Cooperazione & Relazioni internazionali

Adozioni, fine di un sogno?

Sul numero di dicembre la nostra inchiesta sulla crisi delle adozioni in Italia, diminuite in quattro anni di oltre il 30% (ma le coppie in attesa sono calate del 70%). Quali sono i motivi? Quali le responsabilità, e soprattutto quali prospettive future? Proviamo a rispondere con l'aiuto delle associazioni e di Silvia Della Monica, che abbiamo incontrato a Roma

di Gabriella Meroni

2020, fine delle adozioni? Tempo sei anni, e non ci saranno più coppie italiane disposte ad adottare un figlio. Una previsione sicuramente pessimista, che tiene conto però di cifre oggettive: dal 2010 il calo delle adozioni internazionali è andato avanti a colpi di -10% l'anno, i paesi da dove un tempo provenivano i bambini abbandonati chiudono le frontiere, l'iter preadottivo dura sempre di più e costa molto, il fondo governativo da cui si attingevano i rimborsi fiscali per le coppie adottanti è fermo a zero euro. Una disfatta inimmaginabile fino al 2010 – l'anno record per le adozioni internazionali in Italia, quando 4.130 minori trovarono una famiglia qui – e particolarmente dolorosa per un paese come il nostro, secondo in assoluto al mondo per numero di figli venuti da lontano, dietro il “gigante” Stati Uniti. Eppure i numeri parlano chiaro: dal 2010 al 2013 le adozioni internazionali sono crollate del 31%, e secondo le stime delle associazioni del settore quest'anno si chiuderà con un ulteriore -15%. L'emorragia riguarda anche le coppie: nel 2013 quelle che hanno portato a termine l'iter sono diminuite del 7,2% rispetto all'anno precedente, mentre rispetto al 2010 il calo è stato addirittura del 70%. 
E se gli enti autorizzati tengono a precisare che in questo settore i numeri non sono tutto, sicuramente c'è materiale per farsi qualche domanda. A rispondere prova un servizio che trovate sul numero di dicembre di Vita, in cui parla anche la presidente della Cai Silvia Della Monica, che dice la sua sulle tensioni che hanno agitato le acque di questo mondo, e chiarisce la sua visione degli equilibri tra potere istituzionale e ruolo degli enti autorizzati: “Gli enti, che sono importantissimi, vengono però autorizzati dalla Commissione che rappresenta una sorta di casa madre”, dice la presidente. “E’ un onore e un onere che richiede un forte equilibrio per mantenere da un lato un buon rapporto con gli enti, ma dall’altro far comprendere loro che non siamo la stessa cosa, noi siamo qualcosa di più grande. Il dialogo è importante”, continua,  “infatti io ascolto continuamente gli enti e chiedo spessissimo contributi scritti rispetto alle attività che svolgiamo, ma altrettanto importante è che esista una guida, un’autorità che dopo aver ascoltato prenda delle decisioni. Questo è il punto”. 
Il resto dell'intervista e un'approfondita analisi sulla crisi delle adozioni e le prospettive future del settore su Vita di dicembre, in edicola.


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