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Un Campiello per L’ultimo arrivato

Il romanzo di Marco Balzano dedicato alla storia di un ragazzino immigrato dalla Sicilia nel 1959 sbanca il premio veneziano. L’autore è un insegnante. In questa intervista racconta il suo libro

di Anna Spena

«Non è che un picciriddu piglia e parte in quattro e quattr’otto», racconta Ninetto. «Prima mi hanno fatto venire a schifo tutte cose, ho collezionato litigate, digiuni, giornate di nervi impizzati, e solo dopo me ne sono andato via. Era la fine del ’59, avevo nove anni e uno a quell’età preferirebbe sempre il suo paese, anche se è un cesso di paese e niente affatto quello dei balocchi». Quella di Ninetto, un bambino di nove anni che dalla Sicilia arriva fino a Milano in cerca di condizioni di vita migliori e di un lavoro, in fondo, è una storia sempre attuale. Forse questo è uno dei motivi che ha portato Marco Balzano, con il romanzo “L’ultimo arrivato”, edito da Sellerio, alla vittoria del premio Campiello 2015.
Marco Balzano, 37 anni, è un docente di lettere, nato a Milano ma di origini pugliesi, ha raccontato a vita.it com’è nato il personaggio di Ninetto…

Com’è nato il personaggio di Ninetto?
Sostanzialmente dalla mia fantasia. Anche se, da sola, non sarebbe bastata. Ho intervistato diverse persone che sono immigrate prima di compiere 18 anni. Sono stati loro che hanno creato la condizione ideale perché io potessi, attraverso le loro parole, creare un personaggio che da un lato li comprendeva tutti e dall’altro, insieme, li superava.

Il contesto storico è ben definito…
Ho provato a ricreare nel libro delle dinamiche storiche, una lingua, e anche una forma mentis che restituissero quel tempo, gli anni 50 e 60, per far muovere su questo scenario una vita singola e unica com’è, poi, la vita di ognuno.

Perché proprio la Sicilia come punto di partenza del viaggio?
La Sicilia è la regione che negli anni 60’ ha visto, più delle altre, partire i suoi abitanti.

Già dal titolo del libro “L’ultimo arrivato”, è quasi automatico il richiamo a quello che sta succedendo oggi…
Tra l’immigrazione che io racconto nel libro e quella attuale c’è una sola analogia: la legittima aspirazione di ognuno a migliorare la propria condizione, avvicinarsi alla realizzazione di sé e gettarsi dietro le spalle con più forza possibile la miseria e il disagio. Per il resto ci sono solo differenze: io racconto di uno spostamento interno fatto sui treni, da una regione all’altra d’Italia. Le dimensioni sono state importanti ma non paragonabili all’esodo di oggi che è intercontinentale e vede come protagonisti gente che fugge dalla dittature e dalle guerre. Io racconto una storia dove c’è una certa miseria ma non racconto una storia di disperazione. Il Mediterraneo è una fossa comune perché quella gente li scappa dalle tragedie. In ogni caso l’immigrazione esiste ovunque ci sia sofferenza e miseria.

Ritorniamo all’immigrazione interna all’Italia. Più di 50 anni fa Ninetto arriva a Milano. Ma anche oggi, la città, è tra i punti di riferimento principale per chi dal sud Italia arriva al Nord. Che immagine hai tu di Milano?
È una città varia e complessa, non la si può etichettare con il cliché della città frettolosa e nevrotica, e tantomeno della città leghista. Io credo abbia molte anime e più di ogni altra, nella storia d’Italia, si è fatta carico dell’accoglienza. Ancora oggi lo fa, si guarda a Milano come ad un riferimento; è una città aperta. Fatta di pochi clamori e sbandieramenti, ma che, molto spesso, si è rimboccata le maniche.

Ti aspettavi la vittoria del Premio Campiello 2015?
Cerco di non aspettarmi mai niente. Queste cose non si devono aspettare, perché ne riduci la portata di gioia che trascinano con se. Avevo però molte persone a me vicine che negli ultimi giorni erano molto ottimiste.

La cosa che ti ha fatto più piacere dopo la vittoria?
Mi hanno scritto tanti insegnanti contenti che, a vincerlo il premio, fosse stato proprio uno di loro. Questa è la provo che, nonostante tutte le vicissitudini spesso poco felici che ha attraversato e che sta attraversando il mestiere dell’insegnante, questo ha sempre una considerazione importante tra la gente.

Il prossimo libro?
Ho già iniziato a scriverlo… non mi fermo. Scrivere è il mio modo di abitare il mondo. Questo al di là di ogni pubblicazione.


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