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Quel filo rosso che lega lo scandalo-accoglienza di Napoli a un Casino montenegrino

Il presunto presidente dell'associazione Un'ala di Riserva di Pozzuoli dichiara di vivere a Milano e lavorare in un hotel-bisca di Budva. Ma sul sito della onlus non compare alcuna informazione né sulle cariche societarie, né sul bilancio, malgrado sia un ente iscritto agli elenchi del 5 per mille, accreditato per il servizio civile e presso le prefetture della Regione

di Redazione

Cosa c’entra “Un’ala di riserva”, la onlus al centro del nuovo scandalo dell’accoglienza degli immigrati e il Casino Maestral di Budva in Montenegro (“vasta selezione di giochi con 130 slot macchine e 3 roulette elettroniche! Giocare alle slot machine è possibile tramite i contanti, biglietti o gettoni per il gioco e di regola è molto semplice”, informa la versione italiana del sito)? A legarli insieme è il nome di Alfonso De Martino, il (presunto) presidente dalla onlus campana arrestato sabato scorso insieme alla sua compagna che –secondo i pm di Napoli- avrebbero usato i fondi per il vitto e l’alloggio destinati ai migranti per comprare case, beni di lusso e biglietti per la champions. Diciamo “presunto”, perché, chiamando in sede una non meglio identificata volontaria ci spiega che De Martino ha lasciato la carica nel dicembre 2013, assunta dal mese successivo da Aniello Pirozzi, già  responsabile area formazione dell'associazione. Impossibile verificare on line. Sul sito infatti non compare né un organigramma, né un bilancio. E questo malgrado Un’ala di riserva sia iscritta agli elenchi del 5 per mille (3.595,66 euro raccolti nel 2013) e del servizio civile nazionale con sedi nelle province di Avellino, Benevento, Caserta, Napoli e Salerno.

Ma torniamo al filo rosso che da Pozzuoli, la sede dell’associazione, porta a un hotel-bisca del Montenegro.

Presidente o meno, De Martino fino agli ultimi giorni è stato una presenza ben conosciuta in associazione. Almeno questo si deduce dagli incroci di post su Facebook fra lo stesso De Martino (https://www.facebook.com/alfonso.demartino.31), la pagina ufficiale dell’associazione (https://www.facebook.com/associazioneunaladiriserva?fref=ts) e quella del gruppo pubblico  associazione “Un ala di riserva” (https://www.facebook.com/groups/152632668116138/members/) su cui De Martino solo lo scorso 19 aprile scriveva un post in cui denunciava un’aggressione subita dall’associazione nella struttura per migranti (in foto) di Licola Mare («dovete sapere che giovedi notte siamo stati aggrediti – siamo una associazione di volontariato- a licola mare in una struttura che ha iniziato ad accogliere i nostri fratelli immigrati….si aggrediti, gente che ha scavalcato le mura e picchiato gli immigrati, e rotto tutti i vetri e porte con spranghe di ferro, costringendoli a fuggire. non sappiamo che fine hanno fatto questi giovani arrivati da qualche ora…..aspettavamo solidarieta' dalla amministrazione……auspicavamo uno spirito di accoglienza dell'amministrazione puteolana….e invece il giorno dopo precisamente venerdì scorso, spero non x campagna elettorale il primo cittadino x strada davanti alla nostra struttura di accoglienza prometteva no immigrati a licola». In quell’occasione Pirozzi ha dichiarato al Corriere del Mezzogiorno: «Collaboriamo con le prefetture di Caserta e Napoli per il servizio di assistenza dei migranti in attesa dello status di protezione internazionale. Ne ospitiamo già circa 400 tra le sedi di Ischitella, Varcaturo, Qualiano, Trentola e Sparanise. Tutto regolato, ovviamente, da gare di evidenza pubblica».

Su questo verificheranno i magistrati, nel frattempo si apprende dal profilo Fb che De Martino, mentre denunciava i fatti di Licola viveva a Milano, ma soprattutto lavorava presso il Maestral Resort & Casino di Budva, in Montenegro. Quello delle 130 slot macchine e 3 roulette elettroniche di cui sopra. Dalla sede dell’associazione per ora non confermano e non smentiscono, «non abbiamo alcuna informazione sulla vita privata di Alfonso De Martino». Che ci siamo ancora molto da acclarare, pare evidente. Che Agenzia delle Entrate, Ufficio nazionale del servizio civile e Ministero degli Interni consentano l’accreditamento a una realtà che non fornisce pubblicamente nessuna informazione su governance e bilancio lascia molti dubbi. Al netto di qualsiasi verifica giudiziaria, che ci sia qualche problemino nel rapporto fra Pubblica amministrazione e Terzo settore è altrattanto evidente.  


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