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Economia & Impresa sociale 

Tra consumi e distribuzione, il futuro sarà sharing

Italiani equilibristi che si sono fermati sull'orlo del baratro. E per il futuro si va verso la sharing economy e stili di consumo più sobri che non torneranno ai livelli pre-crisi. Questo il ritratto degli italiani nel rapporto Coop 2014, curato da Ancc-Coop, presentato oggi a Milano

di Antonietta Nembri

Un’Italia al palo, spaccata in due con un Sud che fatica molto più del resto del Paese. E gli italiani in tutto questo mostrano una grande propensione a resistere. Torna a crescere il risparmio e allo stesso tempo cambiano modi e stili di consumo: più sobri e più propensi alla condivisione. In altri termini più degli altri europei gli italiani sembrano guardare alla sharing economy grazie al sostegno delle nuove tecnologie. Il rovescio della medaglia è che i nostri concittadini sono anche i più sfiduciati del continente.
È questo in estrema sintesi il ritratto degli italiani che emerge dal Rapporto Coop 2014 “Consumi & Distribuzione” che, redatto dall’Ufficio studi di Ancc-Coop (l’associazione nazionale cooperative di consumatori) con la collaborazione di Ref. Ricerche e il supporto di analisi di Nielsen, è stato presentato oggi a Milano da Enrico Migliavacca, vicepresidente vicario di Ancc-Coop, Albino Russo, responsabile dell’Ufficio studi di Ancc-Coop e dal presidente di Coop Italia, Marco Pedroni.

«Ci siamo fermati sull’orlo del baratro» ha constato Migliavacca illustrando le slide ricche di grafici e cifre. Numeri che raccontano di un Paese che ha visto volatilizzarsi 230 miliardi  di euro, con un meno 15 punti di Pil, negli ultimi sette anni. «L’Italia si sta spaccando in due, il Sud è allo sbando e questo è anche un problema di tenuta sociale», ha continuato mostrando i dati che mostrano come al Sud la recessione abbia colpito in misura doppia che al Nord (-6,7% di Pil contro il -13,5 del Sud). E a far tornare il sorriso non basta la leggerissima ripresa dei consumi che si prevede per il 2014 +0,2% dopo tre anni di segno meno. Non a caso un capitolo della presentazione è stato dedicato all’obiettivo lavoro e alla necessità di allentare la stretta fiscale. Ogni italiano ha 2.700 euro in meno all’anno: la crisi ci ha resi tutti più poveri. Ed è qui che si innesta la sfiducia. Impietoso il confronto con i tedeschi o anche con i cugini francesi. A fronte del 90% dei tedeschi, o il 66% dei francesi che giudica buona la qualità di vita nel proprio Paese, gli italiani sono solo 22. E se i passa alla situazione economica va anche peggio la percentuale dei giudizi negativi degli italiani balza al 91%.

I redditi delle famiglie si contraggono e gli 80 euro del governo? «Vanno nella giusta direzione», osserva diplomatico Pedroni anche se ammette che dalle parti della Coop non ci si aspettava che finissero in un aumento dei consumi. Anche perché la recessione ha richiesto agli italiani un cambio di abitudini, che li ha forse portati a riscoprire qualità che sembravano in via di estinzione come la propensione al risparmio. «Lo sforzo è stato quello di capire che cosa c’è nella testa e non solo nel portafoglio degli italiani. Siamo un Paese che si scopre con meno risorse e soprattutto con l’incapacità di guardare al futuro» ha osservato Russo commentando il dato del 41% degli italiani che dichiarano di destinare al risparmio il denaro, dopo aver soddisfatto i bisogni essenziali mentre i depositi che tornano a crescere. «Ma gli italiani si sono anche dimostrati disponibili a cambiare anche radicalmente le proprio abitudini di spesa» ha osservato a fronte del primo trimestre, dopo 11, in cui la caduta dei consumi si è arrestata.

E come consumano gli italiani? Le parole chiave sembrano essere frugalità e condivisione: meno spostamenti e vestiti, ma anche meno tabacco e alcool. In vetta ai consumi cucina e tecnologia. E sono solo il 44% gli italiani non disponibili a condividere, molto meno degli inglesi e dei tedeschi che sono il 71%. Inoltre, più del 50% degli internauti italiani hanno già provato o è pronto a provare i nuovi modi di consumare. Prima vittima della sharing economy è l’auto, con immatricolazioni ai minimi storici. Meno spese per l’abbigliamento e anche meno pasti fuori casa con un 43% di italiani che sul posto di lavoro si portano la schiscetta.
La condivisione ha investito anche il turismo con un calo nelle strutture ricettive e un aumento delle forme alternative e soprattutto a base digitale come AirBnb. Si sta più in casa e si vive più su Internet e la connettività mobile è sempre più pervasiva del resto, ha osservato sempre Russo il mercato degli smartphone  «è una delle poche cose che cresce», ma è anche un prodotto «killer che azzera il resto del mercato delle tecnologie». Cambia anche il modo di mangiare: è boom del bio (nella sola Gdo il giro d’affari supererà i 700 milioni di euro), crescono gli italiani propensi a stili di alimentazione diversi come vegetariani o vegani e anche l’etnico sta assistendo a un +10%. Nella top ten dei consumi dei più venduti tra 2013 e 2014 svettano i prodotti senza glutine con un +32%.

È toccato infine a Pedroni illustrare i dati del rapporto strettamente relativi alla Gdo e alla stessa Coop che, mantiene la leadership del mercato italiano, un mercato più frammentato di quello di altri Paesi europei dove i primi tre marchi della Gdo rappresentano oltre il 50% del mercato. In Italia siamo al 34%. E guardando al futuro «pensiamo che il 2015 sia l'anno in cui si invertirà la tendenza recessiva ma le famiglie non torneranno ai consumi pre-crisi» ha affermato Pedroni. Il 2015 può essere l'anno dell'inversione del trend "molto negativo" dei consumi, ha proseguito, «a patto che si operi per il sostegno alla domanda interna con provvedimenti a favore della classe più deboli, con investimenti strutturali di ammodernamento del Paese, con politiche di riattivazione del credito alle imprese». Del resto Pedroni ha fatto notare come il rischio deflazione sia molto concreto (i prezzi al consumo fanno prevedere il segno meno) per questo tra le richieste che arrivano da Coop al Governo vi è quella di sostenere la domanda interna e soprattutto di «non toccare di nuovo l’Iva».
«Il governo deve insistere su una politica di apertura del mercato, almeno completando le liberalizzazioni avviate su farmaci e carburanti, e di sostegno alla domanda interna con provvedimenti volti a favorire la natalità», ha concluso Pedroni «Senza figli non c’è ripresa delle aspettative e non c’è incremento dei consumi».
 


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