Politica & Istituzioni

Pistelli: «La legge 125, una best practice»

Il percorso attuativo della nuova disciplina sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo va avanti spedito. Dice il vice ministro agli Esteri: «Voglio che questa legge diventi a tutti i sensi una “best practice” da attuare efficacemente».

di Redazione

Bruxelles –  Approvata in via definitiva dal Senato il 1 agosto 2014, entrata in vigore dopo nemmeno dieci giorni, il percorso attuativo della nuova Legge 125/2014 che disciplina la cooperazione internazionale per lo sviluppo va avanti spedito. Si sa, seguire il ritmo (e le ambizioni, sane, per carità) di Lapo Pistelli non è cosa facile. A planare come un’ombra sulle spalle del vice ministro degli Affari Esteri sono i 27 anni di attesa per riformare una legge che andava cambiata da anni. Un’ossessione (per lui) e una macchia (per il Sistema paese) che vanno combattuti a suon di fatti. Gli ultimi sviluppi ci dicono che delle tre azioni annunciate in estate per la fase di stesura dei regolamenti attuativi della legge, una è stata portata a casa, e riguarda l’istituzione del Consiglio nazionale della cooperazione. “Entro febbraio dovrebbero passare due decreti attuativi che riguardano lo Statuto dell’Agenzia e il regolamento interno del MAE”, assicura Pistelli in questa intervista rilasciata a Bruxelles a margine di un seminario sulla nutrizione organizzato l’11 dicembre al Parlamento europeo dalla Rappresentanza permanente dell’Italia presso l’Ue e dall’Associazione Volontari per il Servizio Internazionale (AVSI). “Questo ci consentirà di dar nascita all’Agenzia e nominare il suo direttore entro maggio”. Ma c’è un attore della nuova legge sulla cooperazione internazionale (125/2014) che più di altri ha calamitato l’interesse degli osservatori, special modo delle ONG: quello dell’inserimento dei soggetti profit nel sistema della cooperazione italiana, insieme alle organizzazioni non profit e alle amministrazioni e istituzioni pubbliche.
 

Lapo Pistelli

Link 2007 ha recentemente pubblicato un documento in cui sottopone al MAE una serie di raccomandazioni riguardo i regolamenti attuativi della Legge 125/2014 e il ruolo del settore privato nella nuova cooperazione allo sviluppo italiana. Siete pronti a raccogliere i suggerimenti delle ONG italiane?
Da sempre il MAE ha intavolato con le ONG italiane un dialogo molto utile e strutturato, nel reciproco rispetto delle posizioni. Devo dire che durante tutta la fase di elaborazione della riforma e nella fase successiva dopo la sua adozione, le ONG si sono molto impegnate sul tema del settore privato. Sono felice che nella società civile italiana abbiano prevalso posizioni che prendono atto che il privato è un pezzo del sistema. Questo dimostra come la contrapposizione tra il non profit e il privato sia un concetto superato. Per quanto riguarda il coinvolgimento del settore privato nella nuova agenda politica che andiamo a fissare, tengo a sottolineare che l’Italia “non reinventa la ruota”. La Commissione europea ha infatti pubblicato nel maggio 2014 una comunicazione sul ruolo del settore privato nella la cooperazione allo sviluppo che il Consiglio Affari Esteri ha fatto propria nelle sue conclusioni del 12 dicembre scorso. Nella sua comunicazione, la Commissione UE fa riferimenti molti chiari alle Linee Guida dell’OCSE come quadro di riferimento rispetto agli standard internazionali in materia di responsabilità sociale d’impresa e diritti umani, nonché i Principi Guida su Imprese e Diritti umani adottati dalle Nazioni Unite nel 2011. Tornando all’Italia, vi sarà un Consiglio nazionale della cooperazione – il decreto che lo compone, il primo provvedimento attuativo della 125, è già stato firmato – in cui pubblico, privato, ONG ecc. lavoreranno a stretto contatto. Questo già dimostra come il privato sia considerato un attore come gli altri nella nuova cooperazione allo sviluppo italiana. E voglio ricordare che la società civile avrà un ruolo molto importante. Infatti, sui 50 membri che faranno parte del Consiglio, otto rappresenteranno le ONG, ai quali si aggiungono 12 rappresentanti delle organizzazioni della società civile e altri soggetti senza finalità di lucro attivi nella cooperazione allo sviluppo.

Quali saranno i vincoli imposti al privato nella nuova legge?
Arrivando quasi 30 anni dopo quella che l’ha preceduta, la nuova legge non aveva bisogno di riscrivere e reinventarsi i propri principii. Sin dai primi articoli, essa fa riferimento al set dei principii adottati dalla Comunità internazionale, quindi diventa una forma di recepimento, un po’ come capita col diritto comunitario. Nel momento in cui un insieme di principii diventa patrimonio comune della comunità dello sviluppo, automaticamente vengono adottati a livello nazionale.

Oltre alla formazione del Consiglio nazionale, a che punto siamo con gli altri decreti attuativi?
Le azioni da intrapredere erano grossomodo tre. Una riguardava la formazione del Consiglio nazionale della cooperazione, che abbiamo messo in opera con l’emissione di un decreto ministeriale. Entro fine anno, massimo inizio dell’anno prossimo, il Consiglio verrà convocato affinché inizi a pronunciarsi sulle nomine. La seconda azione si concentra sull’Agenzia. Lo Statuto dovrebbe essere approvato con un decreto attuativo entro febbraio. Come da legge, ci sarà un bando e una commissione incaricata di nominare il futuro direttore dell’Agenzia. Mi aspetto tante candidature. La terzo azione riguarderà proprio il direttore dell’Agenzia, che come prima cosa dovrà regolamentare l’autonomia contabile patrimoniale del nuovo organo e rendere operative le nuove facilities finanziarie, negoziando per esempio la Convenzione con la Cassa depositi e prestiti. Avevamo tre mesi per fare il primo decreto e così è stato, ce ne vogliono altri sei per istituire l’Agenzia e nominare il suo direttore.

Quale profilo si cerca per dirigere l’Agenzia? 
Un profilo adeguato ad un’agenzia importante di un paese importante, che conosca bene la macchina romana ma anche quella internazionale. La nomina dovrebbe essere fatta entro maggio 2015.

Che novità ci sono sul Comitato Interministeriale Cooperazione allo Sviluppo?
Spero di riuscire a convincere il Presidente del Consiglio a convocare per inizio gennaio la prima riunione del CICS. Per questo non c’è bisogno di decreti, va solo messo in piedi e convocato. Ricordo che questo Comitato avrà il compito di garantire la coerenza e il coordinamento delle politiche di cooperazione. Nel frattempo, stiamo raccogliendo indicazioni dai vari ministeri, che una volta spendevano delle proprie risorse in cooperazione, per l’elaborazione del Documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo, che dovrà essere approvato dal Consiglio dei ministri, previa acquisizione del parere delle commissioni parlamentari competenti, entro il 31 marzo di ogni anno. Come vede, andiamo avanti spediti. Voglio che questa legge diventi a tutti i sensi una “best practice” da attuare efficacemente.


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