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Media, Arte, Cultura

Biennale, è l’ora della social art

Al via il grande appuntamento veneziano. Quest’anno segnato dalla regia di un curatore africano e dalla presenza di tante esperienze creative di grande rilevanza sociale

di Anna Spena

La Biennale di Venezia quest’anno ti riporta un po’ al Sud del mondo. E forse questo non è un caso visto che il direttore della 56esima edizione è Okwui Enwezor, nato in Nigeria nel 1963, oggi considerato uno dei più importanti curatori d’arte contemporanea riconosciuto a livello internazionale.

Parlare del “sud”, il più delle volte, fa pensare a contesti difficili e, i contesti difficili, quasi mai si associano alla bellezza e all’arte. Ma l’ultima edizione dell’esposizione internazionale, sfata questo luogo comune e certifica agli occhi tutti una tendenza che va diffondendosi veloce: l’arte ha un valore sociale e non solo estetico.

Così tra le diverse performance troviamo quella del collettivo di film-makers “Abounaddara”, ragazzi che raccontano la guerra in Siria vista con gli occhi della gente comune. Il collettivo realizza documentari sulle storie di vita di tutti i giorni, e dopo lo scoppio della rivoluzione nel 2011 produce e pubblica on-line ogni venerdì un video che spiega cosa succede nella società siriana e la sua lotta per la libertà. Poi ci sono gli “Invisible Borders”, anche loro presenti alla Biennale, utilizzano l’arte e la fotografia per promuovere gli scambi trans-africani. In un viaggio da Lagos a Bamako, dieci artisti ci mostrano un’altra Africa lontana dai luoghi comuni: catturano con le fotografie le storie delle persone che incontrano. Durante il viaggio collaborano con i giovani per stimolarli ad una riflessione sulla nuova Africa del XXI secolo.

Invece, Vik Muniz, famoso artista brasiliano, alla Biennale di Venezia farà salpare una sua opera come solidarietà per i migranti. “Lampedusa”, nome dell’istallazione, è una struttura in legno galleggiante; è la rappresentazione di una barca di carta costruita in scala di un vaporetto veneziano. La “barca” è ricoperta da un materiale che riproduce la pagina del giornale “La Nuova Venezia” datata il 4 ottobre 2013, giorno seguente alla tragedia di Lampedusa. La performance è nata alla fine dell’operazione Mare Nostrum, l’artista ha voluto ricordare che il pericolo nel Mediterraneo è sempre presente soprattutto quando diminuisce l’attenzione. Il significato dell’opera però sembra quasi aver perso di valore dopo l’ultima terribile tragedia dello scorso 19 aprile, dove più di mille persone sono morte annegate mentre cercavano di raggiungere la terraferma. Proprio per questo motivo, la barca navigherà e poi attraccherà in diversi porti, ma a bordo non saliranno mai i passeggeri.

La connessione arte e sociale è innegabile. Anzi, sembra quasi che siano proprio le variabili sociali a ispirare gli artisti, che partono da queste e realizzano performance bellissime per migliorare il contesto stesso che le ha generate.

Il prossimo numero di Vita, in edicola da venerdì 8 maggio, racconta 50 esperienze artistiche che hanno un grandissimo valore sociale. Dalle Favelas a Time Square, dai palazzoni di periferia alle corsie degli ospedali… Con questo numero ci siamo chiesti se l’arte può cambiare il mondo e lei, attraverso queste esperienze ci ha mostrato di si. 

 

Foto: Invisble Borders


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