Cooperazione & Relazioni internazionali

Pittau: i migranti economici? Rimandiamoli a casa

Intervista a Franco Pittau, presidente onorario del Centro Studi e Ricerche IDOS/Immigrazione Dossier Statistico: «L’unica speranza per tornare ad essere solidali è la ripresa economica». Una posizione che sorprende e che apre il dibatitto

di Sara De Carli

«I richiedenti asilo si accolgono, i migranti economici vengano rimpatriati»: ha detto settimana scorsa il premier Matteo Renzi. A stretto giro il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha ribadito: «L'accoglienza dobbiamo garantirla a chi scappa dalla guerra, ma dobbiamo rimpatriare chi arriva illegalmente. L'opinione pubblica è stanca. Accogliamo i profughi e facciamo tornare a casa chi non ha diritto di stare in Italia».

Di fronte a persone stremate e stipate sui barconi, in balia del mare, la distinzione però ha senso? O è un artificio linguistico per lavarci la coscienza? Secondo i recentissimi dati del Ministero dell’Interno nel semestre del 2015 le Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato hanno esaminato 22.666 domande, il 49% in più rispetto a un anno fa. Hanno ottenuto lo status di rifugiato il 6%, quello di protezione sussidiaria il 18%, le procedure per il permesso umanitario sono state avviate per il 25%: complessivamente quindi è stata riconosciuta una forma di protezione per circa il 49% delle domande. Il 48% delle richieste è stato respinto, il resto delle domande è stato archiviato per irreperibilità.

Franco Pittau è presidente onorario del Centro Studi e Ricerche IDOS/Immigrazione Dossier Statistico, che cura e pubblica l'omonima ricerca Dossier Statistico Immigrazione. Con lui abbiamo provato a ragionare della questione.

La categoria di “migrante economico” esiste e non l’ha inventata Renzi in questi giorni, ma davvero possiamo tranquillamente rimandare indietro tutte queste persone? Chi scappa dalla fame non ha diritto all’asilo, ma per ciò stesso può essere rimpatriato senza problemi?

La distinzione concettualmente esiste e realmente esiste gente che si sposta per motivi diversi dal “per non morire”. A livello internazionale la legislazione ha riconosciuto una protezione più forte a chi scappa dalla guerra che non a chi scappa dalla fame, queste sono le leggi che abbiamo. Ricordiamo anche che l’Onu parla di un “diritto di migrare” a cui però non corrisponde alcun dovere di accoglienza per i Paesi, quindi quel diritto resta un diritto incompleto. Detto ciò, è vero che i due flussi sono sempre più intrecciati.

Quindi come si può agire?

Realisticamente l’Italia non è nelle condizioni di poter agire diversamente da come ha detto Renzi. Accogliamo al meglio chi ha fatto richiesta d’asilo e gli altri siano trattati secondo la normativa vigente sui migranti economici. In parallelo continuiamo a dire al resto d’Europa che accogliere i rifugiati è un obbligo e che il trattato di Dublino non è giusto. Mi piacerebbe dire qualcosa di diverso, ma in questo momento – con 3 milioni di disoccupati, di cui mezzo milione di stranieri – dobbiamo ammettere che la nostra capacità di risposta è inferiore al bisogno. Dobbiamo essere molto responsabili. La nostra è una impossibilità.

Non è una resa?

Stiamo boccheggiando, la gente non capirebbe. L’unica speranza per tornare ad essere solidali è la ripresa economica. La differenza è che io lo dico con estremo dispiacere, mentre alcuni politici lo dicono quasi con soddisfazione.

«L’unica speranza per tornare ad essere solidali è la ripresa economica»: una considerazione amarissima…

Guardi che non serve molto. Dal 1992 ad oggi il Pil dell’Italia è aumentato pochissimo, però abbiamo sempre accolto migranti economici. Abbiamo avuto bisogno di loro, anche per una questione demografica. Quindi appena tornerà la ripresa economica torneremo ad aprire le porte ai migranti economici, semplicemente perché abbiamo bisogno di loro. Certo però la ripresa è un dovere di tutti.

E nel frattempo? Diciamo fermi tutti, aspettate quando noi staremo un po’ meglio?

Intanto diciamo queste cose con calma, cercando di farle capire alla gente. Ad esempio spieghiamo che l’Africa entro il 2050 raddoppierà la sua popolazione, passando da 1,2 a 2,4 miliardi di abitanti: se il flusso migratorio preme oggi, figuriamoci in futuro. Però diciamo anche che in Italia abbiamo una popolazione molto anziana e che la demografia qui da noi creerà spazi vuoti, che l’accoglienza potrà riempire: la demografia è più forte di quel che dice Salvini! E diciamo che l’Africa sta crescendo, ha un tasso di sviluppo intorno al 6%, cammina molto più di noi: da qui al 2050 in Africa si creeranno 700 milioni di posti di lavoro.

E poi?

Nel 2014 dopo anni le rimesse degli immigrati verso i paesi d’origine sono tornate a crescere. Nel mondo nel 2014 erano quasi 600 miliardi, secondo la Banca Mondiale saranno 628 miliardi nel 2015 e 681 nel 2016. Parliamo di cifre importanti, che potrebbero creare un forte sviluppo se si riuscisse a superare la forma individuale per orientare le rimesse sulla piccola imprenditoria. L’impresa è tua, ma poiché crea lavoro porta una maggiore socialità del denaro.


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