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Il futuro dei ragazzi difficili? “Lo decide il vento”

Il docufilm menzionato da Vita oggi al Film Festival di Milano. Intervista al produttore e regista Giuseppe Consales: «Ci ha ispirati il centro Kronos, che fa un lavoro straordinario con i ragazzi difficili dei quartieri poveri di Catania»

di Lorenzo Alvaro

All'età di 17 anni Nino viene condannato e arrestato per spaccio e associazione, dopo sei mesi di carcere è affidato all'associazione Centro Koros che promuove la navigazione a vela come strumento di riabilitazione sociale. Michael è il migliore amico di Nino, non ha mai commesso reati ma spiega che spesso si è costretti a spacciare per la semplice sopravvivenza in un quartiere popolare della periferia catanese. Questo il contesto da cui prende il via la serie web "Lo decide il vento”. Un docufilm che racconta questa realtà sociale siciliana, impegnata in percorsi di riabilitazione di ragazzi in difficoltà. Il progetto che è stato menzionato da Vita nell’ambito di “Are you series?”, rassegna del Milano Film Festival e che sarà proiettato oggi pomeriggio alle 18.30 al teatro Strehler nell’ambito dell’incontro “Raccontare il non profit: il cinema incontra il Terzo Settore”. Fra i relatori il Giuseppe Consales, che di “Lo decide il vento” è regista e produttore.

 

Che cos’è “Lo decide il vento”?
È una puntata pilota per una eventuale serie web. Avevamo l’esigenza di raccontare questa storia relativa ad una associazione che recupera giovani in difficoltà. Poi è nata la possibilità di partecipare al Milano Film Festival. E da lì nasce tutto il percorso

Se uno pensa ad una serie è portato ad immaginare una narrazione cinematografica. Voi invece avete optato per la strada del documentario, perché?
In realtà è stato un caso. Essendo una storia molto reale, con personaggi fantastici al naturale. Abbiamo deciso che la strada giusta era catturare i loro pensieri nel loro contesto abituali: in quartiere, in macchina, mangiando cibo di strada

Chi è, Nino, il protagonista della storia?
Uno dei tanti ragazzi “sfortunati” di Catania. Nato in un quartiere popolare, senza grandi possibilità e alla mercé della malavita e della droga. Lui, come tanti altri, sono i protagonisti del lavoro quotidiano di Centro Kronos

E il rapporto con Centro Kronos come nasce?
Tre anni fa ho deciso di prendere lezioni di barca a vela. Sono molto appassionato di immersioni. Ho sempre visto il mare dal basso. Volevo provare a vederlo dall’alto. E così ho scoperto il loro lavoro

Cosa ti ha fatto innamorare così del loro lavoro?
Questo utilizzo della barca per riabilitare i ragazzi. La metafora tra la vela e la vita. L’idea che è il vento a decidere, ma poi ci sei tu, protagonista, che puoi affrontare il vento e trovare la tua strada. Tutti i ragazzi dicono che in barca dimenticano i problemi. E senza accorgersi imparano delle regole. Imparano a misurarsi. Imparano a stare al mondo.

 Vita vi ha menzionato. È stata una bella sorpresa?
Bellissima. Ancora più belle le sono state le parole del vostro direttore Riccardo Bonacina che premiandoci ci ha detto che il nostro lavoro restituisce la realtà che raccontiamo senza buonismi e moralismi. Era il nostro obiettivo.


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