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Il martirio degli armeni: un genocidio dimenticato

Ricorre oggi il centenario del più taciuto e misconosciuto dei genocidi del Novecento: quello del popolo armeno. Oltre un milione di armeni cristiani dell’Impero ottomano furono uccisi a partire dal 24 aprile 1915. Erano gli anni della Grande Guerra, in cui prendeva forma il progetto della “nuova Turchia” etnicamente e religiosamente omogenea. Un libro di Marco Impagliazzo indaga sulla vicenda

di Marco Dotti

Degli armeni tutti sappiamo qualcosa, ma non troppo. Anche dei turchi, in verità, sappiamo qualcosa, ma non troppo.

In storia potremmo sperare in un voto tra il 5 e il 6. In geografia, però, la media si abbasserebbe di molto. Pochi saprebbero, oggi che l'Armenia è uno stato indipendente e sovrano, trovarne l'approssimativa collocazione su una cartina.

Dov'è l'Armenia?

Un sondaggio, ha rivelato che tra la media élite politica statunitense più d'uno confonde Albania e Armenia. Può sembrare un tratto distintivo dei nostri giorni, ma l'indifferenza umorale, che talvolta consegue, talaltra anticipa quella morale, ha segnato la tragedia armena.

L'ha segnata dal 1894, data della prima fase del genocidio, alla notte tra il 24 e il 25 aprile 1915, quando, con l'emergere della nuova élite dei "Giovani Turchi" e l'avvio di un processo che nel 1923 porterà alla nascita della Turchia, ha inizio quello che gli armeni chiamano Medz Yeghern, il Grande Male: un massacrodi massa rimasto senza tribunali o colpevoli

Se alla fine del XIX secolo gli armeni presenti sul territorio ottomano erano più di 2milioni, dopo le deportazioni, il lavoro coatto, le marce forzate che portavano alla morte per fame e sfinimento, la concentrazione e il rogo nelle Chiese, insomma il genocidio organizzato dai "Giovani Turchi" con la compiacente supervisione di ufficiali tedeschi, nel 1916 si conterà 1milione e 200mila morti.

Proprio ieri, a Echmiadzin la Chiesa Armena apostolica ha canonizzato 1milione e 500mila vittime di questo massacro, alla presenza del rappresentante di Papa Francesco, il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei cristiani. 

Lucidità e metodo

Il genocidio armeno fu condotto con metodo e coperto a tal dal silenzio che, apprestandosi ad approvare il piano per la soluzione finale, ossia lo sterminio, che Adolf Hitler avrebbe esclamato: "se nessuno ha mossp un dito per gli armeni, tanto meno lo muoverà per gli ebrei".

Vera o meno che sia, l'affermazione di Hitler è logica e plausibile. Come ci ricorda Marco Impagliazzo, in apertura del suo ultimo libro, Il martirio degli armeni. Un genocidio dimenticato, in uscita oggi per l'Editrice La Scuola , la vicenda armena rappresenta un paradigma esemplare per capire il tutt'altro che breve secolo XX e la sua ricaduta in questo primo lembo di XXI: dagli etnonazionalismi ai conflitti religiosi dal cinismo della realpolitik alla metodica continuità dei massacri, tante cose possono essere lette nella lente del Grande Male armeno. A patto di conoscerlo.

Presidente della Comunità di Sant'Egidio, professore di Storia contemporanea all'Università per Stranieri di Perugia, Impagliazzo ci offre questa occasione, con un libro importante, documentato, che pur partendo da una prospettiva storica sulla vicenda, non rinuncia a inserirl nel contesto geopolitico mediterraneo e eurasiatico del XX secolo, ma non rinunciando all'analisi sull'oggi.

Non si tratta, qui, di attualizzare un passato che, come una piaga, è e rimarrà aperto per molto, molto tempo. Si tratta di capire.

Senza una chiave e uno sguardo di lunga durata, non si comprenderebbero – ad esempio – le reazioni alle parole – franche, calibrate, consapevoli del loro scopo e delle loro conseguenze – di Papa Francesco.

Oltre il nazionalismo: è il momento?

Anche a seguito di quelle parole,  in queste ore a un effetto domino – ieri la Turchia ha ritirato il proprio ambasciatore da Parigi – che si estende giorno dopo giorno. Lo sterminio armeno – Impagliazzo lo spiega molto bene – fu voluto e pianificato dall'alto.

Chiediamoci: chi ha davvero paura di ricordare (oltre che di riconoscere) quel massacro?

Quando, da lontano, il nostro sguarso si posa sulla Turchia una strana distorsione ottica – effetto di media durata della costruzione di quella identità nazionale voluta da "Giovani Turchi", di cui il genocidio rappresentava un presupposto costitutivo essenziale – ci porta a crederla abitata solamente da turchi. Gli altri (ma chi sono davvero, "gli altri"?) scompaiono: scompaiono i kurdi, gli armeni e via discorrendo.

Eppure, in Turchia vivono oggi, tra gli altri, più di 70mila armeni su una popolazione complessiva di 75milioni di abitanti. Pochi? Tanti? Di certo vivono senza conflitti con il resto della popolazione. Popolazione che sembra molto più avanti, in termini di convivenza, del suo presidente Erdogan, che il 15 aprile scorso, ha minacciato di espellere gli armeni dal Paese.

twitter: @oilforbook

 

L'AUTORE

Marco Impagliazzo è professore ordinario di Storia contemporanea nell’Università per Stranieri di Perugia e Presidente della Comunità di Sant’Egidio. Studioso della Chiesa cattolica nel XIX e XX secolo e, più in generale, del fenomeno religioso in Europa e dei rapporti tra Cristianesimo, Ebraismo e Islam nel Mediterraneo in epoca contemporanea, si è occupato, tra i primi in Italia, della "questione armena” nell’Impero ottomano durante la Prima guerra mondiale. Tra le sue pubblicazioni: Duval d’Algeria. Una Chiesa tra Europa e mondo arabo 1946-1988 (Studium, 1994); Una finestra sul massacro. Documenti inediti sulla strage degli armeni, 1915-1916 (Guerini, 2003); La diocesi del Papa. La Chiesa di Roma e gli anni di Paolo VI (Guerini, 2006); Shock Wojtyla. L’inizio del pontificato (San Paolo, 2010)


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