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Dal Donbass nulla di nuovo: Donetsk è sotto le bombe

Mentre da Minsk rapide si susseguono le voci di una possibile tregua e, ancor più rapide, arrivano frenate e smentite, nel Donbass nulla è cambiato. Le bombe cadono e uccidono. Ieri, un autobus è stato colpito da un colpo di mortaio: sei morti. Un servizio in esclusiva per Vita dal nostro inviato sul fronte che ha assistito alla scena

di Redazione

Ucraina – Donetsk  è costantemente sotto i bombardamenti. Giorno e notte il sottofondo è sempre il fragore delle esplosioni. Ormai è quasi un’abitudine, ma non si deve dimenticare che ad ogni esplosione corrispondono vittime civili, abitazioni distrutte e non solo case, anche ospedali, scuole… ogni colpo che arriva è distruzione è sofferenza è morte.

Molti se ne sono andati… nelle ultime settimane questi bombardamenti si sono fatti sempre più pressanti.  Chi ritornerà a casa non sa se ritroverà la casa intera.

Ieri mattina un altro bus è stato colpito in una zona affollata nella stazione degli autobus “Central”: sei morti accertati e numerosi feriti. Le persone sul posto mi dicono che il bus è stato colpito da un tiro di mortaio da parte degli ucraini. Poteva andare molto peggio, considerando la zona altamente trafficata. La gente è stanca. Stanca di subire questo assurdo assedio.

Stanca di vivere questa assurda roulette ogni volta che prende un autobus. Nonostante ciò la città vive, la vita continua, si tira avanti anche sotto le bombe.

Gli abitanti del Donbass vogliono semplicemente la loro autonomia e indipendenza da Kiev.  Non si capisce perché non la si possa ottenere! Il governo di Kiev, nel Donbass, ormai non è più attivo, da mesi ha interrotto l’erogazione dei vari servizi.. ha interrotto tutte quelle funzioni che normalmente uno Stato dovrebbe garantire ai suoi cittadini e alla sua popolazione che sia russa o ucraina o di altra etnia.

Il Donbass è soprattutto abitato da russi. Basta consultare ogni statistica demografica e linguistica dell’Ucraina per rendersene conto. Questa gente sente il diritto di vivere autonomamente il proprio futuro, respingono un governo, quello di Kiev, che non li vuole, che li bombarda. Un’autonomia di tipo federativa era stata a suo tempo richiesta, purtroppo Kiev, come risposta ha mandato i suoi battaglioni “punitivi” e ha iniziato a chiamare “terrorista” chi semplicemente non si riconosce nella russofobia e nell’ ipernazionalismo che connotava e connota il nuovo governo insediatosi con la rivoluzione di Maidan. 

In queste regioni indietro non si torna; chi si ostina, soprattutto in occidente, a ipotizzare altre soluzioni, a mio avviso si sta semplicemente illudendo. Chi ritiene che con una firma su un pezzo di carta si possa chiudere il tutto e voltare pagina per ritornare all’Ucraina precedente, quella del presidente Viktor Janukovich, o è in malafede o non si rende conto dell’immane livello di distruzione che questa guerra fratricida ha già determinato. Che venga a farsi una giro tra le città distrutte del Donbass per rendersene conto.

Come potrebbe essere diversamente dopo tanta sofferenza, dopo tante vittime civili? È difficile ipotizzare il ritorno delle due regioni “separatiste” all’interno dell’Ucraina unita. Come teorizzano le scienze sociali che si occupano dei fenomeni legati al nazionalismo, in ultima analisi la nazione si fonda sul plebiscito generale e quotidiano, sulla volontà di stare insieme e di credere in un destino comune e condiviso. Questo desiderio di vivere questo destino in comune tra russi e ucraini, qui nel e Donbass, è stato polverizzato dalle bombe di Kiev. 

 


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