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Politica & Istituzioni

Grecia, sì del Parlamento alle riforme. Ma Syriza non c’è più

Votato il pacchetto imposto dall’Ue. Il premier: «Non lascio». Ma perde per strada l'ala radicale del partito: 34 deputati votano contro, 6 gli astenuti. In totale 229 favorevoli e 64 no. La leader e presidente del Parlamento Konstantopolou: “Questo accordo è un crimine contro l’umanità, non abbassiamo la testa”

di Lorenzo Maria Alvaro

«Mi assumo tutte le mie responsabilità e mi sento orgoglioso. Abbiamo combattuto per il nostro popolo una lotta molto difficile. Siamo riusciti a dare una lezione di dignità a tutto il mondo. Questa lotta un giorno darà i suoi frutti». Così Alexis Tsipras ha commentato l’approvazione da parte del Parlamento ellenico del il pacchetto di riforme imposto dall’Unione Europea.

È stata la battaglia più difficile, quella del premier greco: l’accordo non gli piace, ma è arrivato a cercare di convincere il Parlamento che andava votato. Smentisce le voci di dimissioni, combatte, dice che in queste condizioni questo accordo è l’unico modo per uscire dalla crisi, che l’esperienza del suo governo non sarà un accidente della Storia.

Il risultato immediato delle votazioni però è la spaccatura di Syriza. Sono stati infatti ben 34 i deputati del partito a votare contro le riforme, mentre altri 6 si sono astenuti: il totale fa 40 deputati contro il governo su un totale di 149 seggi conquistati da Syriza alle elezioni. Numero rilevante dato che alla fine i contrari sono stati 64, mentre le riforme passano con 229 sì. Anche per questo il primo ministro Alexis Tsipras si è appellato per tutta la giornata: «O stasera siamo uniti o domani cade il governo di sinistra».

La tensione rimane però altissima, non solo a causa degli scontri di piazza contro questo accordo che hanno visto l’arresto di 50 persone, ma a causa di prese di posizione pesantissime di personaggi chiave della politica greca. La prima è quella Zoe Konstantopoloula, presidente del Parlamento e rappresentate dell’ala radicale di Syriza. «È un colpo di stato, un crimine contro l’umanità, un genocidio sociale. È stata assassinata la democrazia. Se abbassiamo la testa tutto questo si ripeterà ancora».

Tra le voci di dissenso naturalmente anche Yanis Varoufakis ex braccio destro e ministro di Tsipras che ha spiegato: «Nel 1967 le potenze straniere usarono i carri armati per mettere fine alla democrazia greca. Nel 2015 hanno usato le banche. Si tratta sempre di golpe. Un completo annullamento della sovranità nazionale, senza sostituirla con un'entità sopra-nazionale e pan-europea. Gli europei, persino quelli a cui non frega niente della Grecia, devono stare attenti».


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