Solidarietà & Volontariato

È l’ora del Servizio di Volontariato Scolastico

Un'indagine sugli orientamenti al volontariato degli studenti di Scuola Secondaria di Secondo Grado in Emilia-Romagna aprirà alla richiesta di una sperimentazione nazionale. «I giovani vogliono fare e questo impegno ha un impatto enorme sia sul loro rendimento che sulla formazione. Bisogna sfruttare questa enorme ricchezza», spiega Andrea Bassi, professore associato di Sociologia Generale dell'Università di Bologna, che ha condotto lo studio

di Lorenzo Alvaro

L'indagine si chiama "Imparare aiutando” ed è l'ultima tappa di un percorso lungo tre anni intrapreso dalla Regione Emilia-Romagna. «Il progetto prevedeva una serie di azione di fare nelle scuole, l'attivazione di un sito internet e la schedatura delle principali attività di lavoro volontario degli studenti delle superiori in Emilia», racconta Andrea Bassi, professore associato di Sociologia Generale dell'Università di Bologna ed esperto di non  profit, che ha lavorato al documento (insieme a Ivo Colozzi e Francesca Cremonini). «È nata così l'idea di fare un'indagine più approfondita per capire se il modello americano di Community Service Learning attivo nelle scuole potesse essere un strada percorribile anche in Italia». La ricerca verrà presentata a Bologna alla presenza di  Luigi Bobba, sottosegretario al Lavoro. Abbiamo chiesto al professore di spiegarci i risultati.

 

Andrea Bassi, professore associato di Sociologia Generale dell'Università di Bologna

Come nasce questa indagine?
Siamo partiti dall'idea di rendicontare le principali attività di lavoro volontario degli studenti delle superiori in Emilia. Per farlo abbiamo pensato ad un questionario. A quel punto però abbiamo deciso di renderlo più interessante aggiungendo, oltre alle domande sull'impegno degli studenti, anche la proposta di un volontariato scolastico per vedere le reazioni

Come avete strutturato i questionari?
L'indagine ha preso in esame  1200 studenti di scuola secondaria. È un campione che non è rappresentativo al 100% in termini statistici ma è ragionato e mira a riassumere tutto il panorama scolastico regionale. Il questionario era suddiviso in 5 blocchi. Di questi i più importanti sono il secondo, che comprendeva sette domande volte a rilevare il concreto svolgimento di attività di volontariato da parte degli studenti intervistati e il terzo, che invece mirava ad indagare le opinioni degli studenti in merito alla proposta di svolgere un “Servizio di Volontariato Scolastico” nel corso della scuola superiore, come parte integrante del curriculum formativo.

Che tipo di feedback ha riscontrato?
In primo luogo la dimensione “quantitativa” di chi si impegna nel volontariato è rilevante: corrispondendo a poco meno di un quarto dei rispondenti (24,1%). Anche l’ammontare di ore settimanali è significativo presentando una media di 4,4 ore e una mediana di 3 ore di impegno continuativo, di rilievo è anche l’ammontare di ore su base annua, i due terzi dei rispondenti infatti dichiara di svolgere fino a 120 ore annue e ben il 16% oltre 200 ore. La dimensione organizzativa in cui si svolge l’attività di volontariato è in prevalenza locale: le voci “gruppo spontaneo” e “associazione locale” infatti rappresentano il 70% dei rispondenti. Per quanto riguarda l’influenza della scuola si registra la seguente situazione: se da un lato ben i due terzi degli studenti dichiara che gli insegnanti hanno trattato dell’argomento volontariato, le risposte scendono a poco più di un quinto per coloro che hanno avuto insegnanti che li hanno coinvolti in attività di volontariato. La quasi totalità degli studenti accoglie positivamente l’idea di una sperimentazione del Servizio di Volontariato Scolastico (93%), così come la stragrande maggioranza si dichiara d’accordo a svolgere tale attività nell’ambito del curriculum scolastico (89,8%) di cui un quarto “molto d’accordo” (27,8%). Gli studenti intervistati però propendono, nella quasi totalità, per lasciare tale esperienza “a scelta” (91,3%) e non a renderla “obbligatoria” (opzione scelta solo dal 8,7%). Così come elevata è la percentuale di coloro che ritengono che a tale servizio/attività debbano essere riconosciuti crediti (78,7%).

Il vostro modello di volontariato scolastico è il Community Service Learning americano, come funziona?
I ragazzi negli Usa, con modalità diverse a seconda degli Stati, devono o possono fare un'attività di servizio alla comunità di 40/60 ore. Queste attività dà crediti formativi e ha un peso curricolare. La cosa interessante è che negli Stati Uniti hanno dimostrato, monitorando il percorso dei ragazzi, che questa attività ha un forte incidenza sui ragazzi. Non solo nell'ambito del rendimento scolastico, ma anche per quello che riguarda l'ambito personale, la partecipazione civica, le relazioni sociali, l'etica e le competenze per il futuro percorso professionale.

Ritiene che anche in Italia l'impatto sarebbe altrettanto positivo?
I dati che l'indagine ci ha fornito ci permettono di stabilire che lo svolgere attività di volontariato incide positivamente sulla performance scolastica (tra gli studenti volontari assidui c'è il 14,3% di bocciati rispetto al 18,5% del campione; e gli il 28,3% di rimandati, rispetto al 35,5% del campione)

In conclusione dunque converrebbe cominciare a sperimentare il Servizio di Volontariato Scolastico?
Lo stesso impegno che si sta mettendo in campo per la costituzione di un Servizio Civile Universale dovrebbe essere messo in campo anche per un SVS. Per questo chiedermelo al Ministero, presentando la ricerca insieme a Luigi Bobba, sottosegretario al Lavoro, che ci sia da parte del Governo la disponibilità alla sperimentazione. Il volontariato continua a ricoprire, da un punto di vista educativo, un ruolo fondamentale. La ricerca dimostra infatti l'interessa e la disponibilità al fare dei ragazzi. Oggi abbiamo l'idea che la scuola sia indietro, soprattutto dal punto di vista tecnologico. La soluzione però non è dare una Lim (Lavagna interattiva multimediale ndr) ad ogni classe. La soluzione è il fare, l'imparare lavorando. La forza del volontariato sta in tre questioni centrali: l'approccio intergenerazionale, il rapporto con problemi reali e il lavoro. Per i ragazzi è fondamentale infatti rapportarsi con adulti che hanno un ruolo forte (come i tutor mesi a disposizione dalle associazioni). Di grande rilevanza per lo studente è anche incontrare problemi veri e situazioni forti come i malati terminali o la disabilità grave. Di fronte a certe cose l'ultimo modello di IPhone non è più così centrale. E infine il fare: mettere in pratica quello che si studia rende lo studio concreto e affascinante.

Per ulteriori informazioni sulla presentazione della ricerca clicca qui
In allegato la sintesi e le slide di presentazione dell'indagine Imparare Aiutando 
 


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