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Dura critica dei parlamentari no slot alla bozza di Decreto legge sull’azzardo

L’Intergruppo parlamentare sul gioco d’azzardo, per bocca di Anna Giacobbo e Lorenzo Basso dicono no alla bozza della Legge Delega sui giochi. No alla volontà di finanziare il welfare con i soldi dell'azzardo, di limitare il potere degli enti locali e di intervenire drasticamente sulla pubblicità.

di Redazione

“Abbiamo valutato", scrivono gli onorevoli Anna Giacobbe e Lorenzo Basso (nella foto), "i contenuti e discusso di quali azioni realizzare, ancor prima che il Governo adotti lo schema di decreto, per correggere un testo i cui contenuti sono ad oggi troppo distanti dalle indicazioni della Legge Delega”.

“Quella Delega infatti è stata il frutto di un lavoro che ha coinvolto associazioni, cittadini, amministratori locai e che ha puntato con chiarezza su alcuni elementi fondanti: tutela dei minori, inasprimento dei divieti di pubblicità, legge nazionale quadro a sostegno dei regolamenti comunali, riconoscimento dei movimenti e delle iniziative no-slot; tutti temi inseriti nella delega durante l’iter parlamentare e che hanno connotato il testo con una forte impostazione no-slot. Ma…

Ma l’attuale bozza di testo dei decreti non risponde agli elementi sopra esposti contenuti nella Delega, sottoscriviamo i 4 punti essenziali contenuti nel Manifesto unitario delle Associazioni no-slot e rivendichiamo inoltre un ruolo del Parlamento e del sistema delle autonomie locali, oggi e nel futuro” (lo potete leggere qui)

Che cosa chiedono Basso e Giacobbo a nome dell'Intergruppo parlamentare sul gioco d'azzardo?

1) allo Stato spetta certamente il compito di dettare regole e limiti omogenei a livello nazionale, coprendo un vuoto che sino ad oggi c’è stato, agendo per diminuire la concentrazione dell’offerta di gioco, evitando i rischi che l’assenza di norme valide su tutto il territorio porta con sé; ma agli enti locali deve continuare ad essere riconosciuto il diritto/dovere di introdurre ulteriori e più forti argini alla presenza dell’azzardo sui propri territori; in proposito nella bozza di decreto vi sono anche diversi punti in contrasto con la recente sentenza della Corte Costituzionale, la n.56 del 10 marzo 2015;

2) deve essere reso più forte il divieto di pubblicità: non ci si può limitare a “fasce” orarie protette, anacronistiche rispetto alla fruizione dei programmi destinati ai minori, né ci si può limitare ad “fasce” protette poichè tutti sono toccati (un’altra fascia particolarmente esposta è quella degli anziani);

3) non è l’industria del gioco che deve finanziare le cure dei giocatori d’azzardo patologici, è lo Stato che deve farsene carico, riconoscendo e rendendo fruibili i Livelli Essenziali di Assistenza, tassando con giustizia le aziende che gestiscono i giochi; – occorre perseguire una più forte riduzione dell’offerta di gioco d’azzardo; un ruolo eccessivo dell’Agenzia dei Monopoli espone al rischio che si tenda comunque a salvaguardare le entrate fiscali piuttosto gli aspetti sociali e culturali, e di conseguenza al perdurare l’attuale fase di espansione  dell’offerta”.

3) Va assicurata anche per il futuro consci della velocità di evoluzione di nuovi giochi e di nuove tecnologie, la possibilità sia del Parlamento, sia del sistema degli enti locali, di dire la propria e di concorrere all’azione per limitare la diffusione dell’azzardo e dei danni sociali e sanitari correlati. Stabilire regole nazionali relative ad alcune apparecchiature e togliere potere ai Sindaci è una impostazione sbagliata e va modificata: è necessaria una profonda modifica all'intero impianto istituzionale poiché il Decreto rinvia a regolamenti non definiti nel numero e nel tempo ed esenti dal parere parlamentare”.

4) Sulla base di questo insieme di considerazioni, abbiamo sollecitato al Governo di trasmettere dati (già richiesti da tempo), per valutare l’impatto delle norme previste; compito dell’Intergruppo è mettere a fattor comune le valutazioni sulla bozza ed individuare punti di convergenza sulle richieste di modifica; competerà poi ai singoli parlamentari e ai singoli gruppi politici definire una propria posizione politica e di merito”, concludono i due parlamentari.


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