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Migranti: i governi locali dell’UE non trovano l’accordo

Nulla di fatto anche al Comitato delle Regioni. Ogni decisione sull'emergenza umanitaria è stata rimandata alla prossima Plenaria (8 e 9 luglio). Un immobilismo che in conflitto con quanto stabilito dal trattato di Lisbona, «in cui si parla chiaramente di solidarietà e cooperazione tra gli Stati Membri e questo è un punto cruciale dell'Unione Europea», sottolinea Roberta Metsola co-rapporteur sulla situazione

di Ottavia Spaggiari

L'Europa continua a scontrarsi sul tema migrazione, anche a livello locale. È stato rimandato alla prossima Plenaria, l'8 e 9 luglio, prossimo, il voto sulla risoluzione che avrebbe dovuto illustrare la posizione del Comitato delle Regioni (CdR) sull'emergenza migranti. Composto dai rappresentanti regionali e locali dell'Unione Europea, il CdR ha il compito di coinvolgere nei processi decisionali dell'Unione i governi locali, rappresentando quindi un organo di consultazione importante per il Parlamento Europeo, il Consiglio e la Commissione Europea, sulle politiche che hanno maggiore incidenza sulle regioni e sulle città. L'emergenza migrazione era stata messa all'ordine del giorno nella Plenaria che si è tenuta a Beuxelles il 3 e 4 giugno, in agenda insieme al dibattito con il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker sulle priorità dell'Unione per il periodo 2015-2020.

Un tema, quello della migrazione, estremamente attuale, dopo le ultime tragedia del Mediterraneo e l'adozione dell'agenda europea sulla migrazione da parte della Commissione Europea, ma che rimane caldissimo. Sentito direttamente sulla pelle dei membri del CdR, vista la crescente pressione sulle regioni e le città che si trovano ad accogliere un numero sempre maggiore di nuovi arrivi, l'emergenza migrazione ha fatto emergere all'interno del CdR un contrasto estremamente forte tra le rappresentanze locali dei diversi Paesi, che ha reso necessario prolungare i lavori sul progetto di risoluzione, così da riuscire a restituire una visione unica e rinviare così il voto al mese prossimo.

Tre le priorità affrontate fino ad ora nella risoluzione: lotta alla tratta degli esseri umani (che ogni anno genera un giro di affari di circa 20 miliardi di euro), accoglienza e ripartizione degli oneri tra i diversi Paesi e sviluppo di politiche con Paesi terzi mirate alla gestione dei flussi migratori, priorità che però faticano ancora a trovare una concertazione tra i rappresentanti dei Paesi locali, l'aspetto più delicato rimane infatti quello della ripartizione.

«Lo scorso anno la Svezia ha accolto oltre 80mila rifugiati, bisogna puntare maggiormente sulla distribuzione, assicurandoci che anche il potenziale dei migranti possano essere messi a frutto». Ha dichiarato Carlefall Landergren, membro del Consiglio Municipale di Kungsbacka e del CdR. «Non dobbiamo scordarci che i migranti sono anche una risorsa. Nel nostro Paese dopotutto rappresentano il 40 percento dello staff impiegato nella sanità».

Una posizione quella sulla distribuzione delle accoglienze fortemente contrastata da altri membri, il più lapidario, l'ungherese Samu Tamas Georgu: «Dobbiamo occuparci dei nostri cittadini. Se queste persone fuggono dai propri Paesi non sono affari nostri, i loro governi dovrebbero occuparsi di questo tema, a noi non riguarda, non abbiamo intenzione di prenderci questo carico, l'Ungheria non ha intenzione di farsi carico di questo problema».

Un dibattito insomma che, come ha sottolineato qualcuno, scatena gli animi dl Comitato delle Regioni, più di qualsiasi tema, e che non è ancora concluso, perché, come ha osservato la co-rapporteur sulla situazione del Mediterraneo Roberta Metsola, in realtà «riguarda tutti noi, perché nel trattato di Lisbona si parla chiaramente di solidarietà e cooperazione tra gli Stati Membri e questo e un punto cruciale dell'Unione Europea», la discussione insomma, e solo rinviata.


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