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Don Ciotti: dell’accordo con Confidustria Gioco non sapevo nulla

È almeno una decina d’anni che denuncio – con Libera e il Gruppo Abele – il pericolo della retorica della legalità o, peggio, di una legalità separata dalla giustizia sociale. Questo vale ovviamente anche per il gioco d’azzardo, a cui non basta l’aggiunta della parola legale per giustificarne i danni.

di Luigi Ciotti

All’articolo pubblicato su Vita.it – “Caro don Ciotti, chi non dice no alle sale gioco è ancora complice?” – Libera e il Gruppo Abele risponderanno con una nota congiunta. Ma poiché il testo mi chiama in causa in prima persona, vorrei precisare nel frattempo alcune cose.

La prima è che trovo ingiusto, soprattutto nei toni e nei modi, l’attacco a don Armando Zappolini, persona attenta, generosa e che da tanti anni, oltre che nel suo impegno pastorale, si spende nell’accoglienza e al servizio degli altri.

La seconda è che del protocollo d’intesa firmato dalle realtà di “Mettiamoci in gioco” non sapevo assolutamente nulla e tuttora ne ignoro i contenuti. Aggiungo che su temi così delicati, che coinvolgono la vita delle persone, bisogna continuare a confrontarsi schiettamente, nel rispetto dei ruoli, nella disponibilità di ascoltare le altrui ragioni e soprattutto nella chiarezza degli obbiettivi. Solo con questi presupposti si potrà arrivare a mettere in campo azioni concrete a tutela delle persone. 

La terza è che le mie posizioni non sono cambiate e non solo da maggio scorso. È almeno una decina d’anni che denuncio – con Libera e il Gruppo Abele – il pericolo della retorica della legalità o, peggio, di una legalità separata dalla giustizia sociale. Se una legge non ha come fine ultimo la dignità e la libertà delle persone, può diventare uno strumento di discriminazione, di esclusione, perfino di abuso. Questo vale ovviamente anche per il gioco d’azzardo, a cui non basta l’aggiunta della parola legale per giustificarne i danni.

Una quarta e ultima cosa riguarda il taglio dell’articolo. Il giornalista mi chiama in causa facendo riferimento a un’intervista rilasciata a lui medesimo nel maggio scorso. Se aveva bisogno di avere chiarimenti, non aveva che da interpellarmi, invece d’ipotizzare cambiamenti di linea o, peggio, parole insincere. Credo sia anche questa etica dell’informazione.

Nota di Marco Dotti: Caro don Ciotti, ho provato a chiamarla tutto il giorno ma il suo cellulare non risultava raggiungibile. Se avessi voluto attribuirle parole insincere mi sarei comportato in ben altro modo. Invece è proprio per il rispetto che nutro per lei e per il peso che ogni parola ha in sé, che le ho voluto segnalare quella che a me pare una svendita di parole. Ciò che lei chiama "taglio dell'articolo" è nient'altro che sdegno per un fatto, una firma, che ovviamente non si è materializzata dal nulla, ma grazie a mesi e mesi di trattativa portati avanti da don Zappolini e altri, tra cui, mi corregga se sbaglio, anche esponenti di Libera. Quando leggerà l'accordo firmato anche a nome di Libera e del Gruppo Abele da don Zappolini se ne potrà rendere conto e sono certo si sdegnerà quanto me e ben più di me. Della sua coerenza non ho mai avuto modo di dubitare.  Ma avevo ragione a nutrire un altro dubbio: che lei non sapesse. A quanto mi risulta, comunque, le trattative che hanno portato a questa firma sono durate 8 mesi, quindi, tempo per informala don Armando Zappolini ne ha avuto. Ma questo riguarda i vostri rapporti. Limitiamoci ai fatti: c'è stata una trattativa, c'è stato un accordo e c'è stata una firma che, in qualche modo, a me pare la chiami in causa contraddicendo – questa sì! – le sue belle e chiare parole contro lo sterile legalismo. Se Lei che rispetto si è sentito offeso me ne dolgo, ma era della sua Parola, che so forte e sincera che chiedevo presenza. Il mio articolo era un appello,  in una battaglia che lei sa, ben più di me, tanto delicata e lesiva per la vita di migliaia di persone. Ora di questo accordo firmato anche per Libera e Gruppo Abele Lei sa e può dirci qualcosa di più. E il mio umile compito mirava a questo, non a altro.  Troverà ►qui, però, una breve cronologia della vicenda.  Con stima grande M. D.

 

 


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