Cooperazione & Relazioni internazionali

Manzione: «Né Mare Nostrum, né Triton: la soluzione è un’altra»

«Occorre creare un sistema di riconoscimento d'asilo nei Paesi a sud della Libia. Altre soluzioni non ne vedo: comunque la vogliamo mettere in mare si muore, sotto Mare Nostrum le vittime sono stare 3.500, non dimentichiamolo». L'intervista

di Redazione

«Né Mare Nostrum, né Triton, ma nemmeno la Libia». La strada giusta per trovare una via d’uscita alle morti nel mediterraneo porta più a sud. Domenico Manzione, sottosegretario agli Interni con delega, è una delle voci più ascoltate dal premier Matteo Renzi in tema di immigrazione. Da qualche mese, ben prima dell’ennesima strage di Lampedusa (nella foto lo sbarco della bare dei 29 morti a Porto Empedocle), sta lavorando a un progetto che oggi sceglie di illustrare a Vita.it

La Caritas parla di strage annunciata. È d’accordo?
Si parla di 300 morti, ma  in realtà nessuno può essere preciso con i  numeri. Le variabili sono troppe. Una tragedia impressionante, forse anche immaginabile. Ma non illudiamoci. Durante Mare Nostrum nel canale di Sicilia sono morte almeno 3.500 persone. Grazie a quel piano ne abbiamo tratte in salvo 177mila. Mi rendo conto che Triton ha ridotto il nostro raggio d’azione. Ma la Sicilia e le coste libiche sono separate da 200 miglia, sinceramente non credo che passare da 50 a 30 miglia possa fare la differenza.  La realtà è che in mare con quelle barche si muore. Mare Nostrum o Triton si muore.

Come risponde alle tante associazioni che invocano il ripristino di Mare Nostrum?
La soluzione è un’altra. E passa via terra. 

Pensa alla Libia?
No quella è una porta che oggi è impossibile da chiudere. È un Paese incontrollabile allo stato. No bisogna guardare più a Sud. Ai Paesi subsahariani. Al Niger e al Mali per esempio. Paesi di transito dei rifugiati. È lì che dobbiamo fare le verifiche delle richieste di asilo e da lì, se accolte, dobbiamo inviare i profughi nei Paesi di accoglienza in Europa, secondo un piano ordinato e condiviso di accoglienza. 

Sarebbe il de profundis del sistema di Dublino?
Esatto. 

Quali sono i soggetti che state coinvolgendo in questo progetto?
Con Oim, Unhcr e Croce rossa internazionale ho già parlato, siamo a buon punto. Mi sto confrontando anche con la Farnesina, dopo di che partirò per l’Africa subsahariana per dialogare con i governi locali.

Quanto potrebbe costare un’operazione di questo tipo?
Ora non possiamo dirlo. Dipende da cosa ci chiederanno in cambio Niger, Mali e le altre nazioni che potremo coinvolgere. Certamente dovremo concedere qualcosa. Il programma andrà inserito in un sistema di aiuti complessivo. 

E Bruxelles?
Prima prepariamo bene il piano, dopo di che andremo in Europa a presentare qualcosa di concreto. Non si può più nascondersi dietro le foglie di fico. 


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