Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cooperazione & Relazioni internazionali

Le storie d’amore tra i senzatetto di New York

A New York, quattro coppie di senzatetto, raccontano la loro storia d’amore al magazine Good e spiegano perché, avere qualcuno quando si vive in strada, può essere una salvezza

di Ottavia Spaggiari

Quattro coppie, quattro storie d’amore in strada. È un San Valentino, non convenzionale quello celebrato dal magazine americano Good che, per la festa degli innamorati, racconta con quattro videointerviste la relazione di persone che si sono incontrate, trovate e amate, nella tanto temuta “cattiva sorte” che per loro ha preso la forma della giungla di asfalto di New York.

Takira e Will, Lori e Ray, Charise e Mike, Anna e Alex. Davanti alla videocamera di Oliver Noble, autore del reportage, quattro coppie, tutti senzatetto coperti da pesanti cappottoni e cuffie, ma ancora infreddoliti dal rigidissimo inverno della costa est, dove le temperature possono arrivare anche a meno venti gradi.

“Lui è la versione maschile di me, e io sono la versione femminile di lui”, spiega Charise, una signora sui quarantant’anni, indicando il marito, Mike, più o meno della stessa età. Si sono incontrati in un centro di accoglienza, cinque anni fa, da allora non si sono più lasciati. “In realtà non sono sposati”, spiega Noble, in un articolo di accompagnamento ai video, “hanno provato a sposarsi legalmente ma a Mike sono stati rubati i documenti, ed essendo solo residente ma non cittadino, (è immigrato da bambino dalla Corea del Sud Corea n.d.r.) è molto più difficile riottenere i documenti”. Per Charise però non c'è differenza, lui è il marito: “Lui è la mia roccia e io sono la sua”, sottolineando quanto sia importante avere qualcuno con cui condividere la quotidianità, in un luogo difficile come la strada. “Mike ha un problema alla schiena e dovrebbe farsi operare, ma questo significherebbe lasciare Charlse da sola per diversi giorni,” scrive Noble. “Quindi rifiuta di farsi ricoverare”.

Takira e Will sono la coppia più giovane, hanno appena vent’anni e anche loro si sono incontrati quando erano già senzatetto. “Ci prendiamo cura l’uno dell’altro”, spiega Takira. “Prima di andare a dormire, sotto i cartoni, Will, si assicura sempre che io mi sia coperta abbastanza. Mi tira giù la cuffia, fino agli occhi, per nascondere il fatto che sono una ragazza. Quando dormi per strada, è più sicuro sembrare un maschio.”

Anche Anna e Alex, una giovane coppia di senza fissa dimora di nemmeno trent’anni, raccontano quanto sia importante non essere soli. “E’ bello sapere che c’è qualcuno di cui ti puoi fidare,” spiega Anna. “E’ un pensiero che ti fa stare meglio.” Anna e Alex, hanno viaggiato tutto il Paese, insieme ai loro due cani. Secondo Emma, un’amica seduta lì vicino a loro, avere qualcuno è particolarmente importante per “i viaggiatori”, i senzatetto che, come Anna e Alex, viaggiano continuamente: “Il tuo partner è l’unica costante, tutto cambia continuamente ma lui rimane sempre lo stesso.” E anche se Anna e Alex sono stati dappertutto negli Stati Uniti, secondo Alex, New York è uno dei posti più difficili in cui vivere se non si ha una casa: “A volte le persone ti invitano a casa loro per cena, ti fanno fare una lavatrice, ti fanno usare la doccia, ma qui a New York non succede mai. Qui ti senti davvero un barbone. Ti ignorano tutti.” “Devi riderci su parecchio, per non impazzire”, continua Anna. Secondo lei, vivere in strada ha fatto maturare più in fretta la loro relazione e l’ha resa più profonda. “Le coppie normali iniziano a frequentarsi, con qualche appuntamento, si vedono alcune ore, la sera”, aggiunge Alex, “ma noi siamo insieme ventiquattro ore su ventiquattro”.

Lori ha una cinquantina d’anni e ha incontrato Ray, appena arrivata a New York, dopo aver trascorso 10 anni in un ospedale psichiatrico. “Volevo iniziare una nuova vita, qui in città, trovare un lavoro,” spiega, “poi ho visto lui e mi sono resa conto di voler essere di più come lui.” Secondo Lori, Ray l’ha aiutata a “rilassarsi”. “Quando sono con lui, a volte non dobbiamo fare niente, se non starcene tranquilli, una cosa che non facevo da quando ero molto piccola. Rilassarci, come se stessimo guardando la Tv.” E Ray ride, indicando la strada, davanti a loro: “Dopotutto questa è una grande, gigantesca Tv. Quando arriva l’autobus e ci blocca la visuale…bè quella è la pubblicità”.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA