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Sacco: «La coesione sociale in economia fa la differenza»

L'intervista a Pier Luigi Sacco, professore di Economia della Cultura presso l’Università Iulm di Milano che parteciperà come relatore alla due giorni della XV edizione di Bertinoro che comincia domani. Il titolo sarà “L’economia della coesione nell’era della vulnerabilità”

di Gabriella Meroni

«L’interazione sociale è fondamentale per la competitività dei sistemi economici. Senza coesione non c’è capacità di cooperazione, quindi c’è meno sviluppo». Non ha dubbi Pier Luigi Sacco, professore di Economia della Cultura presso l’Università Iulm di Milano nonchè direttore scientifico di The Fund Raising School, chiamato a relazionare nelle Giornate di Bertinoro nella sessione “Dalla Comunanza all’Economia dei Beni Comuni”. Per lui la coesione sociale è innanzitutto un potente motore dell’economia, senza la quale a rimetterci siamo un po’ tutti.

Perchè la coesione sociale è così importante anche a livello economico?
La coesione sociale è una forma di interazione fondamentale per la competitività dei sistemi economici perché si traduce in capacità di cooperazione sociale sofisticata. Accanto a questo aspetto ce n’è un altro, che ha a che fare con la diversità: le economie più complesse hanno bisogno di diversità – culturale e sociale prima che economica – come motore che spinge all’azione. Pensiamo alla storia italiana, fatta di tante diversità che hanno saputo unirsi e cooperare, creando legami che si sono poi tradotti in azioni economiche. Di qui la nascita della cosiddetta economia di coesione.

Una sfida attuale ancora oggi?
Certo, come ci dimostra per esempio il fenomeno migratorio: un evento epocale caratterizzato dall’irrompere di una diversità che provoca inevitabilmente ricadute economiche, che saranno positive a patto che si consideri la diversità non come un ostacolo ma come una risorsa.

Quanto è importante la messa in rete per lo sviluppo di un’economia della coesione?
È fondamentale, perché chi coopera non può che stare in rete, e la valorizzazione della diversità non può che avere carattere di rete. Quello che spesso sfugge però è che questa logica di interazione è sofisticata e sottende dinamiche complesse che responsabilizzano tutti i soggetti coinvolti. È dimostrato che gli atteggiamenti positivi se messi in rete sviluppano una capacità di contagio del tutto simile a quella delle malattie infettive e determinano quindi effetti su larga scala. Lo stesso accade per gli atteggiamenti negativi, come la xenofobia. Dobbiamo quindi tenere conto della potenza delle reti e immaginare politiche sociali ed economiche che ne tengano conto.

L’interazione sociale non può prescindere dai luoghi in cui si sviluppa. È d’accordo? Esistono luoghi che possono favorire maggiormente la coesione?
Luoghi diversi ispirano azioni e principi diversi, non c’è dubbio. Si pensi alla struttura dell’Europa, così varia e diversificata, e a Paesi a ridotto sviluppo economico come per esempio il Kazakistan, che è un’immensa landa piatta. Impossibile pensare che sia un caso. E se vale in positivo, questa dinamica vale anche in negativo pensando all’Italia e a un tema come il dissesto idrogeologico, che provoca immensi danni anche economici, fa capire che quando ci si dimentica dei luoghi e li si considera come meri contorni accadono veri e propri disastri.


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