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L’ innovazione sociale digitale che cambia l’Europa

Presentato a Bruxelles il rapporto commissionato dalla Commissione Europea e curato da Nesta, sullo stato dell’arte dell’innovazione sociale digitale in Europa. Sempre più diffusi, fablab e consumo collaborativo

di Ottavia Spaggiari

“Una finestra su un mondo completamente nuovo e inesplorato”, è così che viene definito, nella nota introduttiva, il nuovo rapporto sulle Digital Social Innovations, le innovazioni sociali di natura digitale, soluzioni collaborative per superare barriere geografiche, culturali e sociali. Coordinato da Nesta e commissionato dalla Commissione Europea, DG CONNECT è la prima analisi sistematica dell’ecosistema relativo alle innovazioni sociali digitali in Europa ed è stato presentato martedì, in occasione dell’evento Shaping the Future of Digital Social Innovation in Europe. Redatto dall’italiana Francesca Bria, il rapporto ha identificato oltre 1000 esempi concreti, dall’utilizzo di sistemi di trasporto alternativi (carsharing, car pooling e bike sharing), al consumo collaborativo, fino alle iniziative di artigianato digitale e all’utilizzo degli open data per facilitare il rapporto con le pubbliche amministrazioni. Il campo più diffuso riguarda open hardware e open networks. Mentre il primo si focalizza su progetti ispirati al movimento degli artigiani digitali e alla diffusione dei fablab ( laboratori in cui lavorano i maker), gli open networks descrivono la tendenza dei cittadini a sviluppare reti e infrastrutture per condividere risorse e risolvere problemi. Un esempio è Guifi.net, creato in risposta alla mancanza di copertura internet da parte dei provider commerciali, nelle zone rurali della Catalogna.

L’idea qui è stata quella di creare un mesh network, in cui ogni ognuno poteva usare un trasmettitore radio che funzionava come un router wireless, per diventare un nodo di Guifi net. Con oltre 23 mila nodi, Guifi.net è il più grande mesh network al mondo e offre accesso a internet a chi altrimenti sarebbe escluso dalla rete. Al secondo posto, per diffusione, i progetti relativi all’Open Knowledge, letteralmente “conoscenza aperta”, che descrive la tendenza dei cittadini di riunirsi grazie alle piattaforme online per discutere, analizzare e sviluppare iniziative di impatto sociale. Tra gli esempi, la piattaforma Fix my Street, che permette di segnalare all’amministrazione locale le cose che non funzionano nel proprio quartiere e i siti di petizioni online, come Change.org. La terza area su cui si sono sviluppati più progetti, accelerazione d’impresa e open democracy.

Iniziative nuove in grado di ripensare la società in un mondo in cui le risorse sono sempre più scarse, perché, come scrive Fabrizio Sestini, advisor della Commissione Europea e responsabile del progetto, “C’è solo una risorsa disponibile in quantità maggiore di quanto non lo sia mai stata: gli esseri umani. Metterli in contatto in modi nuovi, pervasivi, diffusi e accessibili è la svolta più importante, resa possibile dalle tecnologie digitali.” E, secondo Sestini, questa nuova iperconnettività sta generando una nuova moneta di scambio, più sostenibili ed etica del denaro: gli open data. “Gli open data aumentano la consapevolezza e la capacità di coordinazione, creano nuove opportunità per l’innovazione e rafforzano l’inclusione, la partecipazione e, sostanzialmente, il benessere delle persone. La società, l’economia e anche la psicologia stanno attraversando un cambiamento irreversibile, che noi cittadini e policymaker stiamo ancora faticando a capire. Eppure la comprensione è fondamentale per poter anticipare degli sviluppi possibili, massimizzare gli impatti positivi sulla società ed evitare i rischi che accompagnano ogni passo dell’evoluzione umana.” 


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