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Periferie. È l’ora della guerra tra poveri

È la violenza ormai la risposta al disagio, alla povertà e alla crisi nelle periferie italiane. Caritas Roma si è appellata alle istituzioni perché si trovino soluzioni dopo i fatti di Tor Sapienza. Ma la capitale è lo specchio di tutte le città italiane

di Lorenzo Alvaro

«La comunità cristiana oggi ancora di più deve rendersi visibile e partecipe con la preghiera e iniziative di solidarietà e integrazione. Le parrocchie e i sacerdoti, che in quei territori rappresentano spesso gli unici punti di riferimento, svolgono un lavoro enorme di vicinanza e di supporto alla popolazione. A tutti il compito di far sì che il disagio di tanti si trasformi in maggiori diritti e che la protesta non sia contro l’altro ma a favore della giustizia».

Così è intervenuta la Caritas di Roma nel lanciare l'allarme dopo il bollettino di guerra che arriva dalle notti di Tor Sapienza. Perché in questo inizio di campagna elettorale non ancora esplicitata, la politica ha deciso che il terreno di scontro sia la guerra tra poveri che si sta consumando in tutte le periferie del Paese. Per dirla con le parole del sociologo Marco Revelli, «che siano rom, migranti, homeless, o occupanti di case, si tratta dei piani più bassi del già pesante edificio della crisi. Il fatto che vengano usati trasversalmente come strumento retorico di propaganda elettorale è un crimine contro l'umanità».

Ed è proprio questo che sta succedendo. Il risultato è una guerra senza quartiere. Immigrati contro italiani, regolari contro irregolari, abusivi contro affittuari, occupanti contro proprietari. «Tutti contro tutti, Stato di violenza, vuol dire liberarsi dalla sofferenza, quando i nostri sogni si fanno illusioni… …Stato di emergenza, Stato disumano, Stato che nessuno ti darà una mano, è solo questione di sopravvivenza è la rimozione della mia coscienza», cantavano i Ritmo Tribale nella canzone “Stato Di Rovina” che oggi sembra quasi profetica.

Il gioco è ormai noto: si cerca un nemico comune per arraffare qualche voto. Come sottolinea la Caritas «la spregiudicatezza di politici che cavalcano il malcontento delle periferie attirando i gruppi più estremi e facinorosi e spingendo la popolazione a una “guerra fra poveri”, la mancanza di riferimenti culturali in una città che appare rassegnata, il clima politico di estrema precarietà». Si parla di Roma ma è lo specchio su cui si riflettono tutte le città italiane.

In particolare Milano. Ma anche Torino. La tensione si alza, in parte creata ad hoc per la corsa elettorale, in parte inevitabile di fronte ad una crisi economica che si fa sempre più pesante, l'aumento degli sfratti per lo più dovuta a morosità incolpevole, l'aumento inarrestabile di nuove povertà. Dati che si sanno da anni (Sicet e Politecnico di Milano ne parlano dal 2012). Tutto questo di fronte ad una politica che nel migliore dei casi, come scrive Caritas, è incapace «di proporre soluzioni serie e di prospettiva» nel peggiore pensa al business.

Milano è l'esempio più lampante di questa schizofrenia. Il cantiere più grande d'Europa ha dimenticato le periferie per costruire grattacieli. Ha dimenticato i 4 milioni di metri cubi di edilizia abbandonata per costruirne altri milioni di edilizia di lusso, senza mercato. Mentre le periferie affogano nelle esondazioni di Seveso e Lambro, o implodono nella tensione sociale, si continua a costruire un polo scintillante destinato a pochi ricchi che per altro non sembrano interessati.

La città meneghina vive da anni il problema dell'acqua. Il troppo cemento ha reso il terreno impermeabile. Ogni volta che piove un po' più del normale interi quartieri vanno sott'acqua. Problema comune a tutto il Paese. Ma Milano ha l’Expo. Ma invece di porre rimedio al problema e attrezzare la città per il futuro, si è assistiti all'ennesimo speculazione. Arrivando a cementificare anche il terreno ex agricolo di Rho Pero, destinato alla Fiera Internazionale, come ci disse Stefano Boeri qualche mese fa spiegando che è, «una scelta efferata di cui non si capisce la ratio, anzi è meglio non capirla». Altro cemento. Altri allagamenti assicurati.

E intanto, mentre la politica latita e la miseria avanza, ingrassano gli estremismi. Nuovi razzismi serpeggiano per le vie periferiche delle città, nutriti più dalla disperazione che dall'ideologia e forse per questo molto più pericolosi.

E la stampa? Caritas Roma si appella a «gli operatori della comunicazione perché non alimentino tale clima di paura e impotenza». In tutta risposta la caccia allo scoop e, come cantava Gaber «il disastro umano col gusto della lacrima in primo piano» hanno la meglio, almeno a vedere gli ultimi programmi dedicati all’argomento.


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