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Ecco perché bisogna valutare l’impatto sociale

Intervista a Donald B. Rubin, esperto di statistica e professore ad Harvard, dove per 13 anni ha guidato il dipartimento. In Italia per partecipare a un seminario organizzato da Fondazione Cariplo, l’abbiamo incontrato per capire come si può valutare in modo efficace l’impatto sociale

di Ottavia Spaggiari

E’ uno dei massimi esperti al mondo di statistica, Donald B. Rubin. Una cattedra all’Università di Harvard, dove per 13 anni ha guidato il dipartimento di statistica e una presenza importante in numerose istituzioni internazionali, tra cui la Woodrow Wilson Society, la John Simon Guggenheim Memorial Foundation e l’ American Academy of Arts and Sciences. In Italia per partecipare al seminario organizzato da Fondazione Cariplo, Can we evaluate the effect of cultural, environmental, research and social policies? Abbiamo incontrato il professor Rubin per capire come mai valutare gli effetti dei propri programmi per le fondazioni, risulta fondamentale.

Professore, quali sono le chiavi di un approccio vincente quando si parla di valutazione dell’impatto?

La cosa più importante è avere ben chiara la domanda a cui si vuole dare una risposta. Può sembrare banale, ma a volte si finisce per raccogliere un enorme quantità di dati, perdendo di vista quale sia l’obiettivo ultimo, ecco perché la chiarezza, sin da subito è fondamentale. In secondo luogo, quando si disegna il processo di valutazione bisogna sempre considerare le complicazioni, che risultano essere innumerevoli soprattutto quando si ha a che fare con progetti che hanno un impatto sulla vita delle persone. Monitorare le conseguenze di un programma filantropico o di politiche pubbliche sulla vita di un gruppo di persone richiede tempo, risorse e un enorme capacità di calcolare le complicazioni: gli esseri umani sono soggetti a cambiamenti costanti, possono decidere di non sottoporsi più al monitoraggio ad esempio, oppure possono semplicemente trasferirsi a migliaia di chilometri di distanza, rendendo impossibile continuare il lavoro di studio, per questo è importantissimo calcolare questo tipo di elementi quando si disegna un processo di valutazione.

Qual è un buon esempio in cui la valutazione dell’impatto sociale si è rivelata essenziale per l’efficacia di un programma?

Un ottimo esempio è quello dell’esperimento condotto nell’ambito del programma Moving to Opportunity, dove, tra il 1992 e il 1998, in cinque città negli Stati Uniti, sono stati distribuiti circa 4mila voucher a famiglie che vivevano nei cosiddetti “projects”, cioè case popolari nelle aree più povere della città. Sono stati attribuiti contributi di tre tipi, in modo casuale: ad alcune persone sono stati distribuiti voucher che permettevano di trasferirsi in zone della città con un basso livello di povertà, un secondo tipo di voucher permetteva invece a un numero di famiglie di andare a vivere in una zona della città benestante e ad un terzo gruppo di famiglie invece i voucher rinnovavano semplicemente la possibilità di rimanere nelle abitazioni pubbliche, non avendo così la possibilità di trasferirsi altrove. Sono stati poi valutati gli effetti del programma sul medio termine (4/7 anni) e sul lungo termine (10/12 anni). Tra i risultati emersi, uno dei più interessanti riguarda l’effetto che il trasferimento ha avuto sui minori. E’ risultato infatti che nei ragazzi fino a 13 anni che hanno seguito le famiglie nei quartieri benestanti o con il tasso di povertà più basso, hanno ottenuto un livello di scolarizzazione più alto e un tasso di impiego superiore del 31% rispetto ai coetanei rimasti nelle zone della città più indigenti. Nei ragazzi che avevano già iniziato le superiori al momenti del trasferimento invece, hanno risentito moltissimo del cambiamento, vivendo, sulla propria pelle gli effetti negativi di misure che avrebbero dovuto avere un impatto sociale positivo proprio su di loro. Per questo motivo valutare l’impatto è fondamentale, aiuta a non dare nulla per scontato e soprattutto a migliorare le politiche e non commettere gli errori che sono stati fatti in passato.

Quali sono gli errori più comuni commessi dalle fondazioni nella valutazione dell’impatto sociale?

Da quanto ho potuto vedere le fondazioni si impegnano in attività benefiche, spesso con le migliori intenzioni ma a volte perdono di vista l’imparzialità, continuando a utilizzare gli strumenti di valutazione per cercare di provare la validità dei propri programmi, anche se, scientificamente, l’efficacia non può essere provata. Credo che questo sia l’errore più comune ma è anche quello più umano.


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