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No Slot a Bruxelles

Un fenomeno in continua espansione, che desta preoccupazione sul piano educativo, economico, sociale. L'azzardo legale avanza in tutta Europa, con regole contraddittorie e incerte. Mentre cresce la povertà relazionale e materiale, crescono i profitti del settore e aumentano esponenzialmente i rischi, soprattutto per i più giovani. Un dibattito No Slot al Parlamento Europeo fa il punto della situazione

di Redazione

Si è concluso ieri, al Parlamento Europeo di Bruxelles, l’incontro “Stop Slot”. Organizzato da Patrizia Toia, capo delegazione Pd nello stesso parlamento europeo e vicepresidente della Commissione per l’Industria, la Ricerca e l’Energi. Un incontro che ha visto numerosi interventi e registrato un interessante dibattito.

da sinistra: Elena Gentile, Patrizia Toia, Christel Schaldemose e Flavio Zanonato

Dopo l'apertura di Patrizia Toia, che ha ribadito come il fenomeno si stia diffondendo in modo preoccupante in tutta Europa, tanto da avere attirato l'attenzione di molti parlamentari che guardano all'Italia come al Paese con più problemi, ma forse anche con qualche soluzione possibile da offrire, il primo intervento  è stato quello dell'europarlamentare danese Christel Schaldemose.

Schaldemose ha ricordato come sia più che mai necessario considerare le attività legate al gambling quali attività economiche del tutto particolari. Queste attività destano preoccupazione e richiedono altissimi livelli di attenzione. Considerare questa attività imprenditoriale alla stregua di tutte le altre, significa non cogliere il problema di fondo.

Ci sono attività che impattano o, peggio ancora, intaccano i beni della salute, della coesione sociale, della libertà di scelta. L'azzardo di massa, legale, diffuso e onnipervasivo anche a causa di giochi "embedded", ossia preinstallati su telefonini e tablet, non deve lasciare indifferenti né i decisori, né gli osservatori politici.

"No ordinary commodity": non è un prodotto qualsiasi

Sul tema della vera o presunta libertà di impresa e di scelta da parte del "consumatore" ha insistito Marco Dotti, dell'Università di Pavia. Attraverso una case history, Dotti ha ricordato come occorra decostruire due miti fondativi delle retoriche del settore del gioco d’azzardo legale, industriale e di massa:

1) il mito che l’industria del gambling offra "prodotti" come tutti gli altri, merci qualunque, e, anzi, rappresenti un’offerta di prodotti sicuri e controllati là dove  esisterebbe una “naturale domanda di gioco” (mito della “domanda di gioco che pre-esiste all'offerta”);

2) il mito della libertà di scelta, rispetto a prodotti che in larga parte sono strutturati e progettati per limitare in massimo grado la libertà individuale, pur simulandola (mito del “giocatore responsabile, sottinteso: della propria rovina”).

Il professor Jim Orford, dell'Università di Birmingham e di Gambling Watch UK, ha invece mostrato come in Inghilterra le macchine – oltre alle scommesse sulle corse dei cani – stiano pervadendo il settore. “L’azzardo (gambling) è potenzialmente pericoloso“, ha osservato il professor Orford, ma “l’azzardo attraverso le macchine è particolarmente pericoloso”. L’azzardo, anche per Orford, non è una “ordinary commodity”: non è merce qualsiasi.

Andamento della spesa dei giocatori problematici in UK

In particolare, il professor Orford ha insistito sul tema della “addiction by machine” illustrando un caso in cui “l’azzardo da potenzialmente, diventa assolutamente pericoloso”: il caso delle FOBT machines.

Una macchina "FOBT" in Inghilterra

Un "fixed odds betting terminal" è una macchinetta diffusae nei locali e nei circoli del Regno Unito dal 2001  che permette di scommettere su eventi a quota fissa.  Insomma, una scommessa totale, totalmente destabilizzante sul piano sociale, educativo, relazionale. Per questo Riccardo Bonacina ha ricordato ai deputati europei che nelle scorse settimane sono arrivati sui tavoli della Commissione due faldoni inviati dall'industria del gioco d'azzardo: il primo inviato al dipartimento “Aiuti di Stato e Conorrenza” contro le norme di tanti enti locali italiani, il secondo alla DG Enterprise and industry per rivendicare per l'industria dell'azzardo la totale libertà di impresa. Due dossier su cui, ha detto Bonacina, prestare molta attenzione.

da sinistra: professor Jim Orford; Riccardo Bonacina, presidente Movimento no slot, Simone Feder, Casa del Giovane Pavia; Franco Taverna, direttore Fondazione Exodus

Simone Feder (Coordinatore Comunità Casa del Giovane e Movimento No Slot) ha rafforzato l’accento sull’emergenza educativa, ricordando che a questa sfida si risponde sul piano culturale. Feder ha ricordato alcuni numeri relativi alla situazione italiana e, in particolare, di alcune province lombarde su cui è stata condotta una ricerca.

La sfida educativa

La Camera di Commercio di Milano – ha ricordato Feder – calcola che in Italia sono quasi 11mila le imprese dell’azzardo con una crescita stimata del 17,1% in un anno (dal 2012 al 2013). Secondo una ricerca del Ministero della Salute (Relazione al Parlamento sulle tossicodipendenze- 2012) la popolazione italiana totale è di circa 60 milioni di persone, di cui il 54% sarebbero giocatori d’azzardo (dato rilevato con la domanda “Lei ha giocato d’azzardo almeno una volta negli ultimi 12 mesi?”). La stima dei giocatori d’azzardo problematici varia dall’1,3% al 3,8% della popolazione generale mentre la stima dei giocatori d’azzardo patologici varia dallo 0,5% al 2,2%.

Nel 2013 in Italia sono stati giocati 84,7 miliardi di euro. A fronte di queste cifre, sono i più giovani le vere vittime, spesso indirette, ma non meno segnate da questa piaga sociale. Concentrandosi su Pavia, spesso definita giornalisticamente la “capitale italiana del gioco d’azzardo”, Feder ha ricordato che in città e provincia ci si gioca circa l’8 % del PIL provinciale e nel 2013 sono stati “giocati” in azzardo1,5 miliardi di euro con una spesa pro capite stimata in 2954 euro.

Presa diretta: una vignetta di Giovanni Beduschi dedicata a Patrizia Toia

Nel 2012, proprio a Pavia, ha proseguito Feder, è stata effettuata una ricerca nelle scuole secondarie di secondo grado, su un campione di 1864 studenti di età compresa tra 14 e 15 anni, di cui il 50,1% maschi e il 49,9 femmine 49,9%: è emerso che il 15% dei ragazzi ha giocato almeno una volta a una slot machine o giochi simili. La maggior parte di loro ha giocato la prima volta tra 12 e 14 anni, alcuni affermano addirittura di aver giocato prima dei 10 anni. Il 70% di loro ha dichiarato di giocare meno di una volta al mese e nell’86% dei casi i ragazzi giocano meno di 10 euro. Esiste pertanto una discreta percentuale di giovani (30%) che si avvicina all’azzardo in modo costante con una frequenza almeno mensile (per l’1,8% anche giornaliera). Questo non può non preoccupare, visto che il cosiddetto “tempo di latenza” per il manifestarsi di patologie e o problematiche conclamate legate al gambling è di circa 7 anni. Il che significa che se non interveniamo ora, tra sette anni avremo problemi ben più seri da affrontare”.

 

​Oltre la logica della clinica

Franco Taverna, coordinatore della Fondazione Exodus, ha insistito sulla sfida educativa, tanto locale quanto globale. L'Europa ha posto sotto osservazione il fenomeno dell'azzardo online, ma spesso i ragazzi giocano altrove, là dove viene fatto loro credito (scommesse, etc.). Non basta lavorare sulle patologie, bisogna insistere, ha detto Taverna, sul piano educativo.

“Nella ricerca delle soluzioni prevalgono due linee: quella che considera l’azzardo una pericolosa malattia e quella che cerca di minimizzare il problema cercando un compromesso dignitoso con questa deriva, per non andare “troppo” fuori strada".

In altre parole, ha proseguito Taverna, sul tema "c’è chi tenta un approccio di tipo sanitario alla ricerca di un antidoto miracoloso contro l’ennesima malattia del secolo e chi, un poco rassegnato davanti alla degenerazione dei costumi, propone più cautamente un compromesso col nemico, nella speranza di una riduzione del danno. Veniamo dal fallimento delle case di cura per le droghe e ora ci vogliono riprovare con le “dipendenze” da gioco. Vogliono farci credere che questa sia la soluzione, perché è la più facile, anche se molto costosa è quella più a portata di mano, che ci toglie in fretta dall’imbarazzo di domande impegnative”. 

Una “soluzione” non è tale se  non intacca minimamente il problema, ma lo “esternalizza”, continuando imperterrita nei propri profitti. Per questo, ha concluso Taverna, anche a fronte dell’ambiguità di certi Stati, occorre una nuova alleanza Europa-Regioni sul fronte educativo e preventivo.

 

​Una mostra itinerante-militante

"STOP SLOT ! –  Azzardo: non chiamiamolo gioco!" è anche una campagna, parte del semestre europeo italiano, che consiste in una mostra itinerante con l'obiettivo di fornire alle giovani generazioni un punto di vista diverso per arginare il gioco d'azzardo e fornire un cambiamento culturale sul tema. 

 
La chiave scelta è l'ironia: 36 vignettisti italiani, infatti, hanno messo a disposizione la loro creatività per realizzare le 60 vignette che compongono la mostra. 60 immagini costruite per farsi delle domande, per capire che l'azzardo non è un gioco. A rappresentarli, c'era Giovanni Beduschi.
 
Questi i Cartoonist che hanno collaborato alla mostra: Gianni Audisio, Franco Bacci (Bac), Giorgio Barchetti (Bold), Giovanni Beduschi, Andrea Bersani, Enrico Biondi, Angelo Campaner, Luciano Caratto, Giacomo Cardelli (Jack), Athos Careghi, Mariano Congiu, Alice Colombo, Lele Corvi, Paolo Delvaglio, Francesco Dotti, Pietro Francioso, Marco Fusi, Roberto Giannotti, Alfio Leotta, Frago, Carlo Mantovani (Pirellone), Roberto Galavotti (Bekko), Claudio Mellana, Fabrizio Pani (Panif), Danilo Paparelli, Pierpaolo Perazzolli (EDYPerazz), Luca Ricciarelli, Tiziano Riverso, Oscar Sacchi, Doriano Solinas, Giovanni Soria, Carlo Sterpone, Salvatore Testa, Anna Tosin, Paola Tosti, Antonio Tubino.
 
Qui il sito e le informazioni sulla mostra: Vignettenoslot
 


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