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Cooperazione & Relazioni internazionali

Una donna su tre in tutto il mondo ha subito un episodio di violenza

Ma il 60% delle vittime non ha ancora cercato aiuto. Economica, fisica, sessuale o psicologica, la violenza è indipendente da reddito, età o istruzione. A dirlo è il “The world’s women 2015”, il report dell’Onu che fotografa la situazione a livello mondiale

di Mara Cinquepalmi

Una donna su tre in tutto il mondo ha subito un episodio di violenza, ma il 60% delle vittime di violenza non ha ancora cercato aiuto. Quella che si consuma tra le mura domestiche è la forma più comune e diffusa sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. La prevalenza diminuisce con l'età, ma persiste tra le donne anziane.

Economica, fisica, sessuale o psicologica, la violenza colpisce le donne indipendentemente dal loro reddito, dall'età o dall'istruzione. Lo dice il The world’s women 2015, il report dell’Onu che fotografa la situazione delle donne nel mondo.

Nella maggior parte dei paesi, meno del 40 per cento delle donne che hanno subito un episodio di violenza ha cercato un aiuto di qualsiasi tipo. Tra coloro che lo hanno fatto, la maggior parte si è rivolta ad amici e parenti. In quasi tutti i paesi dove sono disponibili i dati, la percentuale di donne che hanno cercato l'aiuto della polizia è stato inferiore al 10 per cento. Tuttavia, gli atteggiamenti nei confronti della violenza stanno cominciando a cambiare. In quasi tutti i paesi con informazioni disponibili per più di un anno, il livello di sia delle donne e l'accettazione della violenza degli uomini è diminuita nel corso del tempo.

Una forma specifica di violenza contro le donne, molto diffusa in alcuni Paesi, è la mutilazione genitale. Secondo l’Onu sono più di 125 milioni le ragazze e le donne che vi sono state sottoposte, in particolare nei 29 Paesi dell’Africa e del Medio Oriente dove la pratica è più diffusa.

Piuttosto frammentario il quadro legislativo sulla violenza contro le donne nel mondo. Nelle scorse settimane, l’Alto Commissariato per i diritti umani dell’Onu nel quarto rapporto periodico ha manifestato preoccupazione per il fatto che in Italia la violenza domestica contro le donne “rimane pervasiva nonostante le numerose misure legislative e politiche adottate per affrontarla”. L’invito è a raddoppiare gli sforzi per combattere la violenza contro le donne e per perseguire i colpevoli, in particolare dando piena attuazione alla normativa e assegnando risorse adeguate nei piani d’azione.

In Italia, in mancanza dell’Osservatorio sulla violenza di genere che i centri antiviolenza chiedono da anni per una raccolta sistematica dei dati da parte delle Istituzioni, è la Casa delle donne per non subire violenza di Bologna che, come ogni anno, rende noti i numeri sulla base dei dati della stampa nazionale e locale.

Italiane, tra i 46 ed i 60 anni, uccise con un’arma da taglio per mano dell’ex partner, a sua volta italiano e coetaneo. In Italia muoiono così le donne vittime di femicidio.

Delle 27 straniere uccise 17 donne provengono dai paesi dell’est europeo (11 romene, 3 ucraine, 2 albanesi, 1 moldava), 4 sono africane (Nigeria, Algeria, Tunisia, Marocco), 3 tedesche, 2 cinesi ed 1 dominicana.

A uccidere sono soprattutto il marito o il partner attuale (59,13%), gli ex mariti, conviventi e fidanzati (11,30%), i figli (7,82%) ed il padre (2,60%). È alto, invece, il numero degli autori non determinati (11 in numero assoluto, pari al 9,56% dei casi).

Secondo i dati della Casa delle donne, il femicidio avviene perché c’è difficoltà nel riconoscere una soggettività autonoma alla donna, che può portarla a decidere di cambiare le modalità della relazione o di porvi termine. I femicidi compiuti dai figli (7,82%) sono leggermente diminuiti rispetto agli anni precedenti, mentre sono nettamente in calo i delitti compiuti da conoscenti (2,60% del 2014 rispetto al 13% del 2013 ed al 6% del 2012).


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