Cooperazione & Relazioni internazionali

Miraglia (Arci): «L’accoglienza va programmata»

Parla Filippo Miraglia, vicepresidente nazionale Arci già responsabile immigrazione. «Sono anni che chiediamo al ministero di programmare l’accoglienza. La risposta è sempre che mancano soldi e tempo. Poi però teniamo per anni i migranti nei centri»

di Lorenzo Maria Alvaro

Negli ultimi quattro giorni sono già 7mila gli arrivi, solo ieri dieci morti, con altre migliaia di migranti attesi nei prossimi giorni. Questa è la situazione dell'emergenza profughi che è tornata ad aggravarsi. Il Ministero degli Interni ha chiesto ai prefetti di trovare 6500 posti ma intanto il sistema di accoglienza è al collasso. Per capire cosa stia succedendo e come uscirne abbiamo chiesto a Filippo Miraglia, vicepresidente nazionale Arci già responsabile immigrazione.

 

Siamo di nuovo allo stremo, servono 6500 posti che non sembrano esserci Cosa sta succedendo?
Sono ormai anni che sosteniamo, anche nelle sedi istituzionali come il tavolo di coordinamento nazionale, che senza una programmazione fatta per tempo ci si troverà ad inseguire sempre le emergenze. È del tutto evidente che se c'è una pausa di due settimane del flusso di migranti non vuol dire che sia finito il problema. Abbiamo bisogno di una programmazione che non sia basata, come oggi, sulla gestione dell'emergenza. Dobbiamo cominciare a pensare che ci troveremo sempre più a dover gestire un consistente numero di richiedenti asilo. Queste programmazione non c'è stata. Così oggi il Ministero si trova a far fronte ad alcune migliaia di persone.

Dunque è solo organizzativo il problema?
L'anno scorso c’erano stati 17mila arrivi i  questi primi mesi dell'anno. Oggi siamo a metà aprile e già al collasso. Quindi è evidente che dal punto di vista organizzativo ci sia qualcosa che non va. Poi c'è il fatto che si tratta di un sistema, quello dell’accoglienza, frammentato, che risponde in maniera inadeguata agli arrivi. Ci sono poi le commissioni che ci impiegano più di un anno per ricontattare i richiedenti asilo e valutarne la situazione lasciandoli tutto il tempo nei centri. Questi evidentemente intasa il sistema e non li aiuta a integrarsi. Infine i grandi centri producono marginalità sociale e reazioni negative sia del territorio che dei migranti.

Comunque era una situazione prevedibile?
Era ampiamente prevedibile. Sono anni che diciamo le stese cose. Ci danno ragione ogni volta e poi ci dicono che non possono fare nulla, per mancanza di fondi o di tempo. Ma lo spreco di tenere tutta questa gente congelata nei centri nessuna la calcola. Basterebbe gestire meglio il sistema e le risorse.

Cosa state facendo come Arci?
Siamo dentro la rete di accoglienza dello Sprar. Gestiamo molti progetti comunali. Il nostro obbiettivo è quello di promuovere il modello dell'accoglienza diffusa sul territorio di piccoli gruppi. Modalità che ha un impatto minore sul territorio e premette più facilmente la promozione di percorsi di integrazione. Per piccoli gruppi intendiamo una o due famiglie. Al massimo una decina di persona, anche meno.

Soluzioni possibile per sbloccare l'empasse?
Alla fine la soluzione sarà la solita. Chiameranno i prefetti e obbligheranno regioni e prefetture a prendersi una quota di persone. Il problema è che così si genererà un impatto disastroso. Saltano a piè pari gli enti locali senza coinvolgerli. In più verranno evidentemente chiamati a gestire queste situazioni anche enti senza nessuna esperienza. Immagino nasceranno tantissimi problemi. Si produrranno, come spesso accade, sprechi e allarme sociale,. Possiamo solo ribadire che il Ministero deve cominciare ad organizzarsi e programmare una risposta al problema.

 


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