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Prove tecniche di Servizio civile universale

Lo scorso 28 luglio la Giunta provinciale di Trento ha approvato le Linee guida del “servizio civile universale provinciale”, una sperimentazione utile per immaginare cosa sarà il Servizio civile Universale a livello nazionale previsto dalla legge delega di Riforma del Terzo settore. Al centro i giovani e non più gli enti

di Redazione

Di servizio civile universale in tanti parlano. Qualcuno comincia a sperimentare, a provare a metterlo in atto. È il caso della provincia di Trento, dove un vasto movimento a favore di questa innovazione del servizio civile è partito nel 2012, rilanciando il “Manifesto per un servizio civile universale” pubblicato in febbraio dalla rivista Vita. Un cartello di una trentina di realtà del terzo settore ha intrapreso un’azione di informazione, di pressione politica, di mobilitazione. Questa ha avuto un ottimo risultato, poiché ad agosto dello scorso anno il Consiglio provinciale ha approvato una modifica alla legge provinciale sui giovani (che regola anche il servizio civile) introducendo in modo formale il “servizio civile universale provinciale”. (In Trentino e in Alto Adige lo statuto autonomistico consente la definizione di “leggi provinciali”, che sono equivalenti alle “leggi regionali” delle Regioni a statuto ordinario).

Ora, al di là dell’evidente ossimoro di questa dizione (cui si risponde spiegando che l’universalità va intesa come apertura indiscriminata a tutti i giovani che vivono sul territorio trentino), ci si è dati subito da fare per dare concretezza al quella che era solo una dichiarazione di principio contenuta nella legge.

È stato avviato un lavoro di riflessione, di confronto, di dibattito che ha portato alla redazione di un documento strategico contenente le Linee guida per il servizio civile universale provinciale (in sigla SCUP). Esso è stato approvato dalla Giunta provinciale nella seduta del 28 luglio scorso, su proposta dell’assessora competente, Sara Ferrari.

I motivi di una scelta
Il punto di partenza sta nella consapevolezza che è ora di ripartire davvero dai giovani, dalla loro reale condizione, dalla situazione che vivono, dal modo in cui affrontano un momento di crisi che per loro è drammatico. Anche in Trentino la disoccupazione giovanile è arrivata a livelli di vero allarme (34% nel primo trimestre di quest’anno).

La pressione che viene dal mondo giovanile porta a comprendere che sempre più le logiche del servizio civile devono essere un caposaldo delle politiche giovanili ed intrecciarsi con quelle delle politiche per la famiglia, del lavoro, dell’istruzione, della cultura, della saluta ecc. Il servizio civile deve farsi carico della condizione giovanile e deve dare il suo specifico contributo per alleviare le difficoltà e migliorare la situazione. Non deve essere una bella esperienza riservata a pochi (i più bravi) ma essere un aiuto ed un sostegno per molti. Il servizio civile deve uscire da dall’immagine stereotipata (che viene da lontano) di una scelta un po’ elitaria, fatta da ragazzi più sensibili o comunque più politicizzati.

È necessario abbandonare quella sorta di ipocrisia, che assegna al servizio civile finalità e significati del tutto lontani e astrusi per i giovani di oggi. Bisogna prendere atto che (da molti anni!) per loro questa è (semplicemente) un’opportunità per imparare un mestiere, per cercare un lavoro, per mettersi alla prova nel mondo adulto, e anche — perché no? — di avere un piccolo reddito.

Allora bisogna partire da questo dato di fatto e rilanciare. Aprire le stanze un po’ asfittiche del servizio civile e cercare nuova linfa, nuovi stimoli, nuovi obiettivi. Tutto questo può e deve restare dentro una logica di formazione alla cittadinanza attiva, che oggi acquista, però, il senso di un pre-requisito alla cittadinanza. Come si può essere buoni cittadini se non si ha un lavoro, se non ci si può fare una famiglia, se non si ha alcun ruolo sociale riconosciuto?

È forse giunto il momento di aprire la terza fase del servizio civile. La prima è stata quella del servizio civile concesso agli obiettori di coscienza, contrari al servizio militare (1972-2001). La seconda è stata quella del servizio civile volontario, parallelo all’istituzione del servizio militare volontario (dal 2001). Si apre oggi una terza fase, caratterizzata da una presa d’atto che tratteggia il servizio civile come un’opportunità per imparare un mestiere, per cercare un lavoro, per mettersi alla prova e per diventare adulti in un tempo di crisi come è quello attuale. Esso rimane una forma di cittadinanza attiva e di assunzione di responsabilità verso la comunità da parte dei giovani, ma in quanto strumento che concorre a rendere autonomi, coscienti, capaci di fare delle scelte.

Scenari possibili
Gli indirizzi strategici descritti nelle “Linee guida”, che sono necessariamente molto generali, pongono le precondizioni per costruire alcune significative innovazioni nella gestione del servizio civile. La realizzazione del SCUP viene annunciata per il primo autunno.

Le “Linee guida” consentiranno di accorciare i tempi e semplificare le modalità di adesione da parte dei giovani, aumentando la frequenza dei bandi (si intende consentire l’avvio di progetti tutti i mesi). Saranno ridotti gli adempimenti richiesti agli enti e rese maggiormente inclusive le modalità di adesione all’Albo. Si intende aprire anche al tentativo di allargare la platea dei fruitori, elaborando modalità per il possibile coinvolgimento del settore privato, fino ad oggi escluso da questa esperienza.

L’esperienza maturata durante il periodo di servizio civile potrà essere valorizzata attraverso la certificazione delle competenze. Il servizio civile sarà occasione di orientamento professionale per i giovani e spazio privilegiato per individuare le proprie competenze personali spendili per un futuro impegno lavorativo.

Una prima sperimentazione del SCUP starà nella realizzazione di “Garanzia Giovani”. Tra le altre misure, infatti, è previsto in questo programma europeo anche il servizio civile, quale modalità per crescere nell’autonomia e inserirsi nel mondo del lavoro.

Un modello possibile?
Il SCUP di Trento è ancora in una fase embrionale e lo si attende alla prova dei fatti. Ci sarà da capire se il modello proposto (studiato per una realtà circoscritta e di limitate dimensioni) potrà dare delle indicazioni anche al livello nazionale.

Certamente sarà necessario che il dibattito romano esca dalle secche della retorica e degli stereotipi ministeriali, per tentare di confrontarsi con la realtà del mondo giovanile di oggi. E che abbia la volontà di cercare strade nuove, rinunciando alla facile ma sterile lamentazione della mancanza di assegnazioni di fondi da parte dello Stato. Anche perché oggi pare proprio che lo Stato di soldi non ne abbia.

di Giampiero Girardi, Direttore Ufficio Giovani e servizio civile – Provincia autonoma di Trento
 


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