti hanno scatenato una guerra che letteralmente ha devastato l’Iraq, le cui conseguenze insanguinano e insanguineranno ancora a lungo il Medio Oriente, l’attacco con armi chimiche di Assad contro il suo popolo, anche questo un falso, per il quale gli Stati Uniti erano pronti a bombardare la Siria, chissà con quali conseguenze di escalation del conflitto..

Con questi precedenti, ciò che inquieta e stupisce, non sono gli Stati Uniti che, coerentemente alla loro politica imperiale, fanno essenzialmente i loro interessi: sono un grande potenza e non vogliono vedere minata loro egemonia soprattutto da una Russia, quella di Putin, che si è risollevata dalla miseria del periodo di Eltsin e che ora sta portando avanti un progetto di mondo multipolare. Stupisce la reazione dell’Europa, che continua in maniera “dogmatica” senza il beneficio del dubbio ad allinearsi alle posizioni americane, anche andando palesemente contro ai propri interessi economici, geopolitici…

L’Occidente si è schierato su una posizione del tutto ideologizzata, solo basandosi sulle dichiarazioni di Kiev e degli Stati Uniti, in assenza di prove oggettive sulla responsabilità di Mosca nell’abbattimento dell’aereo malaisiano. Ma se Washington afferma: “il nemico è la Russia!”, la propaganda americana lo sta indicando ad alta voce, su questo punto non si discute. L’Europa, prontamente, prona, accetta passivamente gli ordini d’oltreatlantico.

Nessuno in Europa, né politico, né esperto ci ha ancora spiegato quali sono gli interessi, i vantaggi dell’Europa nell’introdurre sanzioni contro la Russia, se non penalizzare l’approvvigionamento energetico europeo, e l’ottimo interscambio economico tra UE  e Federazione Russa (ricordo che l’Italia è il secondo esportatore europeo verso la Russia). Quindi: avanti a gonfie vele con le provocazioni e le sanzioni contro Mosca.

Tra qualche mese, a far rinsavire l’Europa, arriverà il famoso “generale inverno” il grande alleato della Russia, sarà un inverno molto freddo non solo per l’Ucraina.  

La tragedia nei cieli ucraini, al contrario, ha immediatamente portato vantaggi concreti a Kiev:  già il 25 di luglio l’ambasciatore degli Stati Uniti, Jeffrey Payette, a Kiev annunciava, da parte del suo governo, un aiuto di 30 milioni dollari  all’esercito ucraino.

La Russia, che nonostante questa costante pressione di provocazioni nei suoi confronti, sta ancora cercando una via diplomatica alla risoluzione della crisi ucraina, viene descritta come un paese aggressore che sta minacciando non solo “la democratica” Ucraina ma anche la sicurezza dell’Europa.

Ci troviamo davanti a un’escalation di provocazioni verso la Russia il cui obiettivo finale appare precisamente quello d’indurre Putin a intraprendere un’azione militare verso l’Ucraina.

Su internet negli ultimi tempi sta girando un video (in copertina), realizzato in Russia, che spiega ai russi quanto sarebbe azzardato e deleterio un intervento militare delle forze armate russe in Ucraina. L’Ucraina ormai è in bancarotta, presto il governo di Kiev dovrà rendere conto ai propri cittadini della catastrofe sociale ed economica che si sta preannunciando (sappiamo bene quali sono le riforme strutturali che esige il FMI nei paesi dove elargisce i suoi prestiti); in caso di “aggressione” da parte della Russia, ecco che tutte le colpe ricadrebbero su Mosca.

Gli USA, dal canto loro, stanno per essere travolti dalla crisi del dollaro con un debito che ormai si aggira sui 17 trilioni di dollari! Una guerra, secondo le loro analisi, salverebbe  il paese azzerando il peso di questo debito colossale.

Purtroppo a Washington il “Premio Nobel per la pace” e i suoi collaboratori si sono dimenticati che la Russia non è né la Libia, né l’Iraq, né l’Afghanistan.

Le prospettive alludono ad una guerra mondiale: la “terza guerra mondiale”. La Russia, per scongiurare questa catastrofe planetaria, cerca di non inciampare nelle provocazioni. Nel video si dice: “La scelta è tra una decisione cattiva o molto cattiva, sopportare alcune centinaia di vittime o doverne sopportare diversi milioni?”. Inquietante!

Intanto le provocazioni continuano: anche il 2 di agosto razzi “Grad” lanciati dall’Ucraina sono caduti nella regione di Rostov in Russia . Si sta serrando sempre di più il vortice di eventi che ci porterà verso un conflitto di dimensioni ben più vaste della guerra per l’indipendenza del Donbass. Aspettiamoci, nei prossimi giorni e settimane, nuove provocazioni. Questa sembra ormai la rotta tracciata.


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