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Twal: «In Siria l’intervento ha causato 300mila morti e 7 milioni di rifugiati»

Il patriarca di Gerusalemme è intervenuto sull'eventualità di un intervento armato in Siria: «La risposta deve essere il blocco del commercio delle armi, non altra guerra. Non vedo chi possa sostituire Assad. Il caso Gheddafi dovrebbe far riflettere l'Occidente»

di Lorenzo Maria Alvaro

«Sono volato a Tripoli oggi pensando alla speranza che un giorno ad una giovane siriano saranno date l'opportunità date ora ai giovani libici. Forse la cosa migliore che posso fare è di dedicare la nostra visita a Tripoli per coloro che sperano che Siria un giorno sia un paese libero». Queste sono le parole con cui l'allora premier francese Nicolas Sarközy salutò la caduta di Gheddafi, ottenuta con un intervento armato insieme ad UK e USA. Pronunciò il suo discorso dalla “Tripoli liberata” dove si precipitò per assicurarsi la visibilità necessaria alle imminenti elezioni.

Non bisogna dimenticare l'immagine (in copertina) di Nicolas Sarközy e David Cameron che festeggiano la caduta di Mu'ammar Gheddafi con il leader del Consiglio nazionale transitorio (NTC) Mustafa Abdel Jalil. Di quella immagine oggi rimangono solo macerie, morte e miseria.

Sembra questo il senso delle parole di Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme. Rispondendo ad Avvenire ha infatto ricordato che «sarebbe folle bombardare la Siria e non serve armare i ribelli. Quello che bisogna fare lo ha già detto il Papa: fermare il commercio delle armi. Se l'Occidente non cambierà strategia, in Europa avrete presto milioni di profughi siriani».

La durezza del commento di Twal non è casuale come non lo è il riferimento al caso libico. L'ipotesi dei bombardamenti infatti è stata avanzata da Francia e Gran Bretagna, gli stessi paesi che si fecero promotori dell'intervento armati in Libia. E sull'esito di quella scelta Twal non usa mezzi termini: «L' Occidente ha gravi colpe. Il tentativo di spodestare un regime (che tra l' altro ha sempre combattuto il fondamentalismo islamico) ha causato 300mila morti e sei-sette milioni di rifugiati. Non si è pensato minimamente alle conseguenze. Bombardare la Siria significherebbe non aver imparato nulla dalle lezioni dell'Iraq e della Libia dove sono stati distrutti interi Paesi e si è data mano libera all' Is».

Le parole del patriarca non possono non riportare alla mente le immagini di giubilo di Sarkozy e Cameron e l'illusoria euforia di un popolo, quello libico, pochi mesi dopo sprofondato nel caos e nelle violenza. Una vicenda oscura e drammatica che può avere come unico esito positivo di essere un monito per il futuro. Sarebbe buona cosa ricordare come salutarono la caduta del regime di Tripoli i leader occidentali.


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