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Caro don Zappolini, la legalità non sia un alibi

Che cosa ci fa don Armando Zappolini a braccetto Confindustria Gioco? Che cosa lega la campagna "Mettiamoci in gioco" a quelle che, fino a pochi mesi fa, chiamava "lobby"? Per conto di chi ha firmato un protocollo d'intesa con loro? Per conto di Libera, CGIL, CISL, ARCI, ACLI, AUSER? E su che contenuti ha firmato? Il testo del Protocollo e qualche triste considerazione

di Marco Dotti

Lo avevamo lasciato che giocava a biliardino con Laura Boldrini, per sensibilizzare le masse sui pericoli del gioco d'azzardo. Passi per il biliardino, ma ora, don Zappolini, ce lo ritroviamo davanti alle slot machines. Anche qui, la ragione addotta dal pastore è la stessa: sensibilizzare il gregge.

 

Sul profilo facebook della Campagna Mettiamoci in Gioco, di cui Zappolini è portavoce, appare un orgoglioso proclama. Eccolo:

Beatamente usciti da uno stato di minorità pare che ai protagonisti della campagna siano sfuggiti sia i fini che le pratiche della battaglia contro l'azzardo di massa. Singolare a dir poco l'iniziativa del prete Zappolini che, nella giornata di oggi, ha deciso di firmare un accordo con quelle che fino a pochi mesi fa, anzi "fino a un anno fa) – poi le cose sono cambiate, a quanto apprendiamo – non esitava a definire "lobby", ossia Confindustria Sistema Gioco, associazione che rappresenta gli interessi del settore dell'azzardo legale italiano. Singolare che come recita il comunicato stampa, oggi la Campagna Mettiamoci in gioco scriva “La proposta fondante sarà il Codice di Autoregolamentazione di Confindustria Sistema Gioco Italia (SGI)” (sic).

Singolare che il presidente di Cnca, il Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza, promotore di una campagna di sensibilizzazione contro l'azzardo di massa si sia seduto a un tavolo non per parlare, non per confrontarsi, nemmeno per farsi sponsorizzare una qualche attività. No, si sia seduto al tavolo per firmare, nero su bianco, quella che a noi pare una resa ma che necessita di qualche chiarimento da parte di don Zappolini. I lobbisti fanno il loro interesse, legittimo per carità.

Ma don Zappolini di chi fa l'interesse? Fa forse l'interesse dell'Arci, dell'Acli, della Cisl, della CGIL, di Libera, del Gruppo Abele, della Uil, dell'Azione Cattolica? Mettiamoci in gioco, diceva tempo fa un orgoglioso Zappolini, raccoglie decine di associazioni e realtà pubbliche e private. Quelle appena elencate e altre ancora (le potete leggere ►qui).

Che cosa significa questo? Che don Zappolini si è impegnato per nome e per conto di tali associazioni e sindacati e enti pubblici e privati vincolandoli a un accordo con Confindustria Gioco?  Armando Zappolini ha firmato per conto di Don Ciotti, Susanna Camusso, Don Colmegna e via discorrendo? Ne sanno qualcosa costoro? Sono stati informati? 

E poi: su che cosa "ha firmato"? Non era lui a contestare alle lobbies il "boicottaggio del decreto Balduzzi" di cui tanto andava fiero? Dichiara don Zappolini, con linguaggio doroteo degno però non di Moro, ma del Catalano di Quelli della notte: 

«Abbiamo deciso di farlo perché pensiamo che solo un accordo con i principali attori coinvolti possa portare a misure realmente efficaci sia rispetto alla tutela delle persone, in particolare di quelle più fragili, sia rispetto alla tutela della legalità e al contrasto alle infiltrazioni mafiose. Ora tocca anche alla politica fare la propria parte, approvando in tempi rapidi una legge quadro sul tema».

Singolare affermazione, questa di Zappolini, che di politici (dalla Boldrini a Chiti) ama circondarsi. Singolare che una forza che si definiva antagonista fino a qualche mese fa, oggi sia tarallucci e vino contro la forza uguale e contraria. Singolare che a colpi di comunicati stampa, don Zappolini, "prete di strada " e, a quanto pare, anche di firma, pretenda di dettare tempi alla politica. In nome di cosa? In nome di una legalità che non sa nemmeno lui che cosa stia, qui, a significare.

La legalità, caro don Zappolini, è una coperta troppo corta che nulla spiega. Nulla spiega di questo paradosso che si definice "azzardo legale". Ma da qualche mese a questa parte, Don Zappolini ha smesso di parlare di azzardo, o meglio: con scrupolo algebrico usa il termine solo per indicare "fenomeni mafiosi". Per il resto, almeno da giugno, don Zappolini e i suoi fedelissimi amano rivolgersi all'azzardo legalizzato con termini più blandi, come "mercato dell'alea".  Forse che nello slittamento semantico si nascondano ben più umane verità? Forse che una terra Libera dalla Mafia è una terra Schiava nelle sue Parole? 

Già, le parole! Nel Protocollo di cui la campagna Mettiamoci in gioco, le parole sono importanti, da oggi infatti vi è anche un passaggio, inacettabile, triste e incredibile. Eccolo: «Le parti adotteranno la dizione “gioco con alea con posta in denaro” per identificare le tipologie di attività di gioco/scommesse/lotterie/ed altro autorizzate dalle preposte Autorità»? Insomma, la  Campagna si è fatta rubare (anzi si è letteralmente giocata!) il linguaggio e fatta imporre le parole!

Infatti nel Comunicato di oggi di MEttiamoci in gioco il linguaggio è cambiato. E si dice che: “Le aree su cui verranno sviluppate azioni comuni sono quattro e partono dal contrasto all’illegalità che nel mondo del gioco con alea con posta in denaro (quello che comunemente ma non correttamente dal punto di vista giuridico si definisce gioco d’azzardo)”. Tristezza!

Ricordiamo  in tal senso ben altre parole dell'allora capo della Conferenza Episcopale Argentina, il futuro Papa Francesco: "il gioco d'azzardo è un cancro sociale" (qui puoi leggere il documento) e invitava a denunciarlo ""sin eufemismos". Avete letto bene: senza eufemismi.  Immunizzarci con chiacchiere banali e scontate sulla legalità non fermerà il contagio. La legalità diventa ben più di un eufemismo, diventa un alibi.  Ci rende complici, schiavi o – tertium datur – avversari inutili alla causa, ma utilissimi all'avversario.

@oilforbook


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