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Economia & Impresa sociale 

Distrutto l’uliveto di “Libera Terra”

Ennesima intimidazione per la cooperativa Valle del Marro che coltiva terreni confiscati alla ’Ndrangheta. Le reazioni di Don Ciotti, Confcooperative e M5S

di Marina Moioli

«Ognuno di questi tagli è un colpo vibrato al cuore. Un’infamia intollerabile, una vigliaccata degna dell’onore che questa gente dice di avere». Così  Domenico Fazzari, presidente della Cooperativa Valle del Marro di Oppido Mamertina (Reggio Calabria), commenta l’ennesima intimidazione subita in quattro anni dall’associazione che opera, grazie all’associazione Libera, sui terreni confiscati alla ’ndrangheta  in Calabria. Due giorni fa 96 alberi di ulivo, infatti, sono stati tagliati da sconosciuti a colpi di accetta.

«Non è la prima volta che succede e non sarà l’ultima. Anche questa è una chiara azione per scoraggiarci, demoralizzarci. Ma noi non abbiamo nessuna intenzione di demordere», aggiunge Fazzari, 41 anni, che nel 2005 è stato anche tra i soci fondatori della cooperativa. Il primo atto intimidatorio risale al giugno del 2011, quando un incendio doloso distrusse cinquecento alberi secolari. Un anno dopo fu un escavatore della cooperativa che era all’opera su quel terreno per i lavori di espianto degli alberi bruciati ad andare a fuoco. Un nuovo impianto di 1.200 piante di ulivo nel 2013 ha restituito nuova vita all’uliveto di 11 ettari. Ma adesso l’ultimo episodio rivela che la cooperativa è sempre nel mirino della criminalità. «Dopo due anni di cure e attenzioni eravamo pronti a fare il primo raccolto. E invece… Quella di chi, l'11 maggio, ha tagliato le 96 piante giovani alla base del tronco era una mano esperta, sapeva bene come fare il danno maggiore: ora sono irrecuperabili, dice il presidente  della Cooperativa di Libera Terra. «Malgrado tutto però continueremo ad andare avanti con l’impegno e la motivazione di sempre, fiduciosi nell’intervento delle autorità: la Procura e le forze dell’ordine sono i nostri angeli custodi. Quello che invece fa rabbia è constatare che la politica, locale e nazionale, è del tutto assente. Invece per noi sarebbe essenziale avere un sostegno “reale” da parte del Governo che dovrebbe invece metterci nelle condizioni di lavorare con serenità», conclude Fazzari.

Durissimo il commento di don Luigi Ciotti, presidente di Libera, che ha dichiarato: «La parola antimafia? Cambiamola. L’antimafia è un problema di coscienza, non una carta di identità. Ci sono mafiosi che fanno gli antimafiosi… Dobbiamo stare molto attenti i mafiosi provano a infilarsi e a confondere. Sugli ecoreati si faccia in fretta, da 20 anni organizzazioni combattono per questo tema. Vogliamo farla la lotta alla mafia o no?».

Secondo Confcooperative Calabria l’ennesimo atto intimidatorio verso la cooperativa è un campanello di allarme. «Se valutato assieme all’assenza di liste per le elezioni comunali a Platì, evidenzia una situazione sociale complessa e preoccupante del territorio dell’Aspromonte in particolare, ma di tutta la Calabria, in cui la ‘Ndrangheta cerca di trovare nuova linfa per affermare il suo potere», scrive in un comunicato stampa ribadendo che «solo insieme è possibile vincere. La cooperazione è un’arma sana nelle mani della società civile, lo dimostrano le cooperative di Libera, ma anche i tanti cooperatori calabresi che quotidianamente nel proprio lavoro e nella propria vita scelgono i valori della democrazia e dell’onestà».

Sulla vicenda è intervenuto anche il deputato del Movimento 5 Stelle Paolo Parentela, che impegnandosi a visitare la cooperativa, ha parlato di «gesto vergognoso, che deve fare alzare ancora di più l’asticella di guardia delle istituzioni verso la ‘ndrangheta. In una terra disgraziata come la Calabria lavorare onestamente i campi confiscati alla ‘ndrangheta è un gesto coraggioso e indispensabile. Non abbandonare le associazioni che si impegnano per la lotta alla criminalità organizzata è un impegno che la politica non deve tralasciare. C’è un forte bisogno di sentire la presenza delle istituzioni in Calabria». 


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