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#Jesuischarlie? no! Je suis solo. La riflessione di Sos Villaggi dei Bambini

Sos Villaggi dei Bambini interviene sui fatti di Parigi con una riflessione dedicata all'educazione. Che nasce da una domanda: "Il rifiuto e l'abbandono causa dell'integralismo?"

di Redazione

Riceviamo e pubblichiamo

Il mondo è unito nel condannare l’orrore che ha sconvolto Parigi e piange le sue vittime.
Noi però ci siamo domandati quanto l’infanzia vissuta dagli autori della strage abbia determinato o potuto determinare ciò che hanno fatto. Tutti e tre hanno avuto un’infanzia difficile, famiglie assenti e due di loro hanno trascorso anni da soli, in istituti. Forse il dolore e la solitudine possono rendere una persona facilmente manipolabile da convinzioni integraliste, radicali?

Qui di seguito alcune riflessioni su questo tema.

Saïd e Chérif Kouachi sono nati da immigrati algerini nel 10° arrondissement di Parigi. Dopo la morte dei loro genitori, sono andati a Rennes, nel nord-ovest Francia e poi hanno vissuto con una famiglia adottiva in una zona abitata esclusivamente da immigrati. I fratelli si trasferirono poi a Parigi dove iniziarono a vivere di espedienti. Chérif inziò a frequentare il predicatore Farid Benyettou, poi venne seguito dal fratello.
Secondo la Banca Mondiale, le aree con una grande percentuale di giovani disoccupati presentano un alto tasso di scontentezza e sono a rischio di violenza politica. Le convinzioni più integraliste sembrano attecchire con più facilità. Il sociologo Peter Imbrusch descrive le persone svantaggiate come particolarmente vulnerabili rispetto alle credenze radicali. I giovani provenienti da famiglie di migranti sperimentano frequentemente rifiuti nell’ambiente in cui vivono e le scarse opportunità di istruzione e di occupazione possono spingerli ai margini della società, già così distante da loro. Inoltre, la grande urbanizzazione, in tutte le parti del mondo, continua ad aumentare la ghettizzazione, l'emarginazione sociale degli svantaggiati, rompendo valori tradizionali e provocando il rifiuto degli stessi. Quando i sentimenti di superiorità e di cameratismo incontrano la violenza, le azioni possono diventare devastanti.

Per Peter Imbrusch, il cosiddetto "approccio socio-politico" è l'approccio più efficace nel lungo termine. Questo approccio comprende il reinserimento dei giovani, coinvolti in attività violente, nella società. Bisogna responsabilizzare i giovani affinché fuggano dai loro ambienti distruttivi, fornendo loro un’alternativa adeguata. Egli continua a sostenere che i giovani preferirebbero utilizzare le competenze che hanno sviluppato per sostenere la pace, se solo ne avessero l'opportunità. Con questa visione idealizzata, però, sembra ignorare il potenziale negativo dei giovani: è tipico il voler sfidare l'autorità e lottare per l'indipendenza, e questo può venire sfruttato in vari modi. Pertanto, devono essere sostenuti nelle loro organizzazioni e raduni, e allo stesso tempo occorre sviluppare la capacità di gestione dei conflitti che permetterebbe loro di cooperare con gli altri membri della società.

L'obiettivo a lungo termine, quindi, è quello di cambiare i rapporti dei giovani con il mondo degli adulti, a livello personale, familiare, comunitario e istituzionale. Un giusto approccio socio-politico deve sostenere la riconciliazione per i giovani, combattendo contro l'emarginazione dei giovani e sostenendo la loro integrazione nelle strutture sociali.

Sos Villaggi dei Bambini sostiene approcci come l'integrazione e la partecipazione, considerate vere e proprie iniziative di pace. Il ricercatore della Pace Egbert Jahn ritiene che lavorare con gli svantaggiati, le persone vulnerabili è efficace solo quando questo lavoro è accompagnato da misure che affrontino le cause di ingiustizia sociale e la povertà.

Le conoscenze, le abilità e gli atteggiamenti che sono necessari per la cooperazione pacifica con gli altri devono essere sviluppati. Questo è lo scopo dell’educazione alla pace, che unisce elementi di apprendimento sociale e di educazione politica. L'educazione alla pace non deve solo ispirare le persone per avere pace e libertà, ma anche sostenere le loro esigenze politiche e intellettuali in modo da poter lavorare in modo sistematico verso l'obiettivo della pace.

L'educazione alla pace si basa sul principio della formazione permanente. Questo modello di nuova formazione si distingue per il suo approccio interdisciplinare, che riunisce diversi approcci per l'educazione alla pace, l'apprendimento attivo e una serie di metodologie.

Se questo è ciò che vogliamo raggiungere, abbiamo bisogno di riconoscimento a tutti i livelli di gestione. Responsabilizzare i bambini e i giovani nella loro partecipazione e autodeterminazione significa rafforzare le strutture democratiche, conditio sine qua non per avere giovani attivi, impegnati e politicamente consapevoli. La conseguenze di questo approccio può certamente essere difficile per gli adulti perchè i giovani sono in grado di esprimere i loro desideri e bisogni e quindi provocare cambiamenti nel mondo. Ma non è questo che vogliamo?
Si! Sos Villaggi dei Bambini vuole che nessun bambino sia solo.