Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Comitato editoriale

L’Associazione Italiana Celiachia risponde all’inchiesta di “Report”

L’Associazione che riunisce oltre 55mila pazienti interviene in difesa della legge che garantisce il diritto alla dieta dopo la trasmissione andata in onda ieri sera su Rai 3: «Garantisce il diritto alla dieta senza glutine, terapia salvavita. I buoni per alimenti servono per cure e non sono un privilegio»

di Redazione

Dopo la trasmissione Report andata in onda ieri l'Aic interviene con questo comunicato per fare chiarezza a tutela della salute dei malati.

«L'accesso ai prodotti senza glutine sostitutivi di pane, pasta e dolci tramite i buoni del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), entro il tetto massimo di spesa previsto dalla legge di 99 euro mensili per le donne e 140 per gli uomini, è un diritto essenziale dei pazienti», dichiara Giuseppe Di Fabio, presidente AIC, «perché li protegge dal rischio di mancata aderenza alla dieta senza glutine, che deve essere seguita per tutta la vita per evitare complicanze anche gravi e le spese per il loro trattamento. Banalizzare la terapia è pericoloso perché per la celiachia non esistono farmaci e solo il cibo può essere la cura», sottolinea ancora con preoccupazione Di Fabio. «La dieta se non seguita con rigore, secondo gli esperti, comporta rischi per la salute dei pazienti e il celiaco che non la fa bene costa al SSN molto più che curarlo».

«La celiachia è una malattia seria e complessa che causa un'infiammazione cronica dell'intestino», spiega Gino Roberto Corazza, Ordinario di Medicina Interna all’Università di Pavia e fra i massimi esperti al mondo di celiachia. «Un celiaco non è in grado di assorbire determinate sostanze e quindi rischia malnutrizione, anemie, osteoporosi, aborti ricorrenti, fino a tumori intestinali. Pertanto chi soffre di celiachia è costretto a escludere dalla dieta una varietà vastissima di alimenti come pane, pasta, biscotti. Sottovalutare la malattia e la necessità della dieta può esporre il paziente a complicanze anche irreversibili. Bisogna dunque creare tutte le condizioni perché il paziente possa aderire alla terapia simulando una dieta "normale», conferma Corazza.

«Questa patologia può incidere molto sulla vita quotidiana dei pazienti perché costringe a pensare 3 volte al giorno, a ogni pasto, che non si è come gli altri», riprende Di Fabio. «E’ importante poter consumare prodotti che rientrano di solito nella dieta delle persone come biscotti e merendine, che secondo un recente studio hanno profili nutrizionali analoghi ai prodotti con glutine presenti al supermercato e , in alcuni casi, addirittura migliori, con più fibre e meno olio di palma. Tali prodotti sono fondamentali perché permettono ai pazienti, in particolare bimbi e adolescenti, di non allontanarsi dalla dieta consentendo di condurre una vita sociale che non li faccia sentire diversi in un momento così importante e quotidiano come quello della nutrizione. Evitando ogni inutile allarmismo sui prodotti per celiaci, che rischia di impedire l’adesione alla terapia, AIC diffonde i principi generali di educazione alimentare, che prevedono una dieta varia ed equilibrata, consigliando il corretto consumo per porzioni e frequenza di tutti gli alimenti, che, di per sé, non vanno demonizzati. Qualsiasi abuso del diritto alla dieta senza glutine va scoraggiato e anche sanzionato».

«Il SSN quindi non rimborsa in modo indiscriminato prodotti "superflui" o addirittura "dannosi"», commenta Caterina Pilo, Direttore Generale AIC. «Lo Stato, come previsto dalla legge, copre solo il 35% del fabbisogno calorico complessivo del celiaco, calcolato su prezzi degli alimenti che risalgono al 2001 ed eroga prodotti controllati dal Ministero che non comportano alcun danno alla salute, ma sono strumento di cura equo e sicuro, accessibile anche a chi non potrebbe permetterselo per i costi più elevati dei prodotti senza glutine. La garanzia di un diritto fondamentale al costo di poco più dello 0.1% della spesa sanitaria complessiva», conclude Pilo.

Questi maggiori costi, pur registrando di recente una sensibile riduzione, sono dovuti a particolari investimenti in ricerca e sviluppo, procedure di controllo specifiche e linee di prodotto separate. Tuttavia, in base a un confronto delle associazioni europee dei pazienti su un paniere di prodotti, in Italia il costo medio è di € 14,54, al di sotto della media europea di € 16,45, come anche l’Austria, con € 11,65, mentre in Francia, Norvegia, Svizzera e Ungheria sfiora i € 20,00.

«L’AIC da anni è impegnata a stimolare la diversificazione dei canali distributivi anche a supermercati e negozi oltre al circuito tradizionale delle farmacie, in quanto unico strumento ad oggi in grado di ridurre in misura significativa i prezzi dei prodotti», interviene Di Fabio. «Ma l'obiettivo centrale è evitare sprechi, indirizzando e sensibilizzando i pazienti alla scelta dei prodotti anche in base ai prezzi, consapevoli che solo il risparmio della spesa complessiva che ammonta ogni anno a €215 milioni, può garantire anche in futuro la sostenibilità dell'assistenza a chi soffre di celiachia, in linea con l'obiettivo di crescita delle diagnosi in Italia».

Gli alimenti naturalmente privi di glutine come ad esempio il riso o le patate non sono dunque rimborsati perché hanno lo stesso prezzo e la stessa accessibilità per tutti. L'impegno dello Stato riguarda solo i prodotti contenuti nel Registro Nazionale Alimenti (RNA) dei quali il Ministero della Salute verifica la sicurezza rispetto all'assenza di glutine.

«Il Ministero della salute, in accordo con le parti sociali, pazienti e produttori, ha già previsto da tempo la revisione del Registro, che segue le recenti modifiche alla normativa europea, escludendo i prodotti non essenziali come ad esempio gli alimenti panati», precisa Pilo.

La celiachia colpisce un italiano su 100 e di conseguenza si stima che a fronte di circa 180mila pazienti diagnosticati a oggi siano 400mila i sommersi. Le donne sono circa 116mila pari a circa il doppio degli uomini. «Non bisogna perdere di vista il problema principale legato alla celiachia: nel nostro Paese solo il 25% dei celiaci è diagnosticato, gli altri non sanno di esserlo e mettono a rischio ogni giorno la loro salute. Servono in media ancora 6 anni per giungere alla diagnosi sprecando denaro pubblico con esami inutili e costosi. Il recente aggiornamento delle Linee Guida per la Diagnosi da parte del Ministero della Salute va proprio verso l’obiettivo di miglioramento della diagnosi», conclude Di Fabio.