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San Patrignano: Con la cannabis non si ripeta l’errore fatto con l’azzardo. No alla legalizzazione

Dalla Comunità non hanno dubbi: «oggi è sempre più evidente la crescita dei malati di gioco patologico. Lo stesso accadrebbe con le droghe leggere»

di Redazione

Letta la Relazione al Parlamento sulle tossicodipendenze 2014 presentata ieri dal Dipartimento politiche antidroga, ci preoccupa e non poco l’aumento del consumo di cannabis fra i giovani, uno su quattro nel 2013. Numeri che senza dubbio sono figli del clima permissivista che si è respirato in questi anni e in questo ultimo periodo in cui si parla sempre più di legalizzazione, con personaggi del calibro del dottor Veronesi che ne minimizzano la pericolosità e trasmissioni Rai come “Presa diretta”, che fanno vera e propria propaganda della legalizzazione, dimenticandosi forse di essere servizio pubblico.

Un dibattito superficiale che porta sempre più giovani a convincersi che le canne non facciano male, forti anche di una legislazione che gli va incontro, con uno spaccio sempre più tollerato, forte del suo ingresso a tutti gli effetti nel calcolo del Pil.

Nessuno però che si preoccupi della salute degli adolescenti, evitando di sottolineare gli effetti dannosi della cannabis, come i disturbi dell’attenzione, la diminuzione del quoziente intellettivo, fino alla schizofrenia.

Eppure un esempio negativo di legalizzazione è sotto gli occhi di tutti e ampiamente sottolineato nella stessa relazione al Parlamento, vale a dire quello del gioco d’azzardo. Le slot machine furono legalizzate anni fa in favore delle casse statali, nella certezza che i guadagni  avrebbero potuto far fronte anche ai necessari progetti di prevenzione. Peccato che oggi, nonostante le continue campagne di prevenzione, è sempre più evidente la crescita dei malati da gioco, con tre nuovi dipendenti al giorno solo nell’ultimo anno e sempre più famiglie rovinate.

Siamo convinti che lo stesso accadrebbe con la cannabis. E noi ci troveremmo ancora una volta ad assistere a decisioni che vanno contro i nostri principi educativi. Perché, piuttosto, non ascoltare le voci dei ragazzi che già si trovano nelle comunità e delle loro famiglie già in difficoltà a causa del vuoto educativo che contraddistingue sempre più la nostra società?


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