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Nuovi direttori musei, rivoluzione con ombre e luci

Venti nomine alla testa delle più importanti istituzioni museali italiane. I sette stranieri rappresentano la novità più eclatante. Franceschini cercava più managerialità nella gestione. Chissà se l’ha davvero trovata…

di Giuseppe Frangi

È la rivoluzione del 18 agosto. Il ministero dei Beni Culturali ha reso noti i nomi dei nuovi direttori delle principali istituzioni museali italiane. Una rivoluzione annunciata e quindi attesa, ma che comunque produce la sua bella onda d’urto di discussioni e di polemiche. Dieci uomini e dieci donne: allineamento perfetto in tema di quote rosa. Sette stranieri, che quindi aprono una breccia inedita nella governance dei beni culturali italiani. Una mazzata a un sistema che si reggeva su logica da baronie? O una fuga in avanti in una visione troppo mercantile dei beni culturali? È presto per dirlo. La novità è evidente. Bisognerà capire se è una novità che risponde ai bisogni veri del nostro patrimonio. La partita è sempre quella tra il primato della tutela e il primato della valorizzazione. Con questa ondata di nomine passa in vantaggio la seconda. Portare più pubblico e più risorse sarà il primo obiettivo dei nuovi arrivati.

Oltretutto il panorama delle nomine non segue logiche omogenee. Ce ne sono alcune assolutamente fisiologiche, come quella che ha portato Enrica Pagella alla testa del Polo reale torinese, proveniendo, con grande successo e consenso, dai Polo dei musei comunali della stessa città. Se si fosse seguita quella stessa logica per gli Uffizi, Antonio Natali, attuale direttore, non avrebbe dovuto avere rivali. Invece il più importante museo italiano è stato affidato a uno studioso tedesco, Eike Schmidt di Friburgo, un curriculum eccellente ma non certo eccezionale, studioso di arte medicea con una specializzazione in sculture in avorio tra 500 e 600. Nel suo curriculum anche un’esperienza di mercato, come direttore del dipartimento scultura e arti applicate di una delle più grandi case d’aste del mondo, Sotheby’s. Natali ha portato gli Uffizi al record di visitatori, ha aperto una nuova ala del museo, ha inventato gli Uffizi in trasferta a Casal di Principe, con un’iniziativa molto emblematica dal punto di vista della cultura civile. Ma è probabile che sul suo destino abbia pesato una polemica con Matteo Renzi, quando il premier aveva dichiarato che il prossimo direttore degli Uffizi sarebbe stato trovato «con un bando sull’Economist».

Faranno poi certamente discutere le nomine in ambito archeologico. A Taranto è stata nominata una studiosa che negli ultimi anni si è specializzata in arte medievale bretone; a Napoli arriva un etruscologo; a Reggio Calabria, un architetto… A Paestum è rimasta all’asciutto una personalità autorevole come Maria Paola Guidobaldi, da anni in prima linea negli scavi di Ercolano, mentre ha vinto Gabriel Zuchtriegel, 34 anni, che è così il più giovane direttore di un "supermuseo" italiano. Ma nel suo curriculum non c’è nessuna esperienza di gestione di siti archeologici. E gestire un sito come Paestum, che assomma scavi e museo, non sarà cosa semplice.

Infine tra le nomine che faranno discutere ma che vanno nella direzione di uno svecchiamento reale c’è quella di Cristiana Collu, nominata alla testa del più importante museo d’arte moderna d’Italia, il Gnam di Roma. Che non tutti la volessero è dimostrato da una paginata pubblicata “a freddo” settimana scorsa sul Corriere della Sera contro la mostra da lei curata al Mart di Rovereto sulla Grande Guerra. Mostra che è stata aperta un anno fa…


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