Cooperazione & Relazioni internazionali

Se guardo i bambini

Il Sud Sudan è alla fame. Mentre le due fazioni dell’ex partito unico si fanno la guerra, nel paese si spostano un milione e 100 mila sfollati, la metà dei quali sono bambini. Migliaia di vittime, 500 mila persone fuggite all’estero, tre milioni a rischio fame. È il drammatico bilancio del conflitto. Anna Sambo, responsabile AVSI, ci descrive il clima che si respira nel paese

di Anna Sambo

Martedì. Sono a Rumbek, la capitale del Lakes State. E’ l’ultimo giorno della missione in questa zona, dove stiamo facendo dei progetti, educativi. Costruiamo delle classi nelle scuole elementari, in materiali locali. Diamo alle scuole dei banchi e delle panche, per sedersi. Quaderni, penne. zainetti. è un progetto finanziato con UNICEF, un altro dal Common Humanitarian Fund.

Siamo arrivate a Rumbek, dopo un viaggio in macchina dei soliti, nemmeno troppo terribile. Fa caldo. Rumbek mi ha sempre fatto l’impressione di una città fantasma. I Lakes sono strani. Lakes, i Laghi. Lo stato, la terra, si allaga durante le piogge. Si formano dei laghi, ne abbiamo anche visto uno, vicino ad una scuola. Sembra una pozzanghera, ma troppo grande per chiamarla così. «No, guarda che è proprio un lago. E quando è secco, non c’è nemmeno una goccia di acqua», mi dicono. Ma come è possibile? nemmeno una sorgente, nulla di nulla? No, solo pioggia.
 
Cominciano ad arrivare le email sul mio computer.
Una delle prime si intitola: “Children killed, abducted and raped in South Sudan attacks”. È un comunicato di UNICEF, di ieri. Parla anche il Country Director, lo conosco, ora. Me lo immagino mentre lo intervistano, mentre dichiara quello che sta succedendo, nello Stato dello Unity. «Bambini ammazzati, rapiti e violentati negli attacchi in Sud Sudan». Controllo bene il significato delle parole, la traduzione.
E la “lettera” continua. Una lettera a tutti di cui da giorni si parla. La lettera continua e dice: «decine di bambini sono stati ammazzati, almeno 12 violentati e altri rapiti e reclutati in una serie di attacchi nello Stato degli Unity, in Sud Sudan, nelle ultime due settimane».

E poi continua: «decine di testimoni che erano nei villaggi che sono stati bruciati hanno detto che i bambini sono stati sia le vittime che i carnefici. Sia vittime che esecutori delle violenze nello Stato dello Unity. L’attacco è stato fatto dall’esercito governativo».

«Dei sopravvissuti hanno raccontato allo staff UNICEF che interi villaggi sono stati rasi al suolo da gruppi armati, mentre un gran numero di donne e bambine sono state prese per essere violentate e uccise, compresi bambini di nemmeno 7 anni di età. Almeno 19 bambini, alcuni con meno di 10 anni, e 7 bambine sono stati ammazzati, raccontano. Altri sono stati mutilati o reclutati per unirsi alla battaglia e occuparsi del bestiame rubato». Il Country Director di UNICEF dice che «lo scegliere deliberatamente come target i bambini è un oltraggio». Esatto. È questo. Un oltraggio. È pura rabbia, dopo che leggo tutto questo. «Perché fanno così?», mi chiedo.
 
Le seguenti parole: bambini, bambine, 7 anni, 10 anni, mutilati, violentati, rapiti. Vittime e carnefici. Ma cos’e? «Almeno 12 bambini», «almeno 19 bambini». Numeri precisi. Stavolta mi fermo e penso, rileggo. Lo racconto.

Da quando è riscoppiata una specie di guerra, a dicembre 2013, la chiamiamo così… «una specie di guerra». Non sai mai se dire che il Sud Sudan è un paese in guerra. Perché così, ogni giorno si va in ufficio. Provi, fai le cose come se fossi in pace.

Gia altre volte avevo sentito dire, denunciare i potenti di questi paesi di crimini contro i civili. Non so come mai, ma le altre volte erano parole, sembravano le solite denunce contro i paesi africani dove esistono solo potenti dittatori sanguinari. I mostri. Sembravano mostri raccontati, non davvero presenti.
ma stavolta, maledizione, stavolta leggo, leggiamo, ne parliamo. ed è tutto vero. Proprio perché si parla di “12” e di “19” ..non di migliaia e migliaia di poveri che soffrono la fame, ma di quei 12 e di quei 19. più gli altri. Perché una collega di UNICEF ci racconta che hanno sminuito, che hanno sottostimato, che hanno detto meno di quello che è.
 
Oggi è venerdì. Mi pare che da martedì siano passati mesi.
Sono a Juba, leggo un articolo che titola “South Sudan groups targeting children”. Lo apro, ora apro tutto, leggo, perché pare tutto vero.
Mi fa impressione perché le cose che elenca, di cui racconta, sono esattamente quelle che abbiamo bene in mente in questi giorni.
Cosi voglio focalizzare i punti, per dare una forma a quello che succede. per dirmi che ok, quello che sta succedendo ora è:

  1. i bambini, vittime e carnefici
  2. si tratta di un “very dark time”, esatto, l’articolo dice bene
  3. le forze governative vanno verso Bentiu, la capitale dello Stato dello Unity. Esatto, i colleghi del CUAMM che stanno sulla strada che va verso il nord ci dicono che una notte hanno sentito il passaggio di mezzi pesanti, militari, che andavano verso il nord, verso la battaglia, nello Unity.
  4. Medici senza frontiere e la Croce Rossa hanno evacuato, se ne sono andati da quei posti dove erano gli unici che continuavano a rimanere. Penso che probabilmente hanno perso gli appoggi di tutti. avranno perso i loro informatori, chi sapeva che facevano bene per la gente e allora li faceva rimanere, protetti, senza pericolo. Immagino sia stata così
  5. un gruppo anti governativo ha catturato, preso, una raffineria in Upper Nile, un altro stato dove c’è la guerra, sempre al nord, al confine con il Sudan. Vogliono conquistare i pozzi petroliferi, per non far arrivare soldi al Governo “il petrolio è la principale (io direi “unica”) fonte di reddito per l’esercito sud sudanese.

 
Cinque punti, molto chiari. Ma se guardo i bambini, penso a quei 12 e ai quei 19.
Il pensiero prova a soffermarsi ad immaginare cosa può essere, come può essere una cosa così.
Guardo i bambini dei vicini di casa, sud sudanesi, che giocano a calcio sul prato di casa. mi soffermo. poi distolgo lo sguardo.

Anna Sambo, responsabile AVSI Sud Sudan


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